La fusione tra società costituisce una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico che conserva la propria identità pur in un nuovo assetto organizzativo; in particolare, la fusione per incorporazione non estingue la società incorporante, neppure qualora sia deliberata la modificazione della denominazione sociale di quest'ultima.
La fusione delle società mediante incorporazione determinava, prima dell'entrata in vigore della riforma, automaticamente l'estinzione della società incorporata ed il subingresso, per successione a titolo universale, della società incorporante nei rapporti sostanziali e processuali a quella relativi:
"la fusione delle società mediante incorporazione determina automaticamente l'estinzione della società incorporata ed il subingresso, per successione a titolo universale, della società incorporante nei rapporti sostanziali e processuali a quella relativi; allorquando la società incorporante agisca o si costituisca in giudizio in luogo della società incorporata deve, pertanto, provare di essere succeduta in universum jus ove la qualità di successore sia contestata, mentre tale prova non è richiesta se il fatto non sia contestato ovvero se l'altra parte lo consideri espressamente come accertato. Ne consegue che va cassata la sentenza di merito che abbia rilevato d'ufficio l'inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo - perché effettuata nei confronti di soggetto estinto - benché la notifica avesse raggiunto il suo scopo a seguito dell'opposizione proposta dalla società incorporante" (Cass. civ., sez. II, 3.8.2005, n. 16194, GCM, 2005, 9).
Così, ad esempio, qualora la fusione di società mediante incorporazione fosse sopravvenuta nel corso del giudizio di merito, trovava applicazione la disciplina dettata dall'articolo 300 del codice di procedura civile e, ove il procuratore costituito avesse omesso di dichiarare in udienza o di notificare alle altre parti l'avvenuta estinzione della società, l'impugnazione a detta società si riteneva validamente notificata presso il procuratore (e ciò anche se la parte notificante abbia avuto conoscenza dell'evento):
"allorché la fusione di società mediante incorporazione - che determina l'estinzione della società assoggettata a fusione ed il subingresso di quella incorporante nei rapporti ad essa relativi, avendosi una situazione giuridica corrispondente a quella della successione universale "mortis causa" - sopravvenga nel corso del giudizio di merito prima della chiusura della discussione, trova applicazione la disciplina dettata dall'art. 300 c.p.c. Ne deriva che, ove il procuratore costituito, unico legittimato ai sensi del citato art. 300, ometta di dichiarare in udienza o di notificare alle altre parti, entro l'udienza di discussione, l'avvenuta estinzione della società, da lui rappresentata, assoggettata a fusione, la posizione giuridica di quest'ultima resta stabilizzata, rispetto alle altre parti e al giudice, quale soggetto giuridico ancora esistente, con correlativa ultrattività del mandato alle liti, pure nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto processuale mediante proposizione di impugnazione, con la conseguenza che l'impugnazione a detta società deve ritenersi validamente notificata presso il procuratore stesso a norma dell'art. 330, comma 1, c.p.c., e ciò anche se la parte notificante abbia avuto conoscenza dell'evento" (Cass. civ., sez. I, 15.6.2004, n. 11269, GCM, 2004, 6).
Ulteriormente, si era precisato che, sebbene la citazione in giudizio di una società incorporata in altra fosse nulla per inesistenza della parte convenuta, poiché tale società – a seguito della fusione per incorporazione – si estingueva e quella incorporante ne assumeva i diritti e gli obblighi, detta nullità, rilevabile d"ufficio, restava tuttavia sanata a seguito della costituzione in giudizio della società incorporante:
"la citazione in giudizio di una società incorporata in altra è nulla per inesistenza della parte convenuta, poiché tale società – a seguito della fusione per incorporazione – si estingue e quella incorporante ne assume i diritti e gli obblighi. La nullità, rilevabile d"ufficio, resta tuttavia sanata a seguito della costituzione in giudizio della società incorporante, atteso che la "vocatio in ius" di un soggetto non più esistente, ma nei cui rapporti è pur sempre succeduto un altro soggetto, non può considerarsi affetta da un vizio più grave di quello da cui è affetta la vocatio addirittura mancante della indicazione della parte processuale convenuta, che è, comunque, sanabile con la costituzione in giudizio di chi, malgrado il vizio, si è riconosciuto come convenuto" (Cass. civ., sez. III, 28.2.2008, n. 5273, DeG, 2008).
La circostanza che la fusione determinasse, automaticamente, una successione a titolo universale della società incorporante, nei rapporti sostanziali e processuali relativi a quella incorporata, doveva esser tenuta da conto in ogni settore; così, per esempio, era trasmissibile l'accreditamento istituzionale sanitario rilasciato dalla Regione ma lo è ancor oggi, attraverso la nuova disciplina: cfr. paragrafo 1.3., capitolo venitreesimo del volume: "LE SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA - ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI", CEDAM 2013, Riccardo MAZZON)
"l'accreditamento istituzionale sanitario rilasciato dalla Regione in favore di una società è trasmissibile, in ipotesi di modificazioni soggettive del soggetto societario accreditato ed in particolare nel caso di incorporazione per fusione in altra società ex art. 2501 c.c., con contestuale cessione del ramo di azienda" (T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 17.12.2009, n. 3246, GM, 2010, 3, 833)
e volturabile la classificazione (ad esempio come "industria insalubre"):
"in tema di provvedimenti riguardanti la classificazione come industria insalubre (nella specie: di prima classe, per lavorazioni di "produzioni vernici"), allorché una società si sia fusa per incorporazione, ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 2501 e ss. c.c., in un'altra società la quale ultima abbia chiesto al Comune la volturazione a suo nome della classificazione come industria insalubre prevista da una precedente deliberazione della Giunta comunale nei confronti dell'altra società (precisando nell'istanza che l'attività produttiva sarebbe stata esattamente la stessa svolta da tale società) è ingiustificata la pretesa del Comune di esigere l'attivazione di una procedura specifica per la classificazione come "nuova" industria insalubre dell'attività in esercizio anziché disporre la mera volturazione della classificazione già precedentemente disposta, ed è dunque illegittimo il provvedimento del Comune con il quale è rigettata l'istanza per la volturazione" (T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 23.6.2009, n. 1878, FA, 2009, 6, 1718).
La circostanza che la fusione determinasse, automaticamente, una successione a titolo universale della società incorporante, nei rapporti sostanziali e processuali relativi a quella incorporata, era tenuta in considerazione anche in ambito fiscale, come dimostrano le seguenti pronunce rilasciate in ambito di accertamento delle imposte sui redditi,
"in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora un"associazione non riconosciuta si sia estinta per incorporazione in un"altra associazione non riconosciuta, sono legittimi la verifica eseguita nei confronti della prima associazione ed in presenza del suo legale rappresentante, nonché gli atti impositivi successivamente emessi sulla base di tale verifica nei confronti della medesima associazione, in persona del predetto rappresentante, ed a quest"ultimo notificati. Lo scioglimento di un"associazione non riconosciuta e la sua confluenza con altra o in altra associazione non riconosciuta non dà infatti luogo ad una successione a titolo universale dell"organismo nato dall"unificazione, o di quello di confluenza, nei rapporti dell"associazione estinta, non configurandosi tale operazione come una fusione o un"incorporazione nel senso tecnico di cui all"art. 2501 c.c., in quanto l"estraneità di tali enti al regime di pubblicità nel registro delle imprese esclude la possibilità di dar corso agli adempimenti inderogabilmente prescritti dalla predetta disposizione ai fini della salvaguardia delle ragioni dei terzi" (Cass. civ., sez. trib., 12.3.2007, n. 5746, GCM, 2007, 3)
imposta sul valore aggiunto,
"in tema di i.v.a., e con riferimento all'ipotesi di fusione per incorporazione avvenuta nel corso dell'anno, l'esposizione di un credito d'imposta della società incorporata nella dichiarazione annuale della stessa, anziché in quella della società incorporante, non traducendosi in una riduzione della base imponibile, costituisce una violazione di carattere meramente formale, al pari dell'omissione della comunicazione prescritta dall'art. 35 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633: la mancata esposizione di un credito d'imposta nella dichiarazione annuale non comporta infatti la decadenza dal relativo diritto, che può essere fatto valere sia computando in detrazione il corrispondente importo nell'anno successivo, sia proponendo istanza di rimborso, a condizione che il credito emerga dalle scritture contabili. Le predette violazioni sono pertanto suscettibili di sanatoria ai sensi dell'art. 19 bis d.l. 23 febbraio 1995 n. 41, conv. con modificazioni dalla l. 22 marzo 1995 n. 85, soprattutto quando (come nella specie) l'erronea attribuzione abbia avuto luogo in una situazione d'incertezza determinata dall'assenza di idonee istruzioni da parte dell'Amministrazione finanziaria" (Cass. civ., sez. trib., 23.10.2006, n. 22774, GCM, 2006, 10)
nonché imposta di registro:
"in tema di imposta di registro, e con riferimento alla fusione di società mediante incorporazione, nel caso in cui la società incorporata detenga la totalità delle azioni o delle quote della società incorporante (c.d. fusione inversa), l'assoggettamento dell'atto ad imposta proporzionale non contrasta con la direttiva n. 69/335/Cee del Consiglio, del 17 luglio 1969 (come modificata dalla direttiva n. 73/80/Cee del Consiglio, del 9 aprile 1973 e dalla direttiva n. 85/303/Cee del Consiglio, del 10 giugno 1985), in quanto, alla stregua dell'interpretazione fornita dalla Corte di giustizia con sentenza del 30 marzo 2006, in causa c-46/04, detta operazione è riconducibile all'ambito applicativo dell'art. 4, n. 2, lett. b, della citata direttiva, producendo l'effetto di aumentare il patrimonio sociale dell'incorporante e presentandosi come prestazione effettuata da un socio, nonché all'ambito applicativo dell'art. 7, n. 1, in quanto il conferimento dell'intero patrimonio dell'incorporata alla già esistente società incorporante viene remunerato esclusivamente mediante attribuzione di azioni di quest'ultima" (Cass. civ., sez. trib., 30.10.2006, n. 23356, GCM, 2006, 10)
"in tema di imposta di registro, esula dalla previsione e dalle finalità della direttiva Cee n. 69/335, che si riferisce alla "raccolta" ed all'"aumento di capitali", mediante nuovi conferimenti, l'atto di incorporazione di società totalmente partecipata dall'incorporante, a cui si applica il regime tributario nazionale relativo all'imposta proporzionale di registro senza che, in tale caso, possa ritenersi sussistere una doppia imposizione. Più in particolare, mentre al momento della costituzione di una nuova società vi è assoggettamento ad imposta indiretta sui capitali di tale società, nell'atto di fusione per incorporazione, analogamente a quello di cessione di azienda, vi è un trasferimento soggetto ad imposta di registro. Nè tale diverso trattamento può dirsi ingiustificato, atteso che esso attiene a situazioni traslative aventi differenti presupposti tributari" (Cass. civ., sez. trib., 7.7.2004, n. 12440, GCM, 2004, 7-8)
"in tema di imposta di registro ed in caso di fusione per incorporazione, va distinta l'ipotesi di società interamente partecipata dall'incorporante, in cui la direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/Cee (come modificata dalle direttive del Consiglio 9 aprile 1973, 73/80/Cee e 10 giugno 1985, 85/303/Cee) non osta alla riscossione dell'imposta proporzionale di registro in base alla tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, dall'ipotesi di società non interamente partecipata dall'incorporante, in cui la direttiva medesima osta a siffatta imposizione" (Cass. civ., sez. trib., 17.12.2003, n. 19371, GCM, 2003, 12).
Si vedano anche, in argomento, le seguenti interessanti pronunce, l'una riguardante il caso di dichiarazione di fallimento di una società entro l'anno dall'estinzione per fusione (in tal caso, il diritto ad essere sentito in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 15 r.d. 16 marzo 1942 n. 267, spetta al legale rappresentante della società estinta),
"nel caso di dichiarazione di fallimento di una società entro l'anno dall'estinzione per fusione, il diritto ad essere sentito in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 15 r.d. 16 marzo 1942 n. 267, spetta al legale rappresentante della società estinta, per le conseguenze che tale pronuncia può avere nei suoi confronti, nonché al socio illimitatamente responsabile, in quanto assoggettabile a fallimento personale, mentre non è obbligatoria l'audizione della società nata dalla fusione, pur rivestendo quest'ultima la qualità di successore a titolo universale della società sottoposta alla procedura concorsuale" (Cass. civ., sez. I, 27.9.2006, n. 21016, GCM, 2006, 9)
l'altra l'identificazione dell'oggetto sociale:
"la fusione per incorporazione di una società, totalitariamente partecipata, in altra società, partecipata invece solo minoritariamente, non implica - di regola - un sostanziale mutamento dell'oggetto sociale della società partecipante, in quanto, dovendosi l'oggetto sociale definire come il programma dell'attività economica per la cui realizzazione la società è costituita e posto che l'oggetto sociale di questa comprenda anche l'attività di partecipazione in altre società, la sola prospettiva di un mutamento quantitativo o qualitativo delle partecipazioni in concreto detenute non è sufficiente per poter configurare una modificazione sostanziale dell'oggetto stesso" (Cass. civ., sez. I, 6.6.2003, n. 9100, GCM, 2003, 6; GC, 2003, I,1746; GI, 2004, 95).
Il nuovo articolo 2504 bis del codice civile afferma il principio secondo cui la fusione tra società non comporta più l'estinzione della società incorporata,
"l'incorporazione, per fusione, di una società in altra non comporta l'estinzione del soggetto giuridico incorporato e l'insorgenza di un soggetto giuridico nuovo e distinto dal primo che succeda a quest'ultimo a titolo universale. Ha ritenuto, infatti, il Giudice della nomofilachia (Sezioni Unite della Corte di cassazione cfr. n. 2637 del 2006 e da ultimo, tra le tante n. 19509 del 2010) che, secondo la modificazione del contenuto dispositivo del comma 1 dell'art. 2504 bis c.c., così come operata dal d.lg. n. 6 del 2003, la fusione non è più prevista come evento determinante l'estinzione della società incorporata, bensì costituisce una "…vicenda meramente evolutivo-modificativa…" del medesimo soggetto giuridico (non diversamente da quanto avviene con la trasformazione), senza che si produca alcun effetto successorio ed estintivo. Ciò ha statuito, precisando, inoltre, che la citata norma codicistica, soltanto nel regime precedente alla modifica introdotta dal citato d.lg. n. 3 del 2003, prevedeva che la fusione di società desse luogo ad una situazione giuridica corrispondente alla successione universale e producesse l'estinzione delle società partecipanti alla fusione o della società incorporata, nonché la contestuale sostituzione nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti ad esse capo" (Cons. St., sez. IV, 5.1.2011, n. 18, DeG, 2011; FA, 2011, 1, 55)
costituendo, invece, una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo:
"in tema di fusione, l'art. 2504 bis c.c. introdotto dalla riforma del diritto societario (d.lg. 17 gennaio 2003 n. 6) ha natura innovativa e non interpretativa e, pertanto, il principio, da esso desumibile, per cui la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, non vale per le fusioni (per unione od incorporazione) anteriori all'entrata in vigore della nuova disciplina (1 gennaio 2004), le quali tuttavia pur dando luogo ad un fenomeno successorio, si diversificano dalla successione "mortis causa" perché la modificazione dell'organizzazione societaria dipende esclusivamente dalla volontà delle società partecipanti, con la conseguenza che quella che viene meno non è pregiudicata dalla continuazione di un processo del quale era perfettamente a conoscenza, così come nessun pregiudizio subisce la incorporante (o risultante dalla fusione), che può intervenire nel processo ed impugnare la decisione sfavorevole. Ad esse, di conseguenza non si applica la disciplina dell'interruzione di cui agli art. 299 ss. c.p.c." (Cass. civ., Sez. U., 17.9.2010, n. 19698, GC, 2010, 12, 2749; GCM, 2010, 9, 1232; RDCo, 2011, 1, 187; DeG, 2010; GCM, 2010, 9, 1227; GC, 2010, 12, 2755; FI, 2011, 2, 472).
Si tratta di norma dettata dalla peculiare esigenza dell'ordinamento di privilegiare la continuità dei rapporti giuridici facenti capo alle società partecipanti alla fusione e di garantire l'adempimento degli obblighi e l'esercizio dei diritti facenti capo alle stesse.
La norma, peraltro, non ha effetti retroattivi, sicché le fusioni effettuate ante entrata in vigore della riforma continuano ad esser considerate estintive nei confronti delle società incorporate:
"a norma dell'art. 6, comma 5, d.lg. 29 ottobre 1999 n. 419, la Cassa per la formazione della proprietà contadina, istituita con d.lg. 5 marzo 1948 n. 121, è stata accorpata nell'Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo (Ismea). Tale fusione ha determinato — ai sensi dell'art. 2504 bis c.c. nel testo ratione temporis vigente — l'automatica estinzione della società incorporata ed il subingresso, per successione a titolo universale, della società incorporante; ne consegue che l'impugnazione della sentenza proposta nei confronti della parte estinta è affetta da nullità sanabile mediante la costituzione in giudizio del successore a titolo universale, sempre che tale costituzione non sia avvenuta dopo la scadenza del termine di cui all'art. 327 c.p.c., nel qual caso la sentenza impugnata è passata in giudicato ed il relativo gravame è inammissibile" (Cass. civ., sez. II, 11.7.2011, n. 15180, GCM, 2011, 7-8, 1044).
Naturalmente, in seguito a fusione per incorporazione, non si estingue la società incorporante, neppure qualora sia deliberata la modificazione della denominazione sociale di quest'ultima:
"qualora in seguito a fusione per incorporazione, sia deliberata la modificazione della denominazione sociale della società incorporante, tale modifica costituisce una mera modifica dell"atto costitutivo, che non determina l"estinzione dell"ente e la nascita di un nuovo diverso soggetto giuridico" (Cass. civ., sez. I, 16.2.2007, n. 3695, GDir, 2007, 17, 77).