Si prende in esame una recente sentenza della Corte di Cassazione n. 51260/2023 della II sezione Penale relativa alla successione di leggi penali incriminatrici e la condotta di deturpamento di cose altrui con la specifica di cose appartenenti al patrimonio culturale.
Il fatto, in breve: la Corte di Appello di Bologna con sentenza del Dicembre ’22 confermava in pieno la sentenza del Tribunale della medesima città del Luglio ’21 che aveva condannato Tizio alla pena di quattro mesi di reclusione e 1000€ di multa per violazione dell’articolo 639 codice penale – rubricato “Deturpamento e imbrattamento di cose altrui”.
Gli avvocati di Tizio ricorrevano in Cassazione e, per il motivo che maggiormente ci interessa, eccepiscono la violazione dell’art. 606 c.p.p. con riferimento alla abrogazione dell’articolo 639 c.p. avvenuta con la riforma introdotta dalla legge 22/2022.
Secondo i difensori la Corte di seconde cure avrebbe dovuto rimodellare la pena visto che la nuova formulazione prevede un trattamento sanzionatorio più favorevole al reo.
I giudici di Piazza Cavour considerano non fondato il ricorso: vi è continuità normativa tra l’art. 639, comma secondo, secondo periodo, cod. pen. (abrogato dall’art. 5, comma 2, legge 9 marzo 2022, n. 22, recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”) e l’art. 518-duodecies, comma secondo, cod. pen., in quanto quest’ultima norma continua a ricomprendere la condotta penalmente sanzionata dalla norma abrogata.
In sostanza, quindi, si è in presenza solo di un riassetto normativo che ha determinato una successione di leggi incriminatrici, ma non una vera e propria abolitio criminis.
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