Anche il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 ha un ruolo quanto alle società costituite all'estero; in particolare, vi possono essere società estere con sede secondaria nel territorio dello Stato nonché società costituite all'estero di tipo diverso da quelli regolati nel codice civile; particolare rilievo meritano la responsabilità illimitata in caso di inosservanza delle formalità richieste dalla legge nonché le Società con prevalenti interessi stranieri.
Il capo XI del codice civile tratta delle società costituite all'estero ed è stato aggiunto dall'articolo 7 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 (con effetto dal 1° gennaio 2004: cfr. amplius il volume: "LE SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA - ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI", CEDAM 2013, Riccardo MAZZON):
"l'art. 2507 è l'unica disposizione introdotta nel Capo XI dal D.Lgs. 17.1.2003, n. 6 recante la «riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della L. 3.10.2001, n. 366»" Abate, Dimundo, Lambertini, Panzani, Patti, Gruppi, trasformazione, fusione e scissione, scioglimento e liquidazione, società estere (artt. 2484-2510 c.c.), in Lo Cascio (a cura di), La riforma del diritto societario, Milano, 2003, 535.
L'attuale formulazione del capo XI comprende gli articoli che vanno dal 2507 a 2510 del codice civile.
L'interpretazione ed applicazione delle disposizioni contenute nel capo in argomento (XI) dev'essere effettuata, su disposizione dell'articolo 2507 del codice civile,
"per meglio comprendere la portata del richiamo operato dall'art. 2507 all'ordinamento comunitario occorre premettere alcuni cenni relativi alla disciplina rilevante in materia di società. Assumono certamente un rilievo primario gli artt. 43 e 48 (ex artt. 52 e 58) Trattato CE che garantiscono alle società la libertà di stabilimento sul territorio comunitario. Tali norme garantiscono la libertà di stabilimento sotto un duplice profilo: primario, poiché consentono ai cittadini di uno Stato membro la costituzione o gestione di imprese (e di società ai sensi dell'art. 48) in qualsiasi Stato membro; secondario, poiché consentono ai cittadini di uno Stato membro di aprire agenzie, succursali o filiali sul territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui la società è stata costituita" Luzzatto, Azzolini, Società (nazionalità e legge regolatrice), in Digesto comm., XIV, Torino, 1997, 136; Tesauro, 508
in base ai principi dell'ordinamento delle Comunità europee:
"la norma in commento si riferisce non a tutte le società costituite all'estero, bensì soltanto a quelle costituite in uno degli Stati membri dell'Unione europea, giacché appare altamente improbabile che il legislatore delegato abbia voluto estendere gli effetti di norme comunitarie previste a favore di soggetti comunitari anche a società costituite fuori dall'Unione europea" Munari, Riforma del diritto societario italiano, diritto internazionale privato e diritto comunitario: prime riflessioni, in RIPP, 2003, 42.
Le società costituite all'estero, le quali stabiliscono nel territorio dello Stato una o più sedi secondarie con rappresentanza stabile,
"per rappresentanza stabile si intende «la presenza, presso la sede secondaria, d'un soggetto che impersoni la società nei rapporti con i terzi e che sia in grado di agire validamente in nome e per conto di essa»" Vismara, Prime applicazioni giurisprudenziali delle norme attuative dell'undicesima direttiva comunitaria in tema di società, in RIPP, 1995, 90
"presupposto di applicazione della norma in esame è, «la presenza di un nucleo imprenditoriale dotato di autonomia amministrativa, caratterizzato da un collegamento organico con la sede principale, la cui gestione sia affidata stabilmente a persona abilitata ad agire in nome e per conto della società»" Laurini, Pubblicità delle succursali all'estero, in RS, 1993, 250
sono soggette, per ciascuna sede, alle disposizioni della legge italiana sulla pubblicità degli atti sociali:
"in materia di gare d'appalto, ove una società inglese iscritta nel registro delle imprese del Regno Unito, che operi in Italia con una filiale italiana avendo costituito ai sensi dell'art. 2508 c.c. una sede secondaria che costituisce rappresentanza stabile della casa madre e come tale è iscritta nel registro delle imprese, che sia stata prequalificata ed invitata in tale veste dall'amministrazione, e si sia presentata in gara come filiale italiana e sia stata così indicata in tutti gli atti del procedimento, l'impresa che ha concorso alla gara è certamente la ditta di diritto inglese, che ha partecipato alla gara avvalendosi della sua filiale italiana, che costituisce a sua volta mero organo di rappresentanza ovvero estensione italiana della casa madre: l'attività svolta dalla persona preposta all'esercizio della sede secondaria, sia sul piano sostanziale che su quello processuale, fa capo all'impresa nella sua globalità (nella specie, una società inglese "H. Ltd.", prequalificata ed invitata in tale veste dall'amministrazione, si presentava in gara come "H. Ltd. Filiale italiana" e la domanda di partecipazione e l'offerta non provenivano dal "rappresentante legale" di detta società, come prescriveva il bando, ma dal dirigente preposto alla sede secondaria italiana di della società H. Ltd.)" (T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, 14.8.2006, n. 2453, FA, 2006, 7-8, 2347).
Esse devono, inoltre, pubblicare, secondo le medesime disposizioni, il cognome, il nome, la data e il luogo di nascita delle persone che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato, con indicazione dei relativi poteri: ai terzi che hanno compiuto operazioni con la sede secondaria, non può essere opposto che gli atti pubblicati ai sensi di legge sono difformi da quelli pubblicati nello Stato ove è situata la sede principale:
"a seguito della riforma del diritto societario ad opera del D.Lgs. 17.1.2003, n. 6, nel campo di applicazione della norma in esame rientrano anche le società costituite all'estero aventi la sede amministrativa o l'oggetto dell'impresa nel territorio italiano, escluse prima in virtù dell'art. 25, 1° co., seconda parte, L. 31.5.1995, n. 218, secondo la quale tali società venivano sottoposte interamente alla legge italiana" Berlinguer, sub art. 2508, in Comm. Sandulli, Santoro, III, Torino, 2003, 513.
Le società costituite all'estero sono altresì soggette, per quanto riguarda le sedi secondarie, alle disposizioni che regolano l'esercizio dell'impresa o che la subordinano all'osservanza di particolari condizioni.
Da ricordare, in argomento, come
"il «Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia» (D.Lgs. 1.9.1993, n. 385) ha dettato una normativa particolare per le succursali delle banche straniere, che distingue le banche comunitarie dalle banche extracomunitarie, in particolare sottoponendo solo le seconde al requisito della previa autorizzazione delle competenti autorità per l'istituzione della prima succursale, autorizzazione subordinata al controllo dei requisiti che la Banca d'Italia impone per l'esercizio dell'attività bancaria (artt. 14 e 15)" Ballarino, La società per azioni nella disciplina internazionalprivatistica, in Tratt. Colombo, Portale, IX, 1, Torino, 1994, 88
nonché che
"inoltre il D.Lgs. 1.8.2003, n. 274 (con relativo regolamento attuativo adottato dalla Banca d'Italia con Provvedimento del 14.4.2005) ha recepito le Direttive comunitarie 2001/107/CE (c.d. "Direttiva Gestore") e 2001/108/CE (c.d. "Direttiva Prodotto"), in materia di operatività transfrontaliera in ambito comunitario degli intermediari finanziari della gestione del risparmio (c.d. "Sgr") e di stabilimento di succursali di detti enti in Italia" Di Bitonto, Operatività transfrontaliera delle succursali di Sgr «domestiche» e «armonizzate», in Soc, 2005, 1510.
Negli atti e nella corrispondenza delle sedi secondarie di società costituite all'estero devono essere contenute le indicazioni richieste dall'articolo 2250 del codice civile e cioè:
Negli atti e nella corrispondenza delle sedi secondarie di società costituite all'estero devono essere, altresì, indicati l'ufficio del registro delle imprese presso la quale è iscritta la sede secondaria e il numero di iscrizione.
Le società, costituite all'estero, che siano di tipo diverso da quelli regolati nel codice civile,
"per quanto riguarda l'accertamento dell'aderenza o meno di una società estera ad uno dei tipi previsti dal nostro ordinamento occorre valutare le caratteristiche sostanziali e funzionali della società estera e non quelle funzionali" Abate, Dimundo, Lambertini, Panzani, Patti, Gruppi, trasformazione, fusione e scissione, scioglimento e liquidazione, società estere (artt. 2484-2510 c.c.), in Lo Cascio (a cura di), La riforma del diritto societario, Milano, 2003, 572
sono soggette alle norme della società per azioni, per ciò che riguarda gli obblighi relativi all'iscrizione degli atti sociali nel registro delle imprese e la responsabilità degli amministratori:
"la norma in commento è venuta in rilievo, in particolare, in materia di riconoscimento della Anstalt, prevista dagli artt. 534 e seguenti del PGR del Principato del Liechtenstein e definita «impresa giuridicamente autonoma e organizzata, mirante a fini economici o di altro tipo di carattere durevole». Caratteristiche di tale istituto - che hanno suscitato in passato dubbi in merito alla sua riconoscibilità in Italia - sono la possibilità di essere costituita da un solo socio nonché la responsabilità per i debiti limitata al patrimonio della stessa (artt. 534, 535, e 548 PGR)" Ballarino, La società per azioni nella disciplina internazionalprivatistica, in Tratt. Colombo, Portale, IX, 1, Torino, 1994, 48.
Fino all'adempimento delle formalità sopra indicate,
"la responsabilità per le obbligazioni contratte prima dell'adempimento delle formalità permane, comunque, in capo ai rappresentanti anche dopo l'adempimento delle stesse" Abate, Dimundo, Lambertini, Panzani, Patti, Gruppi, trasformazione, fusione e scissione, scioglimento e liquidazione, società estere (artt. 2484-2510 c.c.), in Lo Cascio (a cura di), La riforma del diritto societario, Milano, 2003, 579
coloro che agiscono in nome della società rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali:
"in merito all'ambito di applicazione della norma in commento la dottrina è concorde nel ritenere la norma applicabile a società estere con sede secondaria e rappresentanza stabile in Italia, giacché la società italiana ai sensi dell'art. 25, L. 31.5.1995, n. 218 è sottoposta alle sanzioni previste dall'ordinamento italiano" Berlinguer, sub art. 2509 bis, in Comm. Sandulli, Santoro, III, Torino, 2003, 517.
E' quel che dispone l'articolo 2509 bis del codice civile:
"la norma in commento non è stata modificata dalla riforma del diritto societario introdotta nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 17.1.2003, n. 6 e corrisponde al testo del precedente art. 2508. Tuttavia, la stessa appare in contrasto con il sistema di diritto internazionale privato delle società configuratosi a seguito del richiamo al diritto comunitario previsto dal novellato art. 2507. Si è osservato, infatti, che, almeno per quanto riguarda le società costituite in uno Stato membro, l'art. 2509 bis è incompatibile con il diritto comunitario e va, quindi, disapplicato. La previsione di una responsabilità illimitata e solidale per i soggetti che agiscono in nome di società straniere, sino a quando non siano state adempiute le formalità previste dagli artt. 2508 e 2509 (nuova numerazione introdotta dal D.Lgs. 17.1.2003, n. 6), assimila, infatti, i rappresentanti di tali società estere agli amministratori che agiscono prima dell'adempimento delle formalità relative alla costituzione di società nazionali (art. 2331). Da tale accostamento sembrerebbe dedursi che, prima dell'adempimento delle formalità di cui agli artt. 2508 e 2509, le società costituite in uno Stato membro siano prive di personalità giuridica nell'ordinamento italiano, conclusione questa del tutto contraria ai principi della lex loci incorporationis e della libertà di stabilimento" Carbone, Lex mercatus e lex societatis tra principi di diritto internazionale privato e disciplina dei mercati finanziari, in RIPP, 2007, 27
In argomento, si è osservato altresì che
"l'incompatibilità tra la norma in commento ed il diritto comunitario è tanto più evidente se si considera che spesso la lex loci incorportaionis (limitatamente alla costituzione della società) e l'ordinamento comunitario (per esempio, l'XI Direttiva CE n. 83/666) prevedono oneri e formalità identici o analoghi a quelli richiamati dall'art. 2509 bis" Carbone, La riforma societaria tra conflitti di leggi e principi di diritto comunitario, in DCInt, 2003, 94.
La dottrina suggerisce, pertanto, un'interpretazione restrittiva della norma in commento,
"rispetto alle società dei Paesi comunitari" Pernazza, Libertà di stabilimento delle società in Europa e tutela dei creditori, in Soc, 2004, 388,
anche perché
"dal momento che l'ordinamento comunitario vieta a ciascuno Stato membro di sottoporre soggetti comunitari stabiliti sul suo territorio ad oneri ed obblighi analoghi a quelli imposti agli stessi dalla legge dello Stato nel quale sono costituiti, la norma in commento non potrà essere applicata alle società costituite in un diverso Stato membro, a meno che alle norme richiamate non siano sottese esigenze "imperative"" Munari, Riforma del diritto societario italiano, diritto internazionale privato e diritto comunitario: prime riflessioni, in RIPP, 2003, 41).
L'articolo 2510 del codice civile
"in precedenza, quali esempi di applicazione dell'art. 2510, venivano indicati gli artt. 143 e 751 cod. nav. i quali richiedevano, rispettivamente ai fini dell'iscrizione della nave nei registri italiani e della legittimazione a possedere aeromobili italiani, la presenza nelle società interessate di elementi rappresentativi di interessi italiani. Le norme sono state successivamente modificate in adempimento degli obblighi nascenti dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità europea. A seguito dell'introduzione dell'espresso richiamo al diritto comunitario contenuto nell'art. 2507 i poteri derivanti al legislatore italiano dalla norma in commento saranno ulteriormente ridimensionati in osservanza dei principi in materia di libertà di stabilimento ed in particolare di quelli che vietano agli Stati membri di imporre a soggetti comunitari stabiliti sul proprio territorio obblighi ed oneri analoghi o simili a quelli già assolti nello Stato di origine. Tuttavia, il fatto che l'applicazione dell'art. 2507 sia circoscritta alle società costituite in Stati membri dell'Unione, fa sì che l'art. 2510 mantenga una residua rilevanza applicativa. Il legislatore potrà, infatti, servirsi della norma in commento per limitare l'attività di imprese extracomunitarie in settori "sensibli" o "strategici", qualora, pur in un generale contesto di apertura dei mercati a capitali e soggetti extracomunitari, voglia imporre proprie regole" Munari, Riforma del diritto societario italiano, diritto internazionale privato e diritto comunitario: prime riflessioni, in RIPP, 2003, 43
prevede che siano fatte salve le disposizioni delle leggi speciali
"la norma non detta una disciplina sostanziale per le società nelle quali siano rappresentati prevalenti interessi stranieri, ma prevede una vera e propria riserva di legge" Abate, Dimundo, Lambertini, Panzani, Patti, Gruppi, trasformazione, fusione e scissione, scioglimento e liquidazione, società estere (artt. 2484-2510 c.c.), in Lo Cascio (a cura di), La riforma del diritto societario, Milano, 2003
che vietano o sottopongono a particolari condizioni l'esercizio di determinate attività da parte di società nelle quali siano rappresentati interessi stranieri:
"nonostante la rubrica dell'art. 2510 faccia riferimento al requisito della "prevalenza" degli interessi stranieri, parte della dottrina osserva che tale lettura è contraria al dettato della norma e che, anche da un punto di vista logico, la molteplicità degli elementi da valutare al fine di individuare gli interessi stranieri sia tale da non imporre tale criterio di prevalenza, bensì da lasciare al legislatore la valutazione caso per caso dei diversi elementi (di natura economica, sociale e politica); si tratta, infatti, di interessi in senso "atecnico", da intendersi in un'accezione socio-economica" Bonfante, sub artt. 2507-2510, in Comm. Bonfante, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, Milano, 2004, 1398).
La norma in commento non ha subito modifiche ad opera della riforma del diritto societario; permane, pertanto, contrasto in dottrina in relazione alle società che rientrano nel campo di applicazione della norma de qua: secondo alcuni autori (argomentano che le società straniere rappresentano, per definizione, interessi stranieri), l'articolo 2510 del codice civile
"si applica soltanto alle società italiane" Berlinguer, sub art. 2510, in Comm. Sandulli, Santoro, III, Torino, 2003, 518;
secondo altri autori (i quali sostengono, invece, che una società straniera costituita interamente da soci italiani e con capitali italiani, potrebbe in astratto non essere ricompresa nell'ambito di applicazione della norma in commento), si tratterebbe di norma applicabile, indistintamente,
"sia alle società italiane sia alle società straniere" Simonetto, Società con prevalenti interessi stranieri, in AC, 1986, 74.