-  Redazione P&D  -  12/02/2015

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: COSTRUZIONE ABUSIVA SENZA TUTELA DI AFFIDAMENTO- C.S. 406/2015- C. MICELI

- Edilizia

- Costruzione abusiva

- Il serbatoio antincendio non è una pertinenza

La sentenza in epigrafe ribadisce prevalenti indirizzi giurisprudenziali che si inscrivono nella logica del corretto assetto del tessuto cittadino, cui va ricondotto il significato costituzionale delle espressioni di urbanistica ed edilizia. 

Non volendo in questa sede insistere sulla riedizione delle relative esegesi, vorrei offrire al lettore, sia pure forse con inusuale fantasia, una nuova cornice in cui guardare alla disciplina del territorio. Si tratta del nomos schmittiano, come prima occupazione di terra, che informi e "pieghi" l"ordinamento urbano, senza scontare adeguamenti episodici che consumavano sulla nostra penisola una "depianificazione urbanistica", in cui si provvedeva momento per momento..interesse pe interesse.

Con la riforma costituzionale del 2001, nel segno del policentrismo istituzionale (invero rimeditato all"esito delle crisi finanziarie e reali che hanno indotto "nuove" centralizzazioni all"insegna dell"equilibrio di bilancio), sembra potersi rievocare la nozione di Mazzarolli dell"espressione "urbanistica": ordinamento settoriale a base comunale. Ad oggi comunque, nonostante gli auspici predicati in dottrina e nelle stratificazioni legislative (per vero, non sempre coerenti secondo quella "buona e debita forma" che la Cedu spesso ci ricorda a rime martellanti), lo sviluppo territoriale nel Belpaese patisce incertezze, zone d"ombra, disarmonie fra fonti eterogenee, distacchi dai livelli di governo che faticano a consolidare le proprie identità. Troppo presto ci siamo dimenticati dei moniti di Santi Romano, della sua teoria istituzionale che ci insegna ancora come il problema del rapporto tra norme diverse altro non è che il problema della relazione fra gli ordinamenti di cui quelle fonti sono espressione..ma si sa, nelle rincorse all"ultima sentenza, simili passate notazioni diventano polvere, destinata a perdersi nello smalto di citazioni più attuali..

Il lettore vorrà perdonare tale digressione, ma come suggerito da autorevole dottrina in ben altro campo d"indagine, "conviene partire dal principio, dal presupposto principale, per vedere la foresta e non sperdersi nella classificazione degli alberi, o magari delle loro radici e delle loro foglie" (Merusi), come invece capita di notare talvolta nella recente letteratura che si occupa delle avventure del dialogo del cittadino (a volte un po" troppo italico) con gli interventi del potere autoritativo.

Ma veniamo ora a una partizione immediata dei passi salienti della sentenza in questione. Nell"escludere la riconducibilità dei serbatoi antincendi dedotti in giudizio ai volumi tecnici, il Collegio giudicante declina i requisiti identificativi di questi ultimi, parlando di impianti: «a) del tutto privi di propria autonomia funzionale, anche potenziale, poiché strumentali di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della stessa, connessi alla condotta idrica, termica, ascensore ecc.; b) che non possono essere ubicati all"interno di questa; c) essendo escluso che possa parlarsi di volumi tecnici al di fuori di tale ambito "al fine di negare rilevanza giuridica ai volumi comunque esistenti nella realtà fisica." (Cons. Stato, Sez. IV, 4 ottobre 2010, n. 2565)». Orbene nella fattispecie concreta, non è emersa la seconda condizione sopra citata. Né miglior sorte hanno avuto le censure ricorrenti, che in subordine, qualificavano l"intervento contestato come pertinenza. Anche qui, i giudici di Palazzo Spada fanno buon governo delle interpretazioni mutuate dalla scuola tedesca, nel trascorrere dalla norma al fatto e dal fatto alla norma (si è lontani insomma da talune intuizioni di casa nostra, che individuano tra la norma e il fatto non una relazione temporale ma logica istituita dall"ordinamento, con il rischio tuttavia, di ridurre la scienza giuridica a pura astrazione priva di connessione con l"effetto giuridico e l"esperienza sensibile). Si precisano quindi i limiti che consentono di ravvisare una pertinenza, sottolineando che la stessa: «..è configurabile quando vi è un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra cosa accessoria e quella principale, cioè un nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso pertinenziale durevole, oltre che una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce (Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615); a differenza della nozione civilistica.., ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche sfornito di un"autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto carico urbanistico (Cons. Stato, Sez. V, 31 dicembre 2008, n. 6756; Id., 13 giugno 2006, n. 3490)».

Orbene, nella coniugazione della regola (con il suo supporto giurisprudenziale) al caso concreto, viene esclusa la natura pertinenziale dei serbatoi e della relativa copertura metallica, per il loro impatto territoriale e urbanistico, in quanto costituiscono un nuovo volume su un"area diversa e ulteriore rispetto a quella del precedente edificio.

Merita sottolinearsi, altresì, a proposito dell"immanenza dell"interesse pubblico all"adozione di provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, e all"affidamento sventolato dai destinatari per il tempo trascorso dall"abuso, come plausibile si riveli il riferimento alla giurisprudenza dominante. Ne deriva che i provvedimenti sanzionatori suddetti siano dovuti all"esito del risconto dell"abuso e dell"illecito contemplati ex lege: l"evidenza disponibile, e il suo chiaro disvalore, non richiedono un aggravio motivazionale, essendo sufficiente la sintetica descrizione del carattere illecito dell"opera compiuta, né una puntuale comparazione tra l"interesse pubblico alla rimozione dell"opera, "che è in re ipsa, e quello privato alla relativa conservazione, e ciò anche se l"intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell"abuso (Cons. Stato, Sez. VI, 28 gennaio 2013, n. 498) non potendosi ammettere l"esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 2013, n. 1268)". Il corollario trova ulteriore forza precettiva con l"accresciuta dimensione della buona fede, nella lettura invasiva del dovere di solidarietà sociale di cui all"art. 2 Cost, sia nelle proiezioni dei moduli consensuali, sia nell"agire d"autorità. Il decorso del tempo non può consolidare un disvalore nella realtà del diritto, così che ciò che nasce contra ius non può invocare un affidamento incolpevole per trarne beneficio nel traffico giuridico e nel dialogo con il pubblico potere.

Infine, prima di ritirarci, vorrei affollare il vostro quotidiano con un altro dubbio: ciclicamente, non si sa ancora se per rilanciare lo sviluppo economico o per salvare emergenze sociali, nel nostro Paese si respirano arie sananti, in bilico su precarie lettere normative, che a dire di alcuni tentano una via di conformazione postuma alla legge, quasi come si trattasse di emendare un costo negativo per la socialità trasformandolo in guadagno per l"agire e il sentire collettivo: ma si può mai guadagnare sulle perdite?




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