Malpractice medica  -  Redazione P&D  -  03/09/2021

Il nesso tra malpractice medica e coefficiente di salvezza del paziente . Cass., IV Sez. penale, sentenza n. 30229/2021 - Antonella Tamborrino 

Nell’ambito dell’accertamento della causalità omissiva del medico, in materia di reati colposi omissivi impropri, il rapporto di causalità tra omissione della condotta dovuta dal medico e l’evento-morte del paziente non può trovare fondamento esclusivamente sul solo coefficiente di probabilità statistica di salvezza e sulla giovane età del paziente, ma è necessario che sia verificato attraverso un giudizio di alta probabilità logica. Quest’ultimo si basa su un ragionamento di deduzione logica determinato da generalizzazioni scientifiche e da un giudizio induttivo riferito ad un’analisi della caratterizzazione del fatto storico e alle particolarità del caso concreto.

In tali termini si è espressa recentemente la IV Sezione penale della Suprema Corte di legittimità, con sentenza n. 30229/2021, pronunciandosi sul ricorso di un medico, condannato in secondo grado per omicidio colposo per aver cagionato, in cooperazione con altri sanitari giudicati separatamente, la morte di un giovane paziente, sottoposto ad intervento di video-laparocolecistectomia, per non aver adeguatamente seguito il suo decorso post-operatorio, nonostante fosse insorta una dolorosa anomala e preoccupante sintomatologia, che avrebbe dovuto indurre il medico imputato a diagnosticare la peritonite da cui era affetto, determinata da complicanza iatrogena a seguito del precedente intervento, causativa di un’evoluzione di shock settico irreversibile.

Gli ermellini precisano che, ai fini dell’imputazione causale della morte del paziente alla condotta omissiva del medico, è necessario espletare un giudizio predittivo, in base a cui il giudice deve interrogarsi sul decorso degli eventi nel caso in cui il medico avesse posto in essere la condotta richiesta.

La Suprema Corte, infatti, afferma che è necessario stabilire in che modo il coefficiente salvifico di probabilità statistica -necessario a imputare causalmente l’evento-morte al comportamento omissivo del medico- possa essere modificato dagli ulteriori dati indiziari, caratterizzanti la fattispecie concreta, attraverso la valutazione delle specificità della fattispecie concreta, in modo tale da sostenere quel giudizio di alta probabilità logica necessario a fondare la configurabilità del nesso causale con ragionevole certezza, quindi, la responsabilità penale del medico che abbia posto in essere la condotta colposa.

Tali dati distintivi del fatto storico processualmente emersi, dovranno essere dal giudice attentamente scrutinati ed analizzati, singolarmente e nel loro complesso, non attraverso valutazioni congetturali, ma in base a criteri scientifici o esperienziali, al dine di accertare, in maniera ragionevole e convincente, la loro concreta attitudine ad influire in maniera significativa sul coefficiente di probabilità statistica, in modo tale da condurlo ad un motivato giudizio di alta probabilità logica in relazione all’efficacia salvifica della condotta omessa, al di là di ogni ragionevole dubbio, ossia alla credibilità razionale dell’ipotesi per cui se il medico avesse adottato la condotta omessa l’evento non si sarebbe verificato, ossia il paziente si sarebbe salvato. Per cui, l’analisi del nesso eziologico deve aver luogo sulla base di termini rigorosi e scientifici. 

Quindi, nel giudizio controfattuale, in cui si valuta se l’assenza della condotta antigiuridica dell’imputato si sarebbe o meno verificata la stessa conseguenza -ossia se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento, o si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva- la giovane età del paziente ed un coefficiente di salvezza del 50% non sono elementi sufficienti per condannare il medico accusato di omicidio colposo, ma dovrà essere certo il nesso causale tra la condotta del medico e l’evento-morte del paziente sulla base della valutazione delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile.

In tema di responsabilità medica, come ribadisce la Corte di Cassazione, è necessario, pertanto, ricostruire la sequenza fattuale che ha portato all’evento, ossia accertare il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia per verificare se, qualora fosse stata realizzata la condotta dovuta dal sanitario, l’evento lesivo sarebbe stato evitato o differito.

Per cui, il nesso eziologico tra l’omessa adozione da parte del medico di misure atte a rallentare o bloccare il decorso della patologia ed il decesso del paziente potrà ritenersi sussistente qualora si accerti -secondo il principio di controfattualità, basato sulla generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica universale o statistica- che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, per cui la sua morte non si sarebbe verificata o si sarebbe verificata in epoca posteriore o l’evento lesivo si sarebbe verificato con modalità migliorative.

Conseguentemente, come il giudice di legittimità ha avuto modo di precisare, l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio in ordine al nesso eziologico –ossia il ragionevole dubbio- sul reale condizionamento della condotta del medico, rispetto ad altri fattori interagenti, nella produzione dell’evento lesivo, comportano un esito assolutorio del giudizio neutralizzando l’ipotesi prospettata dall’accusa (Cass. SS. UU. n. 30328/2002 Franzese). 

Pertanto, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in ambito medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto, con alto grado di credibilità razionale, dal giudice in riferimento alla specifica attività diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro, che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea a scongiurare o ritardare l’evento lesivo in concreto verificatosi.     




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