Pubblica amministrazione  -  Gabriele Gentilini  -  04/06/2023

L'In house providing nell'autorevole opinione della Corte dei Conti sezione generale per il controllo per la regione Veneto, deliberazione n.145/2023/PAR/Regione del 26 aprile 2023

la Corte dei Conti di cui all'oggetto ha di recente deliberato un parere secondo le sue facoltà consultive, una sua opinione riguardante le formalità che sono a tutt'oggi ancora disposti dal d. Lgs. 50/2016 che sarà non più vigente dal prossimo 1^ luglio e quelle che si ricavano dal d. Lgs. 36/20023, il nuovo Codice dei contratti pubblici in vigore dal 1^ aprile 2023 scorso ed efficace dal prossimo 1^ luglio, relativamente ai requisiti ed ai presupposti che riguardano l’affidamento in house providing riguardanti nello specifico l'obbligo di iscrizione del rapporto in house providing nell’elenco istituito presso ANAC (comma 1
art. 192) oltre che all'onere motivazionale rafforzato in caso di affidamento in house providing rispetto al ricorso al mercato (comma 2 art. 192) per cui "Ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime
di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.”.

L’art. 7 del D. Lgs. 36/2023 introduce il nuovo principio di auto-organizzazione amministrativa, disciplinato dai primi tre commi che riportiamo di seguito:
Articolo 7. Principio di auto-organizzazione amministrativa

1. Le pubbliche amministrazioni organizzano autonomamente l'esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso l'auto-produzione, l'esternalizzazione e la cooperazione nel rispetto della disciplina del codice e del diritto dell'Unione europea.
2. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono affidare direttamente a società in house lavori, servizi o forniture, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano per ciascun affidamento un provvedimento motivato in cui danno conto dei vantaggi per la collettività, delle connesse esternalità e della congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche. In caso di prestazioni strumentali, il provvedimento si intende sufficientemente motivato qualora dia conto dei vantaggi in termini di economicità, di celerità o di perseguimento di interessi strategici. I vantaggi di economicità possono emergere anche mediante la comparazione con gli standard di riferimento della società Consip S.p.a. e delle altre centrali di committenza, con i parametri ufficiali elaborati da altri enti regionali nazionali o esteri oppure, in mancanza, con gli standard di mercato.
3. L'affidamento in house di servizi di interesse economico generale di livello locale è disciplinato dal decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201. (...)

Si ritiene utile in ogni caso rimandare ad una lettura della delibera nell'affrontare la perdurante complessità della materia.

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Deliberazione n.145/2023/PAR/Regione

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL VENETO

Nell’adunanza del 26 aprile 2023

composta dai magistrati:

Maria Elisabetta LOCCI Presidente Relatore

Elena BRANDOLINI Consigliere Relatore

Giovanni DALLA PRIA Primo Referendario

Paola CECCONI Referendario

Daniela D’AMARO Referendario

Chiara BASSOLINO Referendario

Emanuele MIO Referendario

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VISTO l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;

VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

VISTO il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti modificato da ultimo con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229 del 19 giugno 2008 con il quale è stata istituita in ogni Regione ad autonomia ordinaria la Sezione regionale di controllo, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000;

VISTA la legge 5 giugno 2003, n. 131 recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3”, ed in particolare, l’art. 7, comma 8;

VISTI gli indirizzi e criteri generali per l'esercizio dell'attività consultiva approvati dalla Sezione delle autonomie nell'adunanza del 27 aprile 2004, come modificati e integrati dalla delibera n. 9/SEZAUT/2009/INPR del 3 luglio 2009, dalla deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 54/CONTR del 17 novembre 2010 e, da ultimo, dalla deliberazione n. 17/SEZAUT/2020 della Sezione delle autonomie;

VISTA la richiesta inoltrata dal Presidente della Regione del Veneto, acquisita al prot. C.d.c. n. 3580 del 12 aprile 2023;

VISTA l’ordinanza del Presidente n. 11/2023 di convocazione della Sezione per l’odierna seduta;

UDITI il Presidente e il Consigliere Brandolini, relatori;

ATTO

Con la nota menzionata in epigrafe il Presidente pro – tempore della Regione del Veneto, nell’ambito di un rapporto di leale collaborazione istituzionale, ai sensi dall’art. 7, comma 8 della L. 131/2003, laddove prevede la possibilità di adire la spettabile Sezione di controllo della Corte dei conti in merito a questioni attinenti la regolarità della gestione finanziaria, ed all’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, ha formulato il seguente quesito, inerente la legittimità della ipotesi di riordino e di razionalizzazione di partecipazioni societarie dirette detenute dalla Regione: Se sia conforme ai requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lett. c) TUSP (e dunque se possa ricevere affidamenti diretti, c.d. in house, ai sensi dell’art. 5, comma 2, CCP), una società partecipata in via totalitaria da – e sottoposta al controllo analogo – di una delle società cc.dd. “finanziarie regionali” ricomprese nell’elenco di cui all’all. A del TUSP partecipata in via totalitaria dall’amministrazione (regionale) aggiudicatrice e sottoposta a sua volta al suo controllo analogo e comunque realizzante oltre l’80% del proprio “fatturato”, anche consolidato, nello svolgimento delle proprie finalità istituzionali, stabilite con la legge regionale istitutiva e legate allo sviluppo dell’economia territoriale.

In punto di fatto è stato precisato quanto segue.

La Regione intende valutare la possibilità di un riordino del gruppo facente capo alla propria società finanziaria regionale (contraddistinta nella richiesta come società “A”), attraverso la concentrazione delle attività di gestione della finanza agevolata regionale in altra società (denominata in richiesta come società “B”) che, allo stato, soddisfa i requisiti per ricevere affidamenti diretti in house.

La società B verrebbe inserita all’interno del Gruppo, che dovrebbe essere controllato dalla società A, a propria volta soggetta al “controllo analogo” della Regione e verrebbe partecipata esclusivamente dalla Regione stessa.

In tal modo si eserciterebbe il “controllo analogo” anche sulla controllata destinata a ricevere affidamenti diretti in house, ovvero la società B.

Circa i compiti da assegnare nel ridisegnato assetto societario, la società B dovrebbe gestire, in via diretta e in forma accentrata e coordinata, sia gli strumenti di finanza agevolata già esistenti, che i nuovi strumenti agevolati di ingegneria finanziaria, che la Regione introdurrà a sostegno delle imprese; la medesima società dovrebbe supportare le strutture regionali attraverso l’assistenza e la consulenza tecnica in materia di gestione degli incentivi a favore delle imprese.

La società finanziaria regionale capogruppo (Società A), dovrebbe continuare a svolgere anche l’attività di finanza di mercato.

Peraltro, per portare a compimento l’operazione, posto che allo stato la società A risulta partecipata per il 51% dalla Regione del Veneto e per il restante 49% da soci privati, non corrispondendo, dunque, al modello della “in house providing”, occorrerebbe:

a. concordare l’uscita dei soci privati dalla società finanziaria regionale capogruppo (società A);

b. procedere al conferimento, da parte della Regione del Veneto, delle proprie azioni della società in house (società B) alla finanziaria regionale capogruppo (società A);

c. procedere al conferimento alla società in house (società B) del ramo d’azienda della società finanziaria regionale capogruppo (società A) afferente alla gestione degli strumenti finanziari affidatale in gestione dalla Regione;

d. optare per la concentrazione delle attività di finanza agevolata sinora svolte dalla società finanziaria capogruppo (Società A) nella società in house (società B); e. intervenire opportunamente sulle leggi istitutive delle due società, al fine di: i. consentire alla società in house (società B) il perseguimento delle nuove finalità affidatele; ii. evidenziare il rilievo pubblico di tutte le finalità (legate allo sviluppo dell’economia territoriale) perseguite dalla società finanziaria capogruppo (società A), anche per il tramite delle società da essa partecipate, vincolando la società stessa a reinvestire per tali finalità tutti gli utili eventualmente realizzati.

La Regione precisa, infine, che la società B è già in house providing, essendo partecipata al 100% dalla Regione, e come tale iscritta all’interno dell’Elenco (presso l’ANAC) delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie “società in house” ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. n. 50/2016 e che, all’esito della riorganizzazione, vedrebbe ampliate le attività esercitate, che ricomprenderanno anche la progettazione, realizzazione e gestione degli strumenti regionali di finanza agevolata.

Scopo dell’intera operazione sarebbe quello di rafforzare, nell’ambito delle proprie prerogative e in attuazione degli artt. 41 e 119 della Costituzione, il supporto al tessuto economico e sociale del proprio territorio, alla stregua di modelli oltretutto già adottati dalla prassi sia a livello regionale che statale.

In punto di diritto l’Amministrazione regionale, richiamata la definizione di controllo analogo ex art. 2, comma 1, lettera c), d.lgs. 19.8.2016, n. 175, ha precisato che la norma richiede espressamente che le società per mezzo delle quali le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare il “controllo analogo” sulle società destinatarie di affidamenti diretti c.d. in house siano a loro volta sottoposte a controllo analogo dell’amministrazione aggiudicatrice, sottolineando come detta regola sia propria anche dell’art. 5, comma 2, d.lgs. 18.4.2016, n. 50, e si ritrovi nel testo della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, all’art. 12, § 2 che, testualmente, recita «Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice».

Secondo la prospettazione della Regione, in considerazione della disciplina richiamata, una società che realizzi oltre l’80% del proprio fatturato nello svolgimento dei compiti affidatili da un ente pubblico, e sia partecipata in via totalitaria da (e sottoposta al controllo analogo di) altra società – a propria volta partecipata in via totalitaria dalla (e sottoposta al controllo analogo della) amministrazione aggiudicatrice – potrebbe ricevere affidamenti diretti c.d. in house, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 16 T.U.S.P., nonché 5 e 192 C.C.P. e, conseguentemente, essere iscritta all’Elenco delle società in house tenuto presso ANAC ex art. 192 C.C.P.

Lo schema delineato consentirebbe all’amministrazione aggiudicatrice di avere una società holding dedicata alla gestione coordinata sia delle proprie partecipazioni in società, a propria volta destinatarie di affidamenti diretti in house, sia di quelle in società aventi ad oggetto attività in pieno regime di mercato consentite dal T.U.S.P.

Ne deriverebbero evidenti opportunità di operare economie di scala e di accentrare a livello di gruppo, servizi e funzioni aziendali (quindi una conseguente razionalizzazione delle partecipate secondo i principi di economicità, efficacia ed efficienza richiamati dal T.U.S.P.) permettendone l’erogazione secondo schemi e modelli tipici dell’economia di mercato e “leggibili” dai suoi operatori (istituti di credito, società di consulenza e di revisione, ecc.), per ciò stesso ulteriormente migliorandone anche la trasparenza (nel senso che essa sarebbe garantita appunto nelle modalità – revisione contabile, princìpi di determinazione dei corrispettivi dei servizi intercompany ecc. – più familiari agli operatori del mercato); il tutto senza peraltro che ciò comportasse necessariamente l’interruzione della catena del “controllo analogo” in direzione delle società assegnatarie degli affidamenti in house.

Sempre ad avviso dell’amministrazione regionale, tali considerazioni assumerebbero maggior rilievo nell’ipotesi in cui la società controllante rientri tra le cc.dd. società finanziarie regionali, in ragione della disposizione del secondo comma dell’art. 26 T.U.S.P. laddove prevede che l’articolo 4 del medesimo testo normativo (che fissa il perimetro delle attività che possono formare l’oggetto delle società in mano pubblica, ai commi 1 e 2, e delle società in house providing, al comma 4) non è applicabile alle società elencate nell’allegato A, nonché alle società aventi come oggetto sociale esclusivo la gestione di fondi europei per conto dello Stato o delle regioni, ovvero la realizzazione di progetti di ricerca finanziati dalle istituzioni dell’Unione europea.

Pertanto, se si dovesse ritenere che i compiti affidati dall’ente pubblico socio debbano essere ricompresi, normalmente, fra quelli di cui al ridetto quarto comma dell’art. 4 T.U.S.P., andrebbe comunque considerato che la disposizione non andrebbe applicata alle società ricomprese nell’elenco di cui all’All. A del T.U.S.P., incluse le “finanziarie regionali”, per le quali i compiti affidati dall’ente pubblico dovrebbero poter includere, in buona sostanza, tutti quelli fissati dal perimetro dell’oggetto sociale in coerenza con la legge istitutiva della singola finanziaria regionale.

Per conseguenza, il cd. fatturato della “finanziaria regionale” dovrebbe poter includere i dividendi e gli altri eventuali proventi tratti dalle partecipazioni detenute, sia in società in house che in società operanti sul mercato in altri ambiti, comunque ricompresi fra le finalità fissate dalla legge istitutiva, e senza finalità speculative, giacché tutti realizzati nello svolgimento del peculiare compito affidato dall’ente pubblico socio (quello appunto scolpito nella legge istitutiva regionale, relativo allo sviluppo del tessuto economico territoriale, e reso ancor più evidente dall’obbligo, ivi stabilito e ribadito anche nel relativo statuto, di reinvestire nello svolgimento delle attività istituzionali della finanziaria regionale l’intero reddito da essa generato).

Nel rimarcare il particolare interesse che il quesito posto riveste ai fini della buona, efficiente e trasparente conduzione delle attività dell’amministrazione, la Regione del Veneto ha chiesto di voler fornire un parere in merito alla descritta prospettazione, evidenziando altresì che, in ordine a tale fattispecie, si è positivamente espressa ANAC con parere del 21 febbraio 2023, allegato alla richiesta.

DIRITTO

I. Come traspare dalla narrativa del fatto l’Amministrazione regionale del Veneto ha formulato apposito quesito ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, nella parte in cui dispone che “le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa”.

La norma prosegue offrendo la possibilità, sempre alle Regioni, di ricevere pareri in materia di contabilità pubblica ed in tal senso pare muoversi l’Amministrazione regionale nella parte finale del quesito, laddove chiede di voler fornire cortese parere in merito alla prospettazione sopra esplicitata.

Nell’esaminare il quesito proposto, nel caso, dalla Regione del Veneto, va rilevato che per un verso, essendo prospettato come operazione di razionalizzazione e riordino societario di carattere generale, parrebbe, prima facie, rientrare nelle ulteriori forme di collaborazione dirette a perseguire una migliore efficienza dell’azione amministrativa; per altro verso, tuttavia, esso inerisce all’attività consultiva in senso proprio, avendo la Regione formulato un quesito specifico, in punto di diritto, in materia ascrivibile alla contabilità pubblica.

Vi è da premettere che mentre la Corte è intervenuta plurime volte, anche con pronunce promananti dagli Organi nomofilattici, per delineare e definire gli ambiti, soggettivo ed oggettivo, indispensabili per il rilascio di pareri nella materia della contabilità pubblica, le altre forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, risultano poco approfondite sia dalla giurisprudenza contabile che dalla dottrina, complice anche una dizione normativa che non si è premurata di meglio specificare i tempi e i modi dell’esercizio della facoltà in esame.

Ritiene pertanto la Sezione che, nel caso di specie, si imponga una preliminare valutazione della richiesta al fine del suo corretto inquadramento nel novero delle possibilità offerte dall’art. 8 della legge n. 131/2003 unitamente alla enucleazione della linee di fondo che sovrintendono alle altre forme di collaborazione di cui al disposto normativo, alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza contabile e tenuto conto del tenore letterale dell’art. 7 comma 8 della legge n. 131/2003 e del suo inquadramento sistematico.

I.1. Va premesso, quanto alle “ulteriori forme di collaborazione” che possono essere richieste alle Sezioni regionali di controllo di questa Corte ai sensi della l. n. 131/2003 che le stesse, al pari delle altre funzioni di controllo ivi contemplate, “sono "esclusivamente" finalizzate ad ottimizzare l'azione amministrativa, attraverso la segnalazione agli organi collegiali elettivi di eventuali anomalie o disfunzioni gestionali, ed al suggerimento delle eventuali misure da adottare nella loro piena autonomia".

Che, quindi, si tratti di attività da svolgersi in maniera autonoma, e affatto differente dall’attività consulenziale in materia di pareri, è aspetto che traspare da diverse pronunce che si sono occupate, quantunque incidenter tantum, della facoltà in questione, sostenendo, in estrema sintesi, quanto segue:

La Sezione regionale di controllo per la Regione Lombardia ha esaminato a più riprese, seppure nell’ambito di pronunce relative a richieste di parere nella materia della contabilità pubblica, le altre forme di collaborazione, precisando, in diverse occasioni: che la funzione di cui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa; che i pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (deliberazioni 11 febbraio 2009, n. 36 e 8 novembre 2011 n. 570).

Ha, inoltre, precisato che le amministrazioni regionali, provinciali e comunali, possono rivolgere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti due diverse tipologie di richieste: Da un lato, possono domandare l’intervento della magistratura contabile al fine di ottenere forme di “collaborazione”, non specificate dalla legge, dirette ad assicurare la regolare gestione finanziaria dell’ente ovvero l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa. Dall’altro possono richiedere pareri in materia di contabilità pubblica (deliberazione del 12 marzo 2007, n. 9 richiamata dalla delib. n. 195/2009/PAR, cit.), sottolineando ulteriormente che la funzione consultiva, che nei primi anni di applicazione della legge è stata la principale forma di collaborazione attivata dalle amministrazioni locali, non esaurisce, quindi, la possibilità d’intervento delle Sezioni regionali della Corte dei conti, in seguito a specifiche richieste degli enti territoriali. Anzi, in base alla formulazione della norma non sembrerebbe neppure essere la principale forma di collaborazione, poiché nella prima parte del comma 8 dell’art. 7 è chiaramente specificato che gli enti territoriali possono domandare alle Sezioni regionali della magistratura contabile “ulteriori forme di collaborazione”, con l’unico limite della finalizzazione alla regolare gestione finanziaria dell’ente ed allo svolgimento della azione amministrativa secondo i parametri dell’efficienza e dell’efficacia.

In linea con le argomentazioni sopraesposte, la Sezione Lombardia (deliberazione 03/04/2008, n. 20) ha ritenuto che l'avvio di un percorso congiunto di approfondimento per sviluppare nuove regole contabili attraverso il consolidamento dei bilanci regionali e l'individuazione di criteri per la gestione ottimale dei residui passivi perenti ben può rientrare fra le "ulteriori forme di collaborazione" che Regioni ed enti locali possono richiedere alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa, ai sensi dell'art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003.

Con la delibera n. 54/2010/QMIG le Sezioni riunite, nell’esaminare e delineare, come detto, l’attività consulenziale relativa all’emissione di pareri, hanno puntualizzato che la disposizione in questione (art. 7 comma 8 legge 131/2003) conferisce alla Sezioni regionali di controllo non già una funzione di consulenza di portata generale, bensì limitata alla “materia di contabilità pubblica”. Cosicché la funzione di che trattasi risulta, anche, più circoscritta rispetto alle “ulteriori forme di collaborazione”, di cui la medesima succitata disposizione fa menzione, che gli Enti territoriali possono richiedere “ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

Da ultimo le stesse Sezioni riunite in sede consultiva (deliberazione 5/2021 CONS resa nell’adunanza del 29 novembre 2021, e relativo parere in merito al DDL S. 2185 recante “Modifiche alla disciplina relativa alla Corte dei conti a tutela del corretto riavvio del Paese”), hanno osservato che nell’ottica della razionalizzazione e della semplificazione a fini di maggiore efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, l’attuale sistema consente agli Enti territoriali di avvalersi della facoltà agli stessi già riconosciuta dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003 di richiedere “ulteriori forme di collaborazione alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa”: facoltà che l’attuale quadro ordinamentale riconosce a tutti i livelli di Governo (è anche contemplato nell’art. 22 del d.l. 76/2020 sul controllo concomitante) e che presenta confini molto più ampi della funzione consultiva e del controllo preventivo e si colloca all’interno del rapporto di ausiliarietà che connota il controllo gestionale, anche concomitante (ossia in corso di gestione).

Per tale via si sono pronunciate per l’eliminazione della previsione che introduce il cd. “controllo preventivo facoltativo” su attivazione delle Regioni e degli enti locali, già in precedenza esaminato negativamente dalle Sezioni riunite in sede consultiva (deliberazione n. 1/2020/CONS), attesi i profili di dubbia costituzionalità in precedenza rappresentati nonché i maggiori oneri per la finanza pubblica conseguenti alla necessaria riorganizzazione in senso ampliativo degli Uffici della Corte a fronte di istituti già previsti dall’attuale quadro normativo che contemplano la possibilità per detti enti di richiedere ulteriori forme di collaborazione alla Corte ai fini della regolare gestione finanziaria e dell'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa.

Va, in ultimo, specificato che le ulteriori forme di collaborazione hanno trovato esplicazione, nel decennio successivo alla riforma costituzionale del Titolo V, in convenzioni tra Regioni e Sezioni regionali di controllo dirette, sostanzialmente: a regolare le richiesta di pareri che gli enti locali, attraverso il Consiglio delle autonomie, sottopongono alla sezione regionale di controllo; alla programmazione dell’attività delle sezioni regionali, rispetto alle quali i consigli delle autonomie possono indicare profili di gestione da inserire; all’attività di relazione che la Sezione deve svolgere al consiglio delle autonomie stesso in seguito ai controlli effettuati (convenzione Regione Toscana, stipulata nel 2006, Valle d’Aosta stipulata nel 2012, e Emilia-Romagna, due convenzioni stipulate rispettivamente nel 2007 e nel 2010, rinvenibili sul sito web della Corte).

Nell’approfondimento della natura e dell’ambito della funzione, indirizzati al suo corretto esercizio, assumono, quindi, rilievo i seguenti elementi:

a) l’attribuzione si colloca nel seno della riforma dell’ordinamento avvenuta con Legge costituzionale n. 3/2001, che ha radicalmente modificato il titolo V della Costituzione, prevedendo l’equiordinazione degli enti territoriali allo Stato (art. 114 Cost.), con l’abrogazione di ogni forma di controllo amministrativo esterno sulle Regioni (art. 125 Cost.), sulle Province e sui Comuni (art. 130 Cost.);

b) pertanto, il legislatore ha stabilito che gli enti territoriali possano avvalersi dell’ausilio della Corte dei conti che mantiene la sua qualifica di organo magistratuale e garante imparziale nell’interesse dello Stato-comunità (Corte cost. 12–27 gennaio 1995, n. 29), e di tutti gli enti che costituiscono la Repubblica (Corte cost. 11 ottobre–9 novembre 2005, n. 417);

c) le funzioni assegnate (consultiva e le altre forme di collaborazione) rispondono, entrambe, alla necessità che lo svolgimento dell’attività degli enti territoriali avvenga secondo il principio di legalità e, soprattutto, di legalità finanziaria, in rispondenza ai principi di buona amministrazione canonizzati nell’art. 97 della Costituzione;

d) pur differenziandosi nelle modalità di esercizio (per le altre forme di collaborazione non è stata prevista una puntuale disciplina idonea a dettarne i modi e tempi di proposizione), rispondono entrambe ad esigenze comuni e sono caratterizzate da limiti, parimenti comuni, derivati dall’essere la funzione assegnata alla Corte dei conti di natura magistratuale e, dunque, dovendo porsi in condizioni di terzietà e alterità rispetto all’amministrazione richiedente, non potendo dare adito a forme di cogestione o coamministrazione, fornendo pertanto ausilio a scelte che sono, e devono rimanere, proprie dell’azione amministrativa.

In ragione delle considerazioni che precedono, ferma restando la legittimazione soggettiva ad attivare le altre forme di collaborazione in capo agli enti che la giurisprudenza contabile ha puntualmente individuato (in sintesi, la richiesta deve essere formulata dall’organo politico di vertice e rappresentante legale degli Enti legittimati alla richiesta, Regione, Provincia, Comune), qualche ulteriore precisazione si impone in relazione ai limiti oggettivi della facoltà, dovendo questa essere incentrata su questioni attinenti la regolarità della gestione finanziaria, ed all’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

Pur essendo facoltà che presenta confini molto più ampi della funzione consultiva e del controllo preventivo e si colloca all’interno del rapporto di ausiliarietà che connota il controllo gestionale, come riconosciuto dalle SSRR della Corte, l’ausilio della Sezione regionale di controllo non può travalicare, per un verso, l’ambito delle materie delineate dalla norma e, per altro verso, il complesso delle funzioni esercitabili che discendono dalla posizione di terzietà e di neutralità di cui si è già detto.

Pertanto, ritiene il Collegio che l’attività conseguente all’esercizio della facoltà in esame, seppur non astretta alla nozione di contabilità pubblica cd. “strumentale alla funzione consultiva” come delineata in sede nomofilattica (cfr., da ultimo Sezione delle autonomie, deliberazione n. 9/2022/QMIG che ha ulteriormente ribadito che “l’ampliamento “dinamico” della nozione di contabilità pubblica non inerisce alle materie in sé considerate, quanto piuttosto alle specifiche questioni che, nell’ambito di tali materie, possono sorgere in relazione all’interpretazione di quelle norme di coordinamento della finanza pubblica che pongono limiti e divieti strumentali al raggiungimento degli specifici obiettivi di contenimento della spesa”), debba comunque riguardare la regolarità della gestione finanziaria o, ancora, l’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa intese, queste ultime, come il rapporto tra quantità\qualità dei servizi erogati e quantità\qualità delle risorse impiegate (efficienza), ovvero quale capacità di raggiungere pienamente l’obiettivo, in un tempo ragionevole, rispetto alla sua programmazione (efficacia).

Inoltre, va considerato che essa si colloca, come da ultimo precisato dalle SSRR all’interno del rapporto di ausiliarietà che connota il controllo gestionale e dovrebbe presupporre, per tale profilo, un “percorso”, concordato, di verifica e di controllo di gestioni in corso di svolgimento ovvero di criteri, da stabilirsi a monte, idonei a meglio indirizzare l’azione amministrativa al raggiungimento degli obiettivi prestabiliti.

Permane, peraltro, in ossequio alla terzietà e neutralità dell’organo chiamato in ausilio, il divieto di una effettiva commistione e cogestione delle funzioni o dell’affare, con delineazione di attività e criteri di natura generale e astratta.

Per contro, ritiene il Collegio che non possa trovare ingresso una richiesta di forme di ulteriore collaborazione laddove essa si concretizzi nella formulazione di uno specifico parere, di natura preventiva, non attinente alla materia di contabilità pubblica, ancorché connesso all’efficienza/efficacia dell’azione amministrativa, allo stato non contemplato dall’ordinamento.

I.2. Alla luce delle considerazioni che precedono, la richiesta presentata dalla Regione del Veneto non può ascriversi alle ulteriori forme di collaborazione, ma deve essere valorizzata come parere in materia di contabilità pubblica, cui consegue l’esame della sussistenza dei presupposti individuati dalla giurisprudenza contabile ai fini dell’ammissibilità di richieste di tale natura.

Al riguardo, va ricordato che la Regione del Veneto ha formulato il seguente quesito: se sia conforme ai requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lett. c) TUSP (e dunque se possa ricevere affidamenti diretti, c.d. in house, ai sensi dell’art. 5, comma 2, CCP), una società partecipata in via totalitaria da – e sottoposta al controllo analogo – di una delle società cc.dd. “finanziarie regionali” ricomprese nell’elenco di cui all’all. A del TUSP partecipata in via totalitaria dall’amministrazione (regionale) aggiudicatrice e sottoposta a sua volta al suo controllo analogo e comunque realizzante oltre l’80% del proprio “fatturato”, anche consolidato, nello svolgimento delle proprie finalità istituzionali, stabilite con la legge regionale istitutiva e legate allo sviluppo dell’economia territoriale.

Ferma restando l’ammissibilità per il profilo soggettivo, la richiesta di parere è da considerare ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, in ragione dell’aderenza delle tematiche al concetto di contabilità pubblica, secondo i criteri indicati dalla Corte dei Conti attraverso l’atto di indirizzo approvato dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004, in seguito integrato con le deliberazioni n. 5/AUT/2006, n. 9/SEZAUT/2009/INPR, n. 3/SEZAUT/2014/QMIG, n. 24/SEZAUT/2019/QMIG, n. 11/SEZAUT/2020/QMIG, n. 17/SEZAUT/2020/QMIG, n. 1/SEZAUT/2021/QMIG, n. 5/SEZAUT/2022/QMIG e n. 9/SEZAUT/2022/QMIG nonché dalle Sezioni Riunite in sede di Controllo. Queste ultime, intervenute sulla questione nell’esercizio della funzione di orientamento generale assegnata dall’art. 17, comma 31, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, con la deliberazione n. 54/CONTR/2010 che ha precisato la nozione di contabilità pubblica cd. “strumentale alla funzione consultiva”, che deve essere interpretata in termini strettamente tecnici non potendosi, la stessa, ampliare a tal punto da ricomprendere qualsivoglia attività degli Enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria, comportando, direttamente o indirettamente, una spesa.

Il quesito posto all’attenzione della Sezione, infatti, inerisce all’interpretazione di disposizione afferenti al contenimento della spesa a carico dell’amministrazione regionale, conseguenti al riordino societario. Inoltre, lo stesso ha, all’evidenza, rilevanza generale e astratta, non concernendo fatti gestionali specifici ma ambiti e oggetti di portata generale, non implicando valutazioni di comportamenti amministrativi, di fatti già compiuti o di provvedimenti formalmente adottati ma non ancora eseguiti. Né, per come formulato, il quesito può essere oggetto di esame da parte di altri Organi o creare interferenza con altre funzioni svolte dalla magistratura contabile o da altra magistratura.

Vi è, infine, da osservare e precisare che, sebbene la richiesta di parere sia, di norma, originata da un’esigenza gestionale dell’Amministrazione, la stessa deve essere finalizzata ad ottenere indicazioni sulla corretta interpretazione di principi, norme ed istituti riguardanti la contabilità pubblica, non potendosi, nell’ambito della funzione consultiva, esprimere un vaglio preventivo di stretta legittimità degli atti che l’Amministrazione richiedente intende adottare. Conseguentemente, con il presente parere la Sezione si esprimerà, in via generale e astratta, fornendo un’interpretazione sulla normativa richiamata nella richiesta.

I.2.1. Sul merito

Nell’esaminare il merito della questione va premesso che questa Sezione ha avuto modo di pronunciarsi su simile fattispecie (nel caso si trattava di acquisizione di quota di partecipazione indiretta ad opera di un Comune finalizzata alla costruzione di una in house a cascata) con deliberazione n. 182/2021/PAR.

In tale occasione è stata ricostruita la disciplina degli affidamenti in house dettata con il TUSP, in coordinamento con quella precedentemente introdotta dal Codice dei contratti pubblici, a sua volta adottata in attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. In particolare, è stato affermato quanto segue:

a) le condizioni affinché un’amministrazione aggiudicatrice (o un ente aggiudicatore) possa affidare un appalto o una concessione mediante l’istituto dell’in house - e, dunque, in via diretta, senza ricorrere alle procedure ad evidenza pubblica - sono puntualmente disciplinate dalla suddetta normativa di riferimento e, in sintesi, sono:

    a) l'amministrazione aggiudicatrice deve esercitare sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando, dunque, un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative;

    b) oltre l'80 per cento delle attività del soggetto affidatario deve essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad esso affidati dall'amministrazione controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi;

   c) nel soggetto affidatario non vi deve essere alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

Sono state, inoltre, specificate le varie tipologie di “in house”, quali delineate dal Codice dei contratti pubblici e dal TUSP, ovvero: l’in house cd. frazionato o pluripartecipato; l’in house cd. invertito o capovolto; l’in house orizzontale; l’in house cd. a cascata o indiretto.

Per tale ultima ipotesi, che si configura qualora il controllo sia esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore (l’amministrazione aggiudicatrice esercita il controllo analogo su un ente che a sua volta controlla l’organismo in house cui viene concesso l’affidamento diretto da parte dell’amministrazione), è stato segnalato che le Linee Guida ANAC n. 7, adottate in attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per l’iscrizione nell’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall’art. 192 del d.lgs. 50/2016, precisano, al paragrafo 6.3.5, che in caso di in house a cascata, l’Autorità verifica la sussistenza del controllo analogo dell’Amministrazione A sulla società B e della società B sulla società C al fine di consentire l’iscrizione nell’Elenco di A come amministrazione che concede affidamenti diretti alla società C.

Nel completare la ricostruzione del quadro normativo dettante le condizioni affinché un’amministrazione aggiudicatrice (o un ente aggiudicatore) possa affidare un appalto o una concessione mediante l’istituto dell’in house è stato, altresì, evidenziato:

a) che l’art. 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici subordina l’affidamento in house alla previa valutazione “sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione” e all’indicazione “nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”;

b) che avverso tale disposizione è stato proposto ricorso innanzi alla Corte costituzionale che, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale del suddetto art. 192, ha rilevato che “una linea restrittiva del ricorso all’affidamento diretto … è costante nel nostro ordinamento da oltre dieci anni, e … costituisce la risposta all’abuso di tale istituto da parte delle amministrazioni nazionali e locali …”. Inoltre, sottolinea la Corte che l’art. 5, comma 1, del TUSP, “manifesta la stessa cautela verso la costituzione e l’acquisto di partecipazioni di società pubbliche (comprese quelle in house), prevedendo, nella sua versione attuale, che "l’atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica ... deve essere analiticamente motivato ..., evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato" (sentenza 27 maggio 2020, n. 100). Anche la Corte di Giustizia si è pronunciata favorevolmente sulla compatibilità della disciplina nazionale con il diritto euro-unitario (sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e C-91/19);

c) che, alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa nell’attuale quadro normativo l’amministrazione aggiudicatrice che intenda ricorrere all’affidamento diretto deve adempiere ad un onere motivazionale rafforzato, che consenta un “penetrante controllo della scelta effettuata … anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche” (Cons. Stato, comm. spec., parere 1° aprile 2016, n. 464), in particolare consistente (Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8028; sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257):

a) nell’esporre le ragioni di preferenza per l’affidamento in house rispetto al ricorso all’evidenza pubblica in punto di convenienza economica, di efficienza e qualità del servizio, così dando “dimostrazione della ragionevolezza economica della scelta compiuta” (Cons. Stato, sez. consultiva atti normativi, parere n. 774 del 29 marzo 2017) e rendendo note le ragioni dell’esclusione del ricorso al mercato;

b) nell’esplicitare i benefici per la collettività derivanti da tale forma di affidamento, in tal modo esplicitando la finalizzazione dell’istituto al perseguimento di obiettivi di carattere latamente sociale, percepibili al di fuori della dimensione meramente organizzativa dell’Amministrazione (Cons. Stato, sez. III, 12 marzo 2021, n. 2102). In particolare, “con specifico riferimento alla prospettiva economica, si richiede all’amministrazione di valutare la convenienza dell’affidamento del servizio secondo lo schema dell’in house rispetto all’alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio, al fine di dimostrare che quello fornito dalla società in house è il più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 novembre 2018, n. 6456, secondo cui “è onere dell’autorità amministrativa affidante quello di rendere comunque comparabili i dati su cui il confronto viene svolto”, con necessaria allegazione di “dati di dettaglio”)” (Cons. Stato, sez. IV, 15 luglio 2021, n. 5351).

Rispetto all’assetto di principi delineati dalla Sezione, il quesito formulato dalla Regione del Veneto presenta taluni aspetti peculiari che si vanno ad illustrare.

Secondo la prospettazione della Regione, in primo luogo, la società controllante (società A), in quanto società finanziaria, sarebbe esclusa dall’applicazione dell’articolo 4 del TUSP, in forza del comma 2 dell’art. 26 del medesimo testo normativo.

Inoltre, qualora si dovesse ritenere operante il limite dell'80 per cento delle attività del soggetto affidatario, da effettuarsi nello svolgimento dei compiti ad esso affidati dall'amministrazione controllante, o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi, per la finanziaria regionale (sempre società A) non potrebbe parlarsi di affidamento specifico dell’ente socio, ma la percentuale andrebbe valutata con riferimento a tutti i compiti fissati dal perimetro dell’oggetto sociale in coerenza con la legge istitutiva (ancora da adottarsi) della stessa.

Al riguardo, la Sezione osserva che, qualora la società finanziaria della Regione svolga l’attività di intermediazione finanziaria con iscrizione all’Albo di cui all’art. 106 del D.Lgs. 01.09.1993 n. 385 e debba concorrere, in attuazioni dei piani, programmi ed indirizzi della Regione, allo sviluppo economico e sociale del territorio, dovrebbe opportunamente ricevere dalla Regione medesima, mediante affidamento diretto, proceduto da analisi di congruità, gli incarichi relativi alle attività da svolgere, assicurandosi che gli incarichi così assegnati coprano oltre l’ottanta per cento del fatturato societario (si vedano, in proposito, tra le finanziarie regionali ad oggi istituite, lo Statuto e le norme dettate per la S.F.I.R.S., finanziaria della Regione Sardegna, per Finpiemonte s.p.a., finanziaria della Regione Piemonte e, infine, per Finlombarda, finanziaria della Regione Lombardia, tutte in house 100%).

Per tale via, la società finanziaria regionale non sarebbe soggetta ai vincoli di scopo e attività di cui al TUSP (in linea con il parere del 21 febbraio 2023, espresso dall’ANAC e allegato alla richiesta).

Peraltro, per la ulteriore fase discendente (per seguire il quesito della Regione, il passaggio dalla società A alla società B della gestione di strumenti finanziari o di altra natura) si impongono alcune considerazioni, sia in ragione della Comunicazione 2016/C 276/01 della Commissione UE, recante “Orientamenti per gli Stati membri sui criteri di selezione degli organismi che attuano strumenti finanziari”, sia alla luce della giurisprudenza formatasi in materia di affidamenti a società in house, più sopra succintamente riportata, ed esaminata da questa Sezione all’atto della adozione della deliberazione n. 182/2021/PAR.

Mette pertanto conto di evidenziare, in primo luogo, come la Comunicazione abbia espressamente escluso il processo concorrenziale solo per l’ipotesi di affidamento, da parte di autorità di gestione, di mandati riguardanti la gestione degli strumenti finanziari direttamente con l'istituzione finanziaria internazionale di cui sia membro lo Stato membro a condizione che i compiti affidati rientrino nella missione statutaria dell'istituzione (conclusioni di cui al punto 3.4).

Per ciò che attiene alla aggiudicazione in house (punto 3.5), la Commissione ha esplicitato le Condizioni per l'aggiudicazione alle entità in house in seguito al recepimento della direttiva 2014/24/UE (articolo 12 della direttiva 2014/24/UE) o dopo il 18 aprile 2016, esaminando, partitamente, i seguenti aspetti:

a) la condizione riguardante la proprietà dell’entità in house (punto 3.5.2.1.), escludendo la partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto …..e ritenendo non necessario che l'amministrazione aggiudicatrice che si avvalga dei servizi di un'entità in house detenga azioni in detta entità, a condizione che l'entità sia al 100 % di proprietà pubblica, che essa controlli l'entità in house e che siano soddisfatti i criteri di attività ;

b) la condizione relativa al controllo della amministrazione aggiudicatrice sulle entità in house (punto 3.5.2.2.) ribadendo la necessità del controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi e stabilendo, in sintesi, che tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione aggiudicatrice. Ha, inoltre, precisato che salvo i casi di controllo congiunto, l'aggiudicazione diretta degli appalti pubblici è altresì possibile quando una persona giuridica controllata che è un'amministrazione aggiudicatrice aggiudica un appalto alla propria amministrazione aggiudicatrice controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla stessa amministrazione aggiudicatrice, a condizione che nella persona giuridica alla quale viene aggiudicato l'appalto pubblico non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata (v. articolo 12, paragrafo 2, della direttiva);

c) la condizione relativa all’attività svolta per le amministrazioni aggiudicatrici di controllo (punto 3.5.2.3.), per la quale la persona giuridica controllata è tenuta a realizzare più dell'80 % delle attività per lo svolgimento dei compiti a essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice di controllo o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice, a prescindere dal beneficiario dell'esecuzione dell'appalto. Peraltro, se un'autorità di gestione o un organismo intermedio designa un'entità in house quale organismo che attua il fondo di fondi e tale entità è un'amministrazione aggiudicatrice in forza della direttiva applicabile in materia di appalti pubblici, nel selezionare gli intermediari finanziari essa è tenuta a rispettare le norme e i principi sugli appalti pubblici. Inoltre, a norma dell'articolo 7, paragrafo 3, del reg. del., la selezione deve rispettare gli obblighi specifici previsti da tale disposizione (cfr. sezione 3.7).

Sulla scorta di tale esame la Commissione giunge alla seguente conclusione: un'autorità di gestione, un organismo intermedio o un organismo che attua un fondo di fondi che è un'amministrazione aggiudicatrice può concludere contratti per l'attuazione degli strumenti finanziari direttamente con entità in house, a condizione che siano rispettati gli obblighi di cui all'articolo 12, della direttiva 2014/24/UE. La selezione degli intermediari finanziari da parte di entità in house deve rispettare le norme e i principi in materia di appalti pubblici qualora le entità in house siano esse stesse amministrazioni aggiudicatrici.

Ad avviso della Sezione, dunque, tenuto conto di quanto osservato dalla Commissione e dell’attuale assetto ordinamentale, la circostanza che la società finanziaria regionale non sia soggetta ai vincoli di scopo e attività di cui al TUSP, non comporta che essa possa affidare in via automatica la gestione di strumenti finanziari alla propria controllata (società B) ma, in quanto amministrazione aggiudicatrice, dovrà valutare la convenienza dell’affidamento del servizio secondo lo schema dell’in house rispetto all’alternativa costituita dal ricorso al mercato, adempiendo ad un onere motivazionale che consenta di enucleare le ragioni per cui il servizio, per come offerto dalla società in house, sia il più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 luglio 2021, n. 5351).

Un’ulteriore considerazione si impone in ragione dell’emanazione del nuovo codice dei contratti che ha previsto l’abrogazione, a decorrere dal 1° luglio 2023, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (cfr. D.Lgs. 31/03/2023, n. 36, recante Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici, art. 226, comma 1).

Il nuovo CCP, difatti, sembra recare delle aperture all’affidamento in house di lavori e servizi all’art. 7, denominato Principio di auto-organizzazione amministrativa, in vigore dal 1° aprile 2023, laddove dispone che Le pubbliche amministrazioni organizzano autonomamente l'esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso l'auto-produzione, l'esternalizzazione e la cooperazione nel rispetto della disciplina del codice e del diritto dell'Unione europea (comma 1) e che Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono affidare direttamente a società in house lavori, servizi o forniture, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 (comma 2).

Fatti salvi i casi di esclusione dall’applicazione del Codice di cui al comma 4 dell’art. 7 (per la quale devono concorrere le seguenti condizioni della cooperazione: 

a) interviene esclusivamente tra due o più stazioni appaltanti o enti concedenti, anche con competenze diverse;

b) garantisce la effettiva partecipazione di tutte le parti allo svolgimento di compiti funzionali all'attività di interesse comune, in un'ottica esclusivamente collaborativa e senza alcun rapporto sinallagmatico tra prestazioni;

c) determina una convergenza sinergica su attività di interesse comune, pur nella eventuale diversità del fine perseguito da ciascuna amministrazione, purché l'accordo non tenda a realizzare la missione istituzionale di una sola delle amministrazioni aderenti;

d) le stazioni appaltanti o gli enti concedenti partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione), il richiamo contenuto nel comma 2 dell’art. 7 ai principi espressi dagli articoli 1, 2 e 3 dell’articolato normativo, induce il Collegio a ritenere che rimanga fermo l’onere motivazionale di cui si è detto, senza che possa procedersi, anche nel novellato regime, ad un affidamento diretto tout court.

Difatti, mette conto di sottolineare che i principi di cui viene chiesta l’applicazione riguardano: il risultato (nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza, che rappresenta lo strumento per conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti) ai sensi dell’art. 1; la fiducia nell'azione legittima, trasparente e corretta dell'amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici (art. 2) e, infine, l'accesso al mercato, con l’onere, in capo alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di favorire, secondo le modalità indicate dal codice, l'accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità.

A ciò si accompagna l’obbligo informativo contenuto nell’art. 23 del nuovo CCP, posto che il comma 5 della norma prevede che l'ANAC individua le informazioni che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti sono tenuti a trasmettere alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici …….e che tale obbligo sussiste anche in ipotesi di affidamenti diretti a società in house di cui all'articolo 7, comma 2.

Conclusivamente, dunque, anche nella novella legislativa rimane ferma la protezione, in senso ampio, del valore della concorrenza, la cui tutela è riservata, dall’art. 117, lettera e) della Costituzione, alla legislazione esclusiva dello Stato, fermi restando gli obblighi, gravanti sullo Stato medesimo, di recepimento ed applicazione della normativa comunitaria.

P.Q.M.

La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per il Veneto si pronuncia nel merito nei termini di cui in motivazione.

Copia della presente delibera sarà trasmessa, a cura del Direttore della Segreteria, al Presidente della Regione del Veneto ed alla Segreteria della Giunta regionale, Direzione Affari Legislativi. Così deliberato in Venezia, nella Camera di consiglio del 26 aprile 2023.

I relatori Il Presidente

f.to digitalmente Maria Elisabetta Locci f.to digitalmente Maria Elisabetta Locci

f.to digitalmente Elena Brandolini

Depositata in Segreteria il 03 maggio 2023

IL DIRETTORE DI SEGRETERIA

f.to digitalmente Letizia Rossini


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