Il possesso, recita il primo comma dell'articolo 1141 del codice civile, si presume (con presunzione juris tantum:
“la prova contraria alla presunzione iuris tantum stabilita dal comma 1 dell'art. 1141 c.c. - che presume il possesso di colui che esercita il potere di fatto, ove non si provi che l'esercizio di questo sia cominciato come mera detenzione - può essere costituita anche da presunzioni semplici e persino da una sola presunzione, purché grave e precisa; nè, in materia di prova per presunzioni semplici, occorre che la relazione tra fatto noto e fatto ignoto da provare abbia il carattere dell'assoluta necessità, essendo invece sufficiente quello della prevalente probabilità alla stregua della comune esperienza (id quod plerumque accidit). (Nella specie, l'impugnata sentenza - confermata dalla S.C. - aveva valorizzato, ai fini della prova di cui al comma 1 dell'art. 1141 c.c., la circostanza che il soggetto si fosse curato della denuncia di successione e del pagamento delle relative imposte per incarico e nell'interesse degli eredi proprietari del fondo da lui occupato)”
Cassazione civile, sez. II, 21/06/1985, n. 3721 Campisi c. Parisi Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 6
in colui che esercita il potere di fatto sulla cosa:
“ai fini della prova del possesso di un fondo, utile per usucapione, la sua coltivazione è di per sé manifestazione di una attività corrispondente all'esercizio della proprietà; per cui, presumendosi ai sensi dell'art. 1141 c.c. il possesso in colui che esercita il potere di fatto sulla cosa, spetta a chi contesta tale possesso provare che il terreno è coltivato in base ad un titolo diverso dal diritto di proprietà”
Cassazione civile, sez. II, 30/03/2006, n. 7500 Passaro c. Boccia Giust. civ. Mass. 2006, 7-8 Il civilista 2008, 7-8, 20 (nota FABIANI)
in altri termini, chi dimostra il c.d. corpus possessionis (cfr., amplius, IL POSSESSO - Usucapione, azioni di reintegrazione e di manutenzione, denuncia di nuova opera e di danno temuto-, Cedam, Padova 2011), si presume sia fornito anche di animus possidendi,
“in tema di possesso, l'animus possidendi che, ai sensi dall'art. 1141 c.c. si presume in colui che esercita il potere di fatto sulla cosa corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o altro diritto reale, non è escluso dalla consapevolezza nel possessore di non avere alcun valido titolo che legittimi il potere, posto che l'animus possidendi consiste unicamente nell'intento di tenere la cosa come propria mediante l'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o altro diritto reale, indipendentemente dall'effettiva esistenza del relativo diritto o della conoscenza del diritto altrui”
Cassazione civile, sez. II, 27/05/2003, n. 8422 Bonazzi c. Soc. Arpepe Giust. civ. Mass. 2003, 5
e spetterà a chi tale possesso contesti dimostrare che il presunto possessore ha, invece, iniziato a rapportarsi con la cosa quale mero detentore:
“la presunzione di possesso è ricollegata dall'art. 1141 c.c. ad un potere di fatto sulla cosa che si manifesta in attività corrispondenti all'esercizio della proprietà (o di altro diritto reale), sussistendo in tale ipotesi un possesso valido ad usucapionem. Spetta a colui che contesta tale potere l'onere di provare che l'attività materiale corrispondente al possesso sia iniziata come mera detenzione (o come possesso precario), ovvero per tolleranza del titolare del diritto. Ne consegue che, in tali casi, il soggetto che, assumendo di essere possessore, voglia tutelare in giudizio tale situazione, deve allegare e provare gli atti idonei ad integrare una interversione del possesso, a dimostrazione dell'avvenuto mutamento dell'originario animus detinendi in animus possidendi”.
Cassazione civile, sez. II, 04/04/2006, n. 7817 Milone c. Milone Giust. civ. Mass. 2006, 4
Naturalmente,
“il possesso, secondo la dizione testuale dell'art. 1141 c.c., si presume in chi esercita il potere di fatto sulla cosa, sia, cioè in relazione di contiguità fisica con la stessa, sicché detta presunzione opera a vantaggio di chi è in relazione diretta ed immediata con la res ovvero con l'esercizio di un diritto reale diverso dalla proprietà, ma non anche di chi è in rapporto mediato con il bene ovvero non esercita direttamente il diritto reale su cosa altrui, dovendosi, in tal caso, accertare di volta in volta se effettivamente sussista l'elemento dell'animus possidendi e gravando il relativo onere probatorio sulla parte che invoca il possesso per fruirne gli effetti”.
Cassazione civile, sez. II, 25/05/1987, n. 4698 Santolini c. Barabesi Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 5