Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  01/12/2023

Truffano un anziano e s'intascano 3 milioni di eredità: un carabiniere e la moglie nei guai

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Quella badante aveva ottime referenze. E poi suo marito era (ed è) un carabiniere: per questo i parenti di Lido Frediani si erano fidati. Salvo scoprire mesi dopo che l’anziano era mancato, era stato cremato e aveva nominato la badante erede universale del suo patrimonio di 3 milioni di euro. Così hanno sporto denuncia, è nata un’indagine e ieri si è concluso il processo di primo grado, con il carabiniere e la moglie condannati a 4 anni e 4 mesi di carcere: i reati contestati erano circonvenzione d’incapace, sostituzione di persona, truffa e falso in atto pubblico.

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Al centro della vicenda c’è Lido Frediani, classe 1928 con un passato da chimico di fama internazionale. A 90 anni il pensionato si rompe il femore, entra ed esce dall’ospedale, ha pure un ictus. Quindi i parenti si affidano a un’operatrice socio-sanitaria di Pianezza. Che, stando a quanto emerso nel processo, si rivela un’abile truffatrice. Tutto con l’aiuto del marito carabiniere, ancora in forza all’Arma (e all’epoca dei fatti nell’Aliquota di primo intervento, che si occupa di antiterrorismo e azioni ad alto rischio).

Il primo passo della signora, a giugno 2019, è stato mettersi in mutua dalla cooperativa per cui lavorava, dichiarando di essere caduta e di avere un trauma alla mano sinistra. Da quel momento in poi ha iniziato a lavorare in nero per l’anziano chimico. Che, soltanto un mese dopo, nomina la badante sua erede universale. Si parla di un patrimonio di 3 milioni di euro, cui si aggiungono 240mila euro di assegni intestati poco dopo alla oss.

Alla fine, in pieno lockdown per la pandemia di Covid, l’anziano muore: è il 2 maggio 2020 e la causa ufficiale è “deperimento da anoressia”. La badante si spaccia per la figlia di Frediani per chiedere e ottenere l’autorizzazione alla cremazione. Non dice nulla ai parenti, incassa i soldi dell’eredità e comincia a fare la bella vita: lei e il marito comprano una casa in campagna, due auto e abiti firmati. Fino a quando i nipoti scoprono tutto e sporgono denuncia.

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La Procura apre un’inchiesta, affidata al pubblico ministero Barbara Badellino. E gli investigatori trovano messaggi eloquenti fra quelli scambiati dai due indagati, assistiti dagli avvocati Alberto Pantosti Bruni e Stefania Marasciuolo: «Sbrigati a farlo firmare! Muoviti, sennò eredita il nipote!».

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Si arriva così al processo, con perizie e consulenze di segno opposto. La pm chiede una condanna a 5 anni, ieri arriva la decisione con cui il giudice Carlo Ferrero “scende” a 4 anni e 4 mesi. Ma ha imposto di versare tra i 40mila e i 300mila euro ai quattro eredi costituiti parte civile: «Confidavamo in un esito diverso, cioè nell’assoluzione - commenta Pantosti Bruni - Attendiamo le motivazioni fra 90 giorni, poi faremo appello».

 




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