Siamo dinanzi ad una nuova stagione totalitaria, paternalista, perbenista, profondamente ipocrita. Il legislatore sembra aver trovato la chiave per risolvere qualsiasi emergenza, o presunta tale. Prima la fa diventare emergenza mediatica, anche se i numeri non la giustificano, poi interviene d'imperio per imporre la propria weltanschauung.
E' accaduto per la responsabilità medica: sventolando, arbitrariamente, la bandiera effimera della medicina difensiva, invenzione fondata su uno studio inesistente, ha fatto credere all'opinione pubblica e pure ai sanitari che fosse necessaria, a breve distanza dalla prima riforma, una seconda. Ha promesso ai medici vantaggi -incostituzionali- ma ha peggiorato la loro condizione dinanzi al diritto, balbettando regole delle quali non conosce il significato e ponendo medici e pazienti gli uni contro gli altri. A tacitare soggettivismi e presunti abusi nell'interpretazione delle regole tecniche ha partorito le linee guida di stato, immaginando una medicina di regime, contribuendo ad un sistema che aumenterà a dismisura il contenzioso, inasprirà i già difficili rapporti tra medici e pazienti, e sarà responsabile di una nuova pericolosa medicina difensiva di Stato.
Passata la campagna mediatica che ha visto improvvidamente unite le sigle sindacali alle compagnie di assicurazione in un inno immotivato alla bontà della riforma, ora anche i medici più attenti si sentono traditi e comprendono che hanno sostenuto una manovra anche ai loro danni. Invero, per vincere la variabilità delle interpretazioni medico legali il legislatore ha immaginato una schiera di consulenti tecnici d'ufficio di secondo livello, quelli che accetteranno di fare da consulenti per un compenso -così come previsto- da loro stessi definito irrisorio; chi è capace non gradirà di essere sottopagato per verificare, in contenzioso, se un collega abbia violato le nuove regole di Stato, e così accadrà per i consulenti di provata abilità, che continueranno a fare, invece ben compensati, le loro ricche consulenze di prima, a tutto vantaggio di una medicina di Stato sterilizzata dalla qualità e in virata verso il basso ma...pur sempre ben controllata dall'alto. Poco importa se tale scelta violi l'indipendenza della ricerca scientifica ghettizzandola attraverso i controlli di regime per renderla compatibile con il grande disegno del legislatore di turno. Quello che conta è limitare l'autonomia dei medici, tacitare, moderare le reazioni dei pazienti danneggiati.
Stesso metro per la lotta ai non vaccinati: alcun investimento in cultura, in favore del consolidamento di un rapporto, quello con le istituzioni, che troppi anni di scellerate e melliflue combine hanno sgretolato; alcun passo indietro per prima educare, convincere, curare, semmai un passo avanti contro l'autonomia delle scelte, e sempre nel senso della salute di Stato, che fa l'eco al periglioso “diritto di curare” anche contro la volontà. Non per nulla un tanto accade in uno Stato che dubita del dignitoso diritto a non essere curati a tutti i costi, che scrive l'art. 32 della Costituzione -anzi se lo trova, per fortuna, scritto da chi disponeva dei principi e pure della lingua italiana- ma poi introduce un nuovo trattamento sanitario obbligatorio che lo possa derogare.
Chi come me è fuori dai giochi della politica, che si tiene alla larga dalle posizioni di parte che debbono favorire un avamposto solo per colpirne un altro, in questi momenti di frastuono mediatico della mediocrità gode di un grande vantaggio: poter esprimere la propria opinione liberamente, per quanto -ben inteso- possa essere discutibile, quanto meno sino a che questo legislatore totalitario non si inventerà la manifestazione mediata -e non libera- del pensiero attraverso lo schema, tanto di moda nei test per scegliere le menti del futuro e derogare al diritto allo studio, fondato su domande e risposte prefigurate alle quali porre la propria mera spunta.
La rincorsa al ribasso annovera tra le proprie vittime le fughe dei cervelli veri, liberi dai giochi delle baronie universitarie, non infangati nel clientelismo della politica, e rifiuta di educare alla consapevolezza, perché facendolo si sentirebbe minacciata, perché chi non si uniforma prima o poi infastidisce, svela, unge che gli sta accanto con il morbo della libertà e dell'indipendenza.
Ora, quindi, anziché discutere di consenso informato, di volontà dignitosa anche se diretta a non curarsi, potremo finalmente discutere di “obbligo”, quell'obbligo che ha il sapore ben noto ed inconcludente della perversione educativa, che per evitare un contagio, vero o presunto, marchia, scheda, controlla, ma che poi va a curarsi in una clinica privata dove per sé può decidere ancora al meglio, oppure fugge all'estero a curarsi di nascosto. L'avesse pensata Berlusconi, al quale mai è andata la mia simpatia, si sarebbero aperte le porte dell'inferno, qualche perbenista improvvisato filosofo ed intellettuale avrebbe tuonato contro la deriva di destra, evocando ogni peggior conseguenza dell'imposizione dall'alto, della compromissione della libertà, del rischio di rendere impotente il libero arbitrio.
Ma se lo si fa senza doppio petto ma in completo di cachemire non è violento, ma suggerisce una nuova cultura, un disegno “alto” che noi umani non sappiamo comprendere.
La ragion di Stato sino a che punto può comprimere la nostra libertà, il diritto all'autodeterminazione, ed andare esente da censure in punto di costituzionalità della novella?
Ma soprattutto: ci auguriamo davvero che in questo clima di sospetto, per nulla rasserenato dalle iniziative recenti del Governo, imporre tout court la scelta significhi conseguire il miglior risultato? Il popolo bue si metterà in fila dinanzi ai novelli sanatori per farsi imprimere il marchio della rafforzata sanità pubblica certificata o reagirà?
La domanda prescinde dalle ragioni di opportunità, dall'effettiva valenza delle campagne di vaccinazione, dal silenzio omertoso che tenta di celare le centinaia di casi, che anche io ho conosciuto professionalmente, di patologie in nesso di causa con i vaccini, perché ha a che fare con lo stile, mi si passi il termine fuori moda, del legislatore. Riconoscere che si tratta di una virata conformista assai perigliosa non significa per nulla annoverare la propria opinione tra quelle contro i vaccini, sia chiaro: io sono vaccinato, ho fatto vaccinare mio figlio, e consiglierei di provvedere così anche a chi mi sta vicino ma sulla base di una campagna informativa profonda, impegnativa, trasparente, che crei coscienza e consapevolezza, cultura anziché imposizione.
Ma le mie idee personali qui non contano (vi ho fatto breve cenno perché non si ritenesse fossero allineate a guisa di un veto da social network), è invece opportuno discutere del ruolo dello Stato, della sua capacità d'interferire d'imperio in tema di salute e verificare se anche in altri settori, pur sensibili, si sia assunto il medesimo rischio. Sia consentita la banalità ma cosa dovrebbe fare contro le slot machine, il fumo, il gioco d'azzardo, l'uso dell'automobile, statisticamente in grado di fare moltissime vittime, anche indirette, gettare nella disperazione intere famiglie, nuocere alla “salute pubblica”? Nulla, perché le facoltizza, non le punisce, anzi si arricchisce con il relativo prelievo limitando al minimo in vincoli nel nome del libero mercato che si accompagna, come una prostituta, alla salute di regime.
Sino a ieri lo Stato si disinteressava della nostra salvezza, e anziché invitare studiosi e pratici ad esplorare il nucleo del contratto di cura, dell'alleanza terapeutica, guardava invece al contenzioso come un fastidioso meccanismo oliato da loschi figuri animati da intenti locupletori. Nemmeno si curava d'indagare il contributo delle compagnie di assicurazione nell'aumento del contenzioso, intento, piuttosto, ad accontentarne le richieste moderando l'entità dei danni risarcibili in una corsa, oramai sfrenata, alla sostituzione del risarcimento con l'indennizzo. Ma poi è venuto il tempo dell'imposizione, perché il popolo ignorante non deve poter ragionare con la propria testa -nemmeno i medici debbono farlo, ma divenire servi della medicina di stato e delle esigenze di riduzione della spesa- ed educarlo a farlo, fornendogli dati al di sopra di ogni sospetto è troppo faticoso, forse addirittura impossibile per chi, verosimilmente, non è al di sopra di ogni sospetto.