Si prende in esame una recente sentenza della Corte di Cassazione n. 1268/2025 Sez. VI Penale relativa al tema dell’elemento oggettivo tipizzante il reato di “maltrattamenti in famiglia”.
Il fatto, in breve: la Corte d’Appello di Torino, con sentenza, confermava la decisione del Giudice di prime cure che aveva condannato Tizio per il delitto di maltrattamenti in famiglia (572 c.p.) nei confronti di Sempronia, moglie.
Con il primo motivo di impugnazione, in particolare, i difensori di Tizio evidenziavano il fatto che costui aveva vissuto lunghi periodi all'estero e che la persona offesa aveva - in totale autonomia - deciso di non lavorare per dedicarsi ai figli. Il tutto era stato possibile, per Sempronia, perché ella aveva sempre fatto affidamento al mantenimento del marito.
I giudici di Piazza Cavour decidono per il mancato accoglimento del ricorso sia per questo che per altri punti di supposta violazione.
In particolare, l’istruttoria ben corposa, tenutasi nei due primi gradi di giudizio aveva dimostrato le condotte vessatorie e vieepiù la Sesta Sezione penale utilizza tale provvedimento per ribadire che, in tema di delitti contro la famiglia, integra il delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi la condotta di chi impedisce alla persona offesa di essere economicamente indipendente, nel caso in cui i comportamenti vessatori siano suscettibili di provocare in quest’ultima un vero e proprio stato di prostrazione psico-fisica e le scelte economiche ed organizzative assunte in seno alla famiglia, in quanto non pienamente condivise, ma unilateralmente imposte, costituiscano il risultato di comprovati atti di violenza o di prevaricazione psicologica.