NOTA A SENTENZA CASS. SEZ. III 25.07.2023 N. 22338 – ARTICOLO GIORNALISTICO CON ILLECITA DIVULGAZIONE DI DATI PERSONALE – RESPONSABILITA’ DI TUTTI I SOGGETTI COINVOLTI
La Suprema Corte, con la recentissima sentenza evocata, ha così stabilito:
L'attribuzione della responsabilità per l'illecita divulgazione dei dati personali chiede d'essere declinata secondo il criterio della contribuzione causale (conformemente alla ratio che ispira la disciplina dell'art. 2050 c.c., richiamato dall'art. 15, comma 1 del d.lgs. n. 196 del 2003, applicabile ratione temporis, secondo cui 'Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile'), nel senso che ciascun soggetto che, con la propria condotta (in qualunque modo interferente con il trattamento di dati personali), abbia contribuito causalmente alla divulgazione illecita di tali dati, deve ritenersi responsabile (o corresponsabile) di detta divulgazione; e tanto, indipendentemente dalla qualifica formale eventualmente rivestita in relazione alla titolarità, alla responsabilità del trattamento, alla relativa conservazione o al relativo controllo concreto (fattispecie relativa alla pubblicazione in un articolo giornalistico dell'indirizzo di residenza di una persona, che costituiva un'informazione del tutto irrilevante ed eccedente alle esigenze informative dell'articolo pubblicato). Cassazione civile sez. III, 25/07/2023, n.22338.
La vicenda concerne un’azione di risarcimento danni promossa da un soggetto nei confronti di un notissimo gruppo editoriale, al fine di vederlo condannato per illecito trattamento di dati personali. Si era infatti verificata la pubblicazione nel sito internet del quotidiano, dei dati inerenti la residenza propria del soggetto agente. L’azione promossa comprendeva anche i danni da diffamazione.
La Corte d’appello, pur riconoscendo che la pubblicazione nel predetto quotidiano dei dati inerenti la residenza dell’uomo non poteva dirsi giudicata, in quanto eccedente rispetto alle finalità della notizia pubblicata, escludeva i danni da diffamazione, per essere stato rispettato da parte dell’articolista, il limite o requisito della verità della notizia, anche putativa.
Per quel che qui rileva, e cioè per quanto attiene all’illecita divulgazione di dati personali, ebbene la sentenza in parola afferma i seguenti principi:
-la responsabilità dei danni derivanti dall’illecita pubblicazione di dati personali, ai sensi dell’art. 15 co. 1 d.lgs. n. 196 del 2003 (ora GDPR) deve essere ascritta a carico di chiunque, con la propria condotta, li abbia provocati, indipendentemente dalla qualifica rivestita;
-la disciplina applicabile è quella prevista dall’art. 2050 c.c., richiamato dalla norma ut supra;
-non si deve dunque trascurare, nel caso di specie, in declinazione di tale principio, il contributo causale ascrivibile al direttore della testata on line, dovendosi ritenere per converso ingiustificata la condanna del solo ritenuto responsabile della testata on line.
Sulla scorta di tali principi, la Suprema Corte ha dunque rimesso gli atti al giudice di rinvio col compito di procedere all’indagine concreta sull’eventuale responsabilità risarcitoria di ciascuno dei convenuti, al fine di verificare il contributo di ciascuno nella violazione dei dati personali, violazione nella fattispecie consistente nella pubblicazione di una informativa giudiziaria non depurata dei dati personali (nella specie, indirizzo di residenza) dell’agente in giudizio