Il nastro adesivo per non farla urlare, i calci e le coltellate, la fuga disperata di lei al buio di una zona industriale. Nell’ordinanza con cui dispone il carcere per Filippo Turetta, accusato del femminicidio di Giulia Cecchettin, la giudice Benedetta Vitolo parla di “inaudita ferocia”, di “manifesta disumanità” e di “morte per dissanguamento”.
La studentessa viene aggredita la prima volta a centocinquanta metri da casa sua, nel parcheggio di un asilo. Chiede aiuto, urla “mi fai male”. Poi viene sequestrata da Filippo e portata in un luogo isolato. Spinta da dietro mentre cerca di scappare, cade, sbatte la testa e non si muove più. Verrà trovata nella zona del lago di Barcis, in un anfratto tra le rocce a due ore da casa. I medici parlano di “plurime ferite”, forse con più armi da taglio. Dalle carte dell’inchiesta, ecco la ricostruzione della notte tra l’11 e il 12 novembre.
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La cena al Mc Donald’s con Filippo pagata da Giulia
Telecamere e pagamenti elettronici consentono di fissare alcuni dati certi. Alle 20.22 di sabato 11 novembre, secondo le ricostruzioni il giorno del femminicidio, Filippo Turetta scrive un messaggio alla madre avvisandola che cenerà fuori. Alle 21.02 viene registrato un pagamento elettronico di 17,80 euro al Mc Donald’s che si trova all’interno del centro commerciale “Nave de Vero” a Marghera. È Giulia Cecchettin a pagare, con la carta di credito del papà Gino. Alle 22.45 il cellulare della studentessa dimostra che si trova ancora a Marghera. Pochi minuti dopo, tutto cambia.