Nei casi di demolizione o danneggiamento del muro comune o del manufatto adiacente od appoggiato, valgono i principi del "neminem laedere":
"la demolizione dell'edificio da parte del proprietario costituisce esercizio del diritto di proprietà, con la conseguenza che quando dalla demolizione deriva danno all'edificio costruito in aderenza a causa della perdita del preesistente equilibrio statico, colui che ha demolito il proprio edificio non risponde del danno subito dal vicino a titolo di responsabilità extracontrattuale per il solo fatto dell'abbattimento, richiedendosi per la sussistenza di tale responsabilità che la demolizione, per il modo in cui è stata attuata, riveli la violazione del precetto del "neminem leadere"" Cass. 23.3.01, n. 4207, GCM 2001, 568 - cfr., amplius, "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto.
Così,
"colui che demolisce il proprio fabbricato cagionando danno al fabbricato del vicino, costruito in aderenza, per la perdita dell'equilibrio statico pregresso, non risponde, per ciò solo, dei danni in via extracontrattuale, poiché la sua condotta resta circoscritta nell'ambito del proprio diritto dominicale, salvo che risulti accertato, in concreto, che la demolizione abbia causato (nelle specie con vibrazioni superiori alla norma), con sicuro nesso eziologico, l'evento dannoso" Cass. 7.12.79, n. 6367, GCM, 1979, fasc. 12;
e ancora:
"il crollo di un muro di confine per fatto da imputare secondo sopralluogo di c.t.u. a cattiva manutenzione di uno dei due comproprietari, comporta condanna di quest"ultimo alla ricostruzione della parte crollata e di quella pericolante" Trib. Savona 2.3.2006, GC, 2006, 602.
Inoltre,
"il proprietario che intenda demolire il proprio stabile, al quale per vetustà o altra causa siasi determinato l'appoggio di fatto del muro del vicino, in una situazione di equilibrio nel contrasto fra i due muri, è tenuto, oltre che a predisporre le opere cautelari opportune, anche ad avvertire il proprietario dell'edificio in aderenza perché, a sua volta, compia le verifiche del caso e le opere necessarie, avvalendosi altresì della facoltà di cui all'art. 843 c.c." Cass. 26.6.81, n. 4154, GCM, 1981, fasc. 6;
e anche:
"l'obbligazione di risarcire i danni derivati da una costruzione in aderenza al fabbricato dei vicini comproprietari è divisibile perché ha ad oggetto una somma di danaro e pertanto l'azione risarcitoria esercitata da uno di essi non è idonea ad interrompere la prescrizione per gli altri, i quali dunque possono invocare gli effetti riflessi del giudicato favorevole formatosi a favore di uno di loro purché non sia decorso il termine quinquennale di prescrizione, con decorrenza dal fatto generatore del danno" Cass. 23.11.98, n. 11868, GCM 1998, 2431).