Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  16/06/2021

Truffe romantiche on line - Claudia Trani

In questo difficile e perdurante periodo di pandemia con pesanti risvolti in tema di salute ed economia, si è riscontrato un forte aumento dei reati informatici quale conseguenza del lockdown che ci ha relegati in casa. In questa categoria rientrano anche le truffe romantiche di cui più recentemente se ne sente parlare.
Configurano un vero e proprio reato nel quale il truffatore, esperto navigatore di internet, crea un suo falso profilo in uno o più social, il più usato dei quali risulta essere Facebook e, attraverso una serie di chat, seleziona la vittima scegliendo la più fragile, usualmente single e di età compresa tra i 40 e i 70 anni e, dopo averla conquistata con parole passionali, inviando regali e con raggiri psicologici, approfitta della sua vulnerabilità e la fa cadere in una trappola amorosa fino a farsi consegnare anche ingenti somme di denaro.
La vittima vorrebbe conoscere il suo adulatore ma non ci arriverà mai, né virtualmente né di persona.
Lo scammer, cioè il truffatore (non solo maschi ma anche donne sensuali che si mostrano in abiti succinti e in pose accattivanti), solitamente fa parte di un gruppo di sei persone, intercambiabili tra loro e addestrate da un capo squadra che ha il compito di insegnare come scegliere le vittime e i mezzi per manipolare la psiche nella fragilità. Il copione usato è sempre lo stesso, tanto da sembrare quasi un telemarketing, e dai racconti delle vittime si evince come persino le parole usate dai carnefici siano tutte simili. Si ripetono anche gli atti sessuali virtuali richiesti che servono ad insinuarsi nell’intimità del manipolato.
In molte di queste situazioni le vittime, quando scoprono il raggiro, non denunciano perché si vergognano; non ammettono la loro debolezza e temono di distruggere eventualmente anche la propria famiglia. La conseguenza è lo stato di depressione profonda in cui cadono e non tanto per i capitali persi, quanto per l’ingenuità e la debolezza dimostrata.
Da diverse indagini operate anche dai mass media a seguito di segnalazioni delle vittime (seppur piuttosto rare), si è arrivati a parlare di mafia, soprattutto nigeriana, con alla base un’organizzazione criminale specializzata nelle truffe romantiche.
In particolare, le donne raccontano di essersi anche recate all’estero per conoscere di persona l’amato finendo in un vortice che le ha viste sequestrate e stuprate; risulta però impossibile verificare tali racconti poiché queste donne sono restie a parlarne in dettaglio.
Oltre alle difficoltà estrinseche e alla negazione della vittima, si somma la complessa dimostrazione dell’intento criminale: se lo scammer interpreta bene il suo ruolo e fornisce le risposte attese, risulta complesso da provare il coinvolgimento di chi cade in errore.
Denunciare alla polizia postale, parlare di questi accadimenti anche attraverso i media, in generale renderli pubblici è il solo modo per fermare le organizzazioni mafiose operanti sui social; è necessario salvare più documentazione possibile: vaglia postali, bonifici, chat, tutto quanto può essere utile all’individuazione dello scammer.
IL PUNTO DI VISTA GIURIDICO
Il fenomeno in questione sta emergendo in maniera sempre più massiccia, tant’è che se ne è occupata anche la Corte di Cassazione.
Si è di fronte al reato di truffa, in particolare di un reato contro il patrimonio commesso mediante frode; è un illecito a forma vincolata che racchiude nel suo agire artifici e raggiri, così come previsto dall’art. 640 c.p.
La Suprema Corte ritiene infatti sussistenti tali requisiti allorquando c’è induzione in errore della vittima. Ciononostante, alcuni autori, e tra questi Fiandaca e Musco, trovano che nell’interpretazione estesa dell’illecito data dalla Corte si ravvisi la trasformazione del reato da forma vincolata a forma libera, quindi in contrasto con l’extrema ratio del diritto penale che vuole una sua lettura restrittiva, rischiando nondimeno di prevedere una presenza di diffusa minorazione psichica nel soggetto passivo.
A tal proposito, i giuristi Fiandaca e Musco ritengono opportuno operare un accertamento ex ante della vittima a constatare l’idoneità dell’artificio o raggiro a farla cadere in errore, verificandone perciò l’autoresponsabilità.
Da più parti si reputa che l’interpretazione estensiva della Corte sia eccessiva data la riformulazione del reato che ha visto il codice Rocco sopprimere l’esplicita previsione presente nel codice Zanardelli degli artifici e raggiri atti ad ingannare o sorprendere l’altrui buonafede.
La Corte di Cassazione, sez. penale II con sentenza 6 giugno 2019 n. 25165, afferma che nel caso di specie, il ricorrente (scammer) non solo aveva simulato sentimenti d’amore ma era anche riuscito a manipolare la psiche della vittima coinvolgendola in un fittizio progetto di vita comune di cui faceva parte anche un investimento societario.
La Suprema Corte evidenzia come il soggetto offeso non avesse alcuna intenzione speculativa bensì fosse mosso unicamente dal desiderio di vivere assieme.
La difesa del ricorrente ha fondato i suoi dubbi sulle fondamenta del delitto di truffa ovvero se i propri sentimenti amorosi possano o meno costituire artifici o raggiri atti a configurare il delitto in questione.
La Corte, a tal proposito, ribadisce che in tutti questi casi la truffa rileva per la menzogna fraudolenta dei sentimenti amorosi dell’agente che portano la vittima a scambiare il falso con il vero, raggirandone la sua fragile emotività; non rilevano invece i meri sentimenti ingannevoli, ovvero la nuda menzogna, dell’agente verso il soggetto passivo.
Nella ricostruzione dell’elemento oggettivo di cui all’art. 640 c.p. si deve aver riguardo al nesso causale esistente tra la modalità della condotta nell’atto di truffare e gli eventi conseguenti. Imprescindibile resta la sequenza dei mezzi prevista dal citato articolo, ovvero artifizi o raggiri che inducono taluno in errore e, nella fattispecie in esame, determinano una scelta patrimoniale non voluta che porta ad un altrui ingiusto profitto (siamo in presenza di un agito doloso).
A tal proposito, risultano significative alcune precedenti sentenze della Suprema Corte (es. sez. II, sent. n. 42942 del 2014) con le quali si conferma che, se accertato il nesso causale tra l’artificio o il raggiro e l’altrui induzione in errore, non è necessario verificare l’idoneità in astratto dei mezzi usati nella truffa quando questi si sono rivelati idonei in concreto a trarre in errore, pur nella consapevolezza della vittima di sbagliare, non ponendosi domande e credendo nella situazione prospettatale. In pratica si vuole privilegiare la fragilità del soggetto passivo alle esigenze di legalità.
A questi principi si è attenuto il Tribunale di Catania che, con sentenza 13 novembre 2020, n. 3562, ha condannato tre scammer i quali, approfittando della vulnerabilità della vittima, sono riusciti a farsi consegnare in tempi diversi una somma pari a ca. € 400.000.
Il giudice di Catania precisa, a tal proposito, che se viene accertato ex post che l’offeso sia caduto in errore, allora c’è certezza dell’artificio o raggiro; se invece la vittima non cade in errore, allora dovrà procedersi ad un accertamento ex ante per verificare se la stessa ha resistito o meno a tali atti. Ci si troverà perciò di fronte ad una medesima condotta ma con risultati assolutamente differenti in base solo all’attenzione e diligenza prestati dall’offeso.
Nel caso giudicato dal Tribunale di Catania, risulta difficile non credere ad una compromissione psichica della vittima, tanto nel suo potere di critica quanto nell’esercizio della sua volontà (avv. D.P. Triolo) e si torna perciò a quanto prospettato da Fiandaca-Musco.
In generale, in alcuni casi, non rari, di truffe romantiche si potrebbe pensare di far ricorso ad una diversa e più ampia interpretazione dell’art. 643 c.p. nella previsione di circonvenzione di incapace di persona con deficienza psichica pur senza necessità della dichiarazione di interdizione o inabilitazione ormai davvero poco ricorrente.


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