-  Converso Rosaria  -  20/05/2013

TACITO RINNOVO EX LEGE DELLA LOCAZIONE DEL BENE PIGNORATO - Cass. SS. UU. 11830/13 - Rosaria CONVERSO

Il quesito di diritto posto alle Sezioni Unite inerisce il caso in cui l"immobile locato sia sottoposto a pignoramento, seguito da dichiarazione di fallimento del locatore. Si chiede ai Giudici di Legittimità se nella circostanza operi, quale effetto ex lege, la rinnovazione tacita del contratto di locazione di cui agli artt. 28 e 29 della legge n. 392 del 1978, e se, poi, la stessa rinnovazione tacita necessiti, o meno, dell"autorizzazione del giudice dell"esecuzione ex art. 560, secondo comma, c.p.c.

In ordine alle questioni le sezioni semplici erano divise. Secondo le SS.UU., che riprendono una decisione del 2009 (Cass. 7.5.2009 n. 10498), "in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, disciplinata dalla legge sull'equo canone, la rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza contrattuale, per il mancato esercizio da parte del locatore, della facoltà di diniego della rinnovazione stessa (artt. 28 e 29 della legge 27 luglio 1978, n. 392) costituisce un effetto automatico che scaturisce direttamente dalla legge, e non da una manifestazione di volontà negoziale. Ne consegue che, in caso di pignoramento dell'immobile e di successivo fallimento del locatore, tale rinnovazione non necessita dell'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, prevista dal secondo comma dell'art. 560 cod. proc. civ.".

Ed, infatti, la legge sull'equo canone rappresenta un microsistema, autonomo rispetto al sistema generale sulle locazioni disciplinato dal codice civile, e consente l'integrazione delle disposizioni normative di quest'ultimo unicamente quando la materia non sia specificamente normata.

L"art. 28, stessa legge, prevede, peraltro, che per le locazioni di immobili adibiti alle attività indicate nei commi primo e secondo dell'art. 27 "il contratto si rinnova tacitamente […]. di nove anni in nove anni; tale rinnovazione non ha luogo se sopravviene disdetta [...]. Alla prima scadenza contrattuale [...] il locatore può esercitare la facoltà di diniego della rinnovazione soltanto per i motivi di cui all'art. 29...".
Un sistema normativo così strutturato induce, inevitabilmente, a considerare la "rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza", quale fattispecie speciale ed autonoma rispetto alla "rinnovazione tacita del contratto di cui all'art. 1597 c.c.", il quale fa riferimento alla fine della locazione per lo spirare del termine di cui al precedente art. 1596 c.c..

 

Il che deriva dal semplice fatto negativo, sopravvenuto, della mancanza della disdetta: pertanto, il contenuto contrattuale, che disciplina il nuovo periodo di rapporto, non presenta alcun specifico elemento di novità.
Restano, quindi, operanti le clausole del contratto originario.
La conclusione cui si è pervenuti - vale a dire che si è presenza di un effetto automatico ex lege - esclude l'applicabilità dell'art. 560 c.p.c. e ciò perché la norma in questione, vietando al debitore ed al terzo custode di dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice delegato", fa esplicitamente riferimento ad un atto negoziale di volontà che, nella specie, non ricorre.




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