“SALUTO ROMANO COMMEMORATIVO PUÒ ESSERE REATO”
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Le manifestazioni che ogni 29 aprile ricordano l’uccisione di Ramelli: le motivazioni della sentenza che a gennaio ha disposto un processo d’appello bis per otto militanti di destra
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Per valutare se il saluto romano implichi reato vanno considerati "il contesto ambientale, la valenza simbolica del luogo, l'immediata o meno ricollegabilità al periodo storico, il numero dei partecipanti, la ripetizione dei gesti" idonea "al pericolo di emulazione". E' quanto scrivono le Sezioni Unite di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 18 gennaio scorso hanno disposto un processo di appello bis per otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il saluto nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016.
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Era il 29 aprile 2016 quando a Milano centinaia di militanti di destra parteciparono alla commemorazione di Sergio Ramelli, il ragazzo del Fronte della Gioventù ucciso a sprangate nel 1975. Otto furono indagati e assolti in primo grado nel 2020 per l'insussistenza dell'elemento soggettivo, poi condannati nel 2022. La Cassazione a gennaio ha disposto un nuovo processo. E i giudici sottolineano che il carattere commemorativo non implica automaticamente una neutralizzazione del reato.
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Sul nodo giuridico legato al saluto romano il giudice è chiamato ad accertare "in concreto, alla stregua di una valutazione da effettuarsi complessivamente, la sussistenza degli elementi di fatto" tra cui "il contesto ambientale, l’eventuale valenza simbolica del luogo di verificazione, il grado di immediata, o meno, ricollegabilità dello stesso contesto al periodo storico in oggetto e alla sua simbologia, il numero dei partecipanti, la ripetizione insistita dei gesti, idonei a dare concretezza al pericolo di "emulazione" insito nel reato secondo i principi enunciati dalla Corte costituzionale".