1 – Assai lontani fra loro, a prima vista, i campi della ‘’tutela delle persone fragili’’ e del ‘’risarcimento del danno non patrimoniale’’: due mondi non comunicanti in apparenza, materie con presupposti diversi, ospitate in differenti libri del codice civile.
Un trait d’union esiste invece; un ben preciso nucleo disciplinare anzi, di notevole importanza teorico-pratica.
È il motivo della qualità della vita.
Da un lato: la creatura non in grado - per ragioni psichiche o fisiche – di gestire autonomamente i suoi interessi, materiali e immateriali, dovrà essere aiutata a condurre l’esistenza che vorrebbe, qualora fosse in grado di orientarsi, di decidere lei le cose. Dall’altro lato: chi si veda colpito e danneggiato rispetto a una posizione rilevante - fra quelle che ex lege gli competono: salute, famiglia, onore e libertà, beni e ricchezze, socialità, etc. - dovrà essere risarcito per quanto non riesca ad avere/progettare, dopo aver subito il torto.
Ecco il filo conduttore: le voci dell’agenda quotidiana, rispetto all’interessato, il conteggio di quello che si può e che non si può fare, concretamente; o che si è obbligati a compiere, piaccia o non piaccia, per riuscire a sopravvivere.
Diverso l’impianto di base fra i due terreni, come si vede. Nell’illecito a incidere negativamente su quei segmenti (antropologici) è l’azione illecita di un terzo; nel campo della fragilità parliamo piuttosto di un contesto o di un incidente sfortunato, a monte, spesso incolpevole.
Diverso anche il rimedio tecnico. Nel primo caso si tratterà, per il giudice, di un ammontare risarcitorio da stabilire, al fine di compensare quella fragranza perduta; nel secondo di un progetto di salvaguardia da varare in Tribunale, a beneficio del soggetto in difficoltà.
Il nucleo della protezione, il riferimento umano e tecnico, è simile però nei due casi: la vita che veniva condotta dalla vittima, in passato, quella che si sarebbe voluta svolgere in futuro; le occasioni mondane e relazionali che sono state bruciate, dagli eventi, e che andranno adesso compensate o incoraggiate.
‘’Faccio e non faccio’’, ‘’Sono o non sono’’.
2 - Uno studioso del diritto che si dedichi al primo ambito, fra quelli menzionati, non può non essere attratto anche dal secondo.
Nel Macbeth di Shakespeare (atto V, scena V) sentiamo per bocca del protagonista che ‘’la vita è il racconto di un idiota, fatto di rumore e di vento, che non significa nulla’’.
Può darsi che talvolta vada però diversamente; e al civilista occorrerà allora, rispetto a quanto egli abbia appreso dal primo comparto (nei trattati, nelle sentenze, nell’esperienza diretta), sapere cosa possa servirgli per decifrare anche il secondo.
L’interprete il quale operasse diversamente, che si arrestasse nel suo cammino, rischierebbe di sprecare qualcosa di prezioso; un tesoro che gli è proprio ormai, che gli appartiene culturalmente.
In Italia è andata appunto in questo modo.
Il riguardo per la qualità della vita è fra i motivi che, nel 1978, hanno indotto il legislatore italiano a cancellare i manicomi. È poi fra le ragioni che, nel 1984, spingeranno alcuni studiosi a esaminare a fondo i misteri del danno psichico, a domandarsi quale sia l’agenda spicciola di chi è diventato matto per colpa di un altro. È ancora il Leitmotiv che a Trieste, nell’estate del 1986, dopo un famoso convegno di studi, contrassegnerà il progetto di riforma del diritto degli ‘’incapaci’’, con la messa a punto del neo-istituto dell’amministrazione di sostegno. È sempre il collante che permetterà di cucire insieme, nel 1990, le chiavi ispiratrici di una serie di condanne risarcitorie, in tema di immissioni dannose, di danni in famiglia, di lavoro subordinato: con la prospettazione dell’inedita figura del danno esistenziale, quale cifra d’insieme.
Così anche successivamente, da Venezia a Palermo, in un gioco di rimbalzi e influenze vicendevoli, fino ad oggi.
E - occorre aggiungere - qualcosa del genere può ravvisarsi, in termini più o meno dichiarati, per non pochi altri sistemi del nostro tempo: Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, paesi dell’America Latina. Basta saper cercare con la lente di ingrandimento: variano le combinazioni, le etichette potranno divergere, il trend di fondo è analogo però.
La persona che non riesca, per motivi di inadeguatezza fisiopsichica, ad amministrare decentemente i suoi beni, i suoi affetti o la sua salute, non vorrà soltanto essere consolata, a livello spirituale o psicologico, per l’insoddisfazione in cui versa; desidera anche essere aiutata a rimettere in moto ciò che zoppica, sul piano oggettivo, sospinta a dare corpo e respiro alle attività realizzatrici cui è avvezza, che le si addicono in comunità. Empowerment.
Non solo il ‘’dentro’’ delle creature insomma, le liquidità e le emozioni. Anche il ‘’fuori’’ dell’esperienza, l’area dei frangenti possibili e auspicabili – quelli legati alla cerchia affettiva, alla scuola, al condominio, all’espressione artistica, alle vacanze, al territorio. Fiorire, espandersi, fruttificare.
E lo stesso può ripetersi per la vittima di un torto: andrà riparata non soltanto la parte interna del plaintiff, quella legata alle sofferenze e ai patemi d’animo; bensì anche quella esterna, inerente alle occupazioni terrene che non si possono più coltivare, dopo l’illecito. La parte relativa alla carriera troncata, mettiamo, alle gite perdute, agli hobby accantonati, agli abbracci che non verranno. E ciò indipendentemente dal fatto che si tratti o meno di voci redditizie.
3 - Conosco Eva Martin Azcano da più di un decennio; e ho avuto modo di seguirla attentamente nel suo percorso di studi.
I settori del diritto su accennati sono entrambi complessi, storicamente acerbi come appaiono, ricchi di ombre e di sfaccettature; e nel periodo che la Professoressa ha trascorso a Trieste - dove era venuta a perfezionarsi sull’amministrazione di sostegno – se ne parlava spesso insieme; a cominciare dagli interrogativi più antichi, sino alle questioni ancora in boccio.
Lei raccontava soprattutto delle discussioni, che stavano allora intensificandosi, in Spagna, circa le vie lungo cui riformare nel Código Civil la disciplina della fragilità. Io riferivo, in particolare, dei passaggi attraverso cui venivano modulandosi, nella prassi dei tribunali, giorno per giorno, le linee applicative della legge italiana 6/2004.
Eravamo d’accordo su tanti punti: il no all’interdizione, l’opportunità di regole elastiche, tagliate su misura, revocabili e impugnabili; la necessità di non abbandonare, e insieme però di non mortificare gli esseri bisognosi di protezione.
Si parlava anche di danno alla persona. Di nuovo era frequente il confronto fra Spagna e Italia, le differenze non apparivano poche: in Italia le figure emergenti di danno erano al centro di accese discussioni, in dottrina e in giurisprudenza; in Spagna si sentiva l’esigenza di qualche scossa, che accelerasse le prese di coscienza.
Concordavamo su vari aspetti, comuni ai due campi
I principi generali servono sempre, sul terreno della ‘’debolologia’’; i modelli statutari predisposti in alto dal legislatore, rigidamente, si addicono poco al diritto delle persone. Confezionare abiti su misura è arduo, tener conto delle variabili umane non è semplice, si tratta di un laboratorio scomodo, anche se per la civiltà costituisce l’unico metodo possibile. Il dovere di soppesare gli inconvenienti, per ogni ipotesi di sistemazione, nel futuro dell’assistito, appare particolarmente alto. Gli esseri svantaggiati non risultano sempre angelici, eleganti, sinceri, sono fatti di carne e ossa, la durezza della vita può averli incattiviti, resi furiosi, ingrati, poco collaborativi. Occorre, negli addetti ai lavori, grande pazienza, comprensione, disponibilità ad ascoltare più che si può. Sovente le sfumature biografiche traspaiono appena, in controluce, occorrerà in gran parte indovinarle, fortuna che esiste la risorsa delle presunzioni.
Sul danno esistenziale ero più io quello che riferiva, nelle nostre conversazioni. Anche qui i punti su cui concordavamo erano molti comunque.
Un bambino il quale perda sua madre, travolta da una macchina sulle righe bianche, andrà incontro ad anni molto travagliati. Una violenza sessuale, in famiglia, non fa del male soltanto alla vittima diretta. Chi subisca uno stalking, magari sottile e crudele, dev’essere protetto pure sul piano civile. I rumori eccessivi, le polveri subdole, gli scuotimenti, i cattivi odori sono insopportabili in casa. Chi sia colpito da un errore giudiziale, e trascorra un anno intero in prigione, non sarà più lo stesso di prima. Certe arroganze della Pubblica amministrazione non possono essere perdonate.
4 - Auguro al libro di Eva Martin Azcano di essere ben accolto dai lettori.
Ciò anche per ragioni personali: non c’è tratto che non ammiri della Spagna, dall’architettura al paesaggio, dalla letteratura alla musica, dal cinema alla pittura, dai colori ai profumi, oltre alla gente beninteso. E sarei particolarmente orgoglioso se il danno esistenziale avesse successo in questo paese.
Non è un esito scontato.
Nessun popolo al mondo - mi sembra - adora la vita tanto quanto gli spagnoli. Dovrebbe penetrare come il coltello nel burro, quindi, una figura ristoratrice che mette al centro il presidio dell’esistenza; in tutte le sue manifestazioni, grandi o piccole che siano.
Quando giro per le città iberiche, e vedo tanti individui giocare, correre dietro ai tori, mangiare, ballare, cantare, fare all’amore fino alle ore piccole - e mille altre nobili occupazioni - mi dico sempre: ‘’Non può non essere questo il paese che ha inventato il danno esistenziale’’.
Poi mi ricordo che è una voce del diritto, quella di cui stiamo parlando; e si sa quanto prudenti siano allora i giuristi, fieri del proprio pedigree, scettici nei confronti delle novità, burberi verso quanto arrivi dall’estero.
È vero che il libro di Eva Martin Azcano è particolarmente ben fatto: così professionale, equilibrato e misurato, accademico quel tanto che occorre, rigoroso, umile e anti-ideologico; interessato a quanto succede altrove e tuttavia sensibile al modo in cui in Spagna si pensa, si ragiona e si decide.
E’ vero però che il danno esistenziale, per la sua semplicità rivoluzionaria, si presenta come una realtà contagiosa, prepotente - diversa chimicamente rispetto a tante new entry. Molti sono i risvolti del pensiero, non familiari all’interprete canonico, che dovrà recepire chi lo accolga.
Occorre aver letto almeno tre volte il Don Quijote.
5 - Ad esempio. Si può soffrire molto sulla terra, dopo una disgrazia o una cattiveria, e non accusare a tempo stesso alcun impatto nei propri vissuti; così come può accadere il contrario. Danno esistenziale e danno biologico sono la stessa cosa, cambia solo la fonte, duplicazioni riparative quand’è in gioco la salute non sono ammesse.
I danni piccoli, insignificanti, microscopici, non andranno presi troppo sul serio, neanche vanno respinti tuttavia a priori, dipenderà dal tipo di vittima, magari dovranno risarcirsi poco, con parsimonia. La malvagità di chi ha agito può essere una variabile importante per capire che lo spaesamento, lamentato dalla vittima, non è qualcosa di esagerato, di falso.
Il denaro sarà anche merce del diavolo, ma non versarlo a chi ha diritto di riceverlo (un figlio, un lavoratore subordinato) significa farlo vivere male. Anche un inadempimento contrattuale (trasporto, locazione, telefoni) può causare seri danni esistenziali.
Monetizzare e quantificare equamente poste del genere come si fa? i particolari sono spesso decisivi, nella cronaca privata, rientrano però in una sfera senza riscontri evidenti, senza testimoni. Il giudice deve fare i salti mortali, alle volte, restando guardiano del rigore procedimentale, senza diventare troppo sospettoso
Sarà un percorso a macchia d’olio probabilmente, a Madrid e dintorni, non mi stupirebbe se fra dieci anni arrivasse una seconda edizione del presente libro; con un bilancio minuzioso allora - specie riguardo alla giurisprudenza - di quanto successo nel frattempo.
Personalmente sarei fiducioso …