Adita in relazione alla revoca di misure cautelari, la Corte di cassazione si è espressa circa il reato di maltrattamenti nei confronti di anziani.
Nella fattispecie considerata il lamentato vizio di motivazione non è stato ravvisato e, per quanto d'interesse, si è osservato che alcuni fatti, rivelassero i caratteri dell'abitualità, altri, posti in essere ai danni di alcune persone offese, per la loro sporadicità, occasionalità e per il lungo tempo trascorso tra le stesse non fossero idonei ad integrare, nei confronti delle specifiche vittime ipotizzate nella contestazione provvisoria, li delitto di maltrattamenti.
Cass. pen., sez.VI, ud. 28 giugno 2023 (dep. 13 luglio 2023), n. 30575 - Presidente Di Stefano - Relatore Costantini
Ritenuto in fatto
.1 I Procuratore della Repubblica di Imperia impugna l'ordinanza del Tribunale di Genova con cui, in parziale accoglimento dell'appello, ha revocato ordinanza del Giudice delle indagini preliminari di Omissis che il 20 marzo 2023 aveva rigettato l'istanza di revoca della misura interdittiva eseguita il 9 febbraio 2023 nei confronti di C.F. limitatamente all'accusa di maltrattamenti commessi, in qualità di operatrice sociosanitaria in servizio presso la residenza per anziani [...) nei confronti di alcuni degenti(capo 6, subI, I,III, VI. VII, XI).
confermando invece la sussistenza della gravità indiziaria in ordine alla misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio per la durata di sei mesi per analoghi fatti commessi nei confronti di altri degenti ex artt. 81, comma 2,110, 40, comma 2, 572 primo e comma 2 e61 n. 5 e 1 sexies c.p.; fatti commessi in (omissis)
2. Avverso la citata decisione il Procuratore dellaRepubblica diImperia formula due motivi di ricorso con cui complessivamente deduce vizi cumulativi di motivazione e violazione di legge in ordine alla fattispecie di cui
all'art. 572 c.p..
Il Procuratore ricorrente osserva che il Tribunale della cautela, allorché ha escluso che la condotta posta in essere dalla ricorrente avesse integrato il delitto di maltrattamenti nei confronti di alcune persone offesa per assenza del requisito dell' abitualità, ha violato l'art. 572. c.p.percome interpretato da giurisprudenza d i confronti di più parti offese, ha apprezzato il carattere dell'bituaria prendendo in considerazione la posizione dell'agente e non quella della vittima, tanto da ritenere le condotte maltrattanti connotate complessivamente come complessivamente abituali nei confronti di tutti costoro (cosiddetta "abitualità condivisa").
Qualora avesse interpretato secondo i citati parametri il requisito dell'abitualità, avrebbe ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza anche in ordine alle condotte afferenti a singoli episodi realizzati nel confronti di ciascuna parte offesa seppure detti fatti sono stati contestati ex art.40, comma 2, c.p. per aver omesso il doveroso intervento a tutela della persona offesa contro l'agire di altro soggetto svolgente analoghe funzioni all'interno della struttura residenziale per anziani.
Il ricorrente osserva come la motivazione delTribunale risulti errata nella parte in cui reputa sporadiche undici episodi concentrati tra agosto e dicembre 2021 sulla base di richiamata giurisprudenza in tema di maltrattamenti realizzati in ambito familiare, mentre qualora correttamente intesa la stessa giurisprudenza citata, avrebbe consentito un differente esito.
Considerato in diritto
1.Il ricorso è inammissibile in quanto generico e teso a confutare in fatto le valutazioni non manifestamente illogiche operata dal Tribunale.
2. Deve essere, innanzitutto, premesso che la giurisprudenza a cui la espresso rinvio il ricorrente non risulta affermare il concetto di abitualita condivisa secondo interpretazione accreditata.
Questa Corte ha, invero, affermato che, "ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 572 c.p.. lo stato di sofferenza e di umiliazione delle vittime non deve necessariamente collegarsi a specifici comportamenti vessatori posti in essere nei confronti di un determinato soggetto passivo, ma puo derivare anche da un clima generalmente instaurato all'interno di una comunità inconseguenza di atti di sopraffazione
ad uno qualsiasi deisoggetti passivi (Sez. 6, n. 8592 del21/12/2009, dep. 2010, Rv. 246028- 01).
Il principio citato prende in esame quelle concotte poste in essere attraverso continue espressioni ingiuriose e maltrattamenti fisici da parte di operatori di un istituto pubblico di assistenza nei confronti di persone anziane ivi ricoverate nel reparto di lunga degenza, al fine di evidenziare come il requisito dell'abitualità deve valorizzare il clima di generalizzata sopraffazione a cui partecipa l'agente anche nei termini di omesso - consapevole e doveroso - intervento a tutela.
Nessuna divergenza, pertanto, quanto acondottad e lagente,sussistetra i maltrattamenti realizzati
all'interno di un nucleo familiare, in genere, e quelli che si svolgono all'interno di una struttura di assistenza per anziani: tali condotte possono essere connotate dal carattere dell'abitualità nei confronti delle persone offese anche quando costoro, pur non direttamente prese di mira, in ragione della estrema fragilità e della vicinanza (spesso connessa all'impossibilita di movimento ed alla necessita di dover convivere in un ristretto ambito della struttura),subiscono gli effetti e percepiscono le minacce, le violenze e le ingiurie come vessatorie.
Ovvio, allora, che l'esame della condotta maltrattante debba tenere conto anche di tali condizioni particolari di convivenza, senza che il carattere della abitualità muti paradigma e perda la necessaria riferibilita nel confronti delle singole persone offese quasi a voler intravedere un effetto cumulativo distinto da quello che si e sopra descritto, tale da invertire la prospettiva da cui osservare la condotta vessatoria: se più condotte vessatorie poste in essere per una volta nei confronti di ciascuna persona offesa assume li carattere dell'abitualità, ciò si realizza perché gli altri soggetti percepiscono la complessiva valenza offensiva in maniera costante, reiterata e, quindi, abituale, e non perché il delitto di maltrattamenti cambi struttura sino al punto di far ritenere che la reiterazione della condotta debba essere rapportata al soggetto agente.
3. Effettuata questa doverosa precisazione in diritto e liberato il campo dall'equivoco su cui li ricorrente fonda i motivi di ricorso, deve essere richiamato li principio di diritto ormai pacifico espresso reiteratamente da questa Corte, secondo cui, allorché sia denunciato con ricorso per cassazione li vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo li compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell' indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e al principi di diritto che governano apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 1 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; Sez.4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. Non può essere dedotto in se d e di legittimità il motivo che si risolva nella censura di non aver preso in esame alcuni o tutti i singoli elementi risultanti in atti, costituendo tale motivo una censura del merito della decisione, in quanto teso, implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri Sez. 5, n. 2459 del 17/04/2000. Garasto L, Rv. 216367) o una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4, n. 18795 del02/03/2017, Di lasi, Rv. 269884).
4. Ed invero, le critiche mosse dal ricorrente tendono a diversamente delineare i connotati di una condotta che in Tribunale ha correttamente effettuato analizzando gli elementi indiziari a disposizione e mostrando di aver ponderato con logicità e completezza gli stessi nella parte in cui, da un canto, ha ritenuto che alcuni fatti, rivelassero i caratteri dell'abitualità, altri, posti in essere ai danni di alcune persone offese, per la loro sporadicità, occasionalità e per li lungo tempo trascorso tra le stesse non fossero idonei ad integrare, nei confronti delle specifiche vittime ipotizzate nella contestazione provvisoria, li delitto di maltrattamenti contestati.
Generico, pertanto, si rileva il ricorso che ritiene che anche una singola condotta, talora solo omissiva, rivolta nei confronti dei soggetti esclusi dal novero delle vittime dal Tribunale del riesame sia tale da realizzare la gravità indiziaria in ordine all'ipotizzato delitto di cui all art. 5/2 c.p. senza neppure rappresentare che le vittime abbiano potuto percepire, sia pure indirettamente, le condotte maltrattanti.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso