Deboli, svantaggiati  -  Alceste Santuari  -  27/10/2023

La garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni tra diritto esigibile e modalità di erogazione. Il “metodo Budget di Salute” – Tar Calabria, 748/2023 e Cons. St. 8708/23

L’art. 117, comma 2, lett. m) Cost. attribuisce allo Stato “la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

Si tratta di una previsione che necessariamente richiede non soltanto la leale collaborazione con gli enti pubblici territoriali ma anche con gli organismi non lucrativi.

Il dpcm 12 gennaio 2017, recante “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”, ha contribuito ad identificare le prestazioni e i servizi che strutture competenti debbono assicurare ai cittadini-pazienti-utenti.

Si tratta di prestazioni e servizi che, a seguito dei nuovi bisogni e delle nuove necessità che interessano i beneficiari, le loro famiglie e le reti di supporto, richiedono adattamenti, modifiche e integrazioni al fine di soddisfare la domanda di presa in carico individuale.

Il mancato riconoscimento delle istanze individuali / famigliari può provocare sensibili impatti negativi sulla qualità della vita dei singoli beneficiari delle prestazioni/ dei servizi, impedendo loro, per esempio, lo svolgimento delle loro attività quotidiane.

In questo senso, rileva il progetto individualizzato di vita di cui all’art. 14, legge n. 328/2000 riferito alle persone riconosciute portatrici di handicap in situazione di gravità ex art. 3, comma 3, legge n. 104/1992. Il progetto in parola costituisce una prestazione, la cui mancata erogazione da parte dell’autorità sanitaria competente costituisce causa legittima per ottenere il riconoscimento di un danno non patrimoniale (cfr. Tar Calabria, sez. staccata di Reggio Calabria, 5 ottobre 2023, n. 748). In quell’occasione, i giudici amministrativi calabresi non hanno mancato di far notare che il progetto di vita è “finalizzato alla piena integrazione delle persone disabili[…], nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro che ciascun comune di riferimento deve predisporre, nell’ambito delle risorse all’uopo rese disponibili, su richiesta dell’interessato”.

Viene qui in considerazione la necessaria integrazione socio-sanitaria, da realizzarsi d’intesa tra ente locale e azienda sanitaria competente per territorio. Gli enti pubblici sono dunque chiamati a condividere progetti, percorsi, risorse, professionali e finanziarie, al fine di garantire “diritti costituzionalmente garantiti e protetti” (cfr. Tar Calabria, n. 748/2023, cit. e Cons. St., sez. III, 6 ottobre 2023, n. 8708).

Nello specifico di prestazioni di natura “mista”, sanitaria e socio-assistenziale (cfr. Cons. St., sez. III, sentenza n. 2129/2022), che abbracciano conseguentemente un ambito assistenziale diverso rispetto a quello sanitario-riabilitativo tradizionale è viepiù evidente la necessità che enti locali ed aziende sanitarie condividano i percorsi ritenuti più idonei ed adeguati per una effettiva ed efficace presa in carico delle persone con disabilità. In quest’ottica, deve leggersi anche la richiesta di prestazioni domiciliari in via indiretta, che possono consistere in prestazioni extra Lea (cfr. Cons. St., n. 748/2023 cit.).

Le prestazioni e i servizi in oggetto, dunque, rappresentano il terreno elettivo per ipotizzare, costruire, organizzare, gestire ed erogare attività “multilivello”, nell’ambito delle quali più sono gli attori, pubblici e privati, coinvolti. Si consideri, per esempio, le malattie delle spettro autistico: la presa in carico deve risultare “globale” onde garantire ai pazienti “l’integrazione scolastica, sociale, familiare nei diversi “setting” assistenziali” (cfr. Cons. St. n. 748/2023 cit.).

L’effettività e l’esigibilità delle prestazioni e dei servizi sociosanitari funzionali ad assicurare la piena realizzazione dei diritti sociali esigono, pertanto, adeguati livelli di integrazione tra le diverse competenze, tra i diversi soggetti, nonché tra i diversi ambiti di intervento, in particolare a livello territoriale, sorretti da un chiaro quadro di regole giuridiche.

In questa prospettiva, la tutela dei diritti sociali e, in specie, del diritto alla salute, richiede necessariamente assetti istituzionali ed organizzativi finalizzati a progettare soluzioni gestionali in grado di rafforzare l’azione pubblica nel comparto dei servizi sociosanitari, di garantire la presa in carico dei cittadini-pazienti-utenti, di organizzare ed erogare servizi unitari, integrati e inclusivi, nonché di potenziare il contributo della società civile e delle comunità locali.  L’integrazione in parola deve poter assicurare rapporti equilibrati tra cittadini ed istituzioni pubbliche, tra comunità ed enti locali, affinché sia la pubblica amministrazione sia la società civile possano contribuire congiuntamente a garantire assicurare i servizi e le prestazioni necessarie in modo efficace, inclusivo e rispettoso della dignità dei singoli beneficiari, in specie quando questi si ritrovano in condizioni di fragilità e vulnerabilità.

In un contesto caratterizzato dal pluralismo organizzativo e da responsabilità multilivello, l’organizzazione, la gestione e l’erogazione delle prestazioni e dei servizi socio-sanitari non dipendono più unicamente dalla responsabilità degli enti pubblici, ma trovano negli enti non lucrativi gli interpreti capaci di assicurarne la fruizione. Parimenti, gli interventi in ambito socio-sanitario non sono riconducibili sic et sempliciter ad una dimensione prestazionale. Essi, invero, rispondono all’esigenza e sono spesso l’esito di collaborazione e dialogo tra pubbliche amministrazioni e soggetti non lucrativi. In questo senso, pertanto, i servizi e le attività socio-sanitarie possono risultare estranee alle procedure amministrative di natura competitiva e, quindi, non riconducibili, come tali, alle logiche di mercato. 

Nel contesto sopra brevemente delineato, il metodo “budget di salute/di progetto” appare, dunque, l’ambito naturale in cui i soggetti pubblici, i beneficiari delle prestazioni e le organizzazioni non profit possono individuare risposte innovative ai bisogni complessi che la società civile esprime, in una dimensione fondata sull’individuazione di corresponsabilità e di condivisione di risorse umane, finanziarie e organizzative, seppure nel rispetto delle diverse prerogative, competenze e soggettività giuridiche.




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