Fragilita, storie, diritti  -  Michela del Vecchio  -  24/03/2016

Il mondo da una finestra – Michela Del Vecchio

Avevo tanti sogni da bambino, immaginavo il mio futuro da stimato professionista con molte passioni, dedito alla famiglia ed allo sport. Da ragazzo ero anche piuttosto irrequieto (ma quale giovane non lo è): amavo divertirmi fino a tarda notte con gli amici, andavo a correre, mi piaceva viaggiare ed ero anche piuttosto spericolato. Impavido del pericolo sfidavo la sorte anche in auto. Sfrecciavo in tarda notte sulle strade deserte e con gli amici ci divertivamo molto al brivido del rischio.

Fin a quella notte quando la sorte si è vendicata della mia spavalderia. Guidavo (è stato un bene che fossi solo in macchina) e provava a "dribblare" le buche in strada, ad alta velocità ovviamente.

E" stato un attimo: il buio ed il risveglio in un letto di ospedale attaccato a macchinari, con flebo nelle braccia ed un fastidiosissimo suono nella testa.

Ero immobile ma il dolore era così intollerabile che non avevo neanche intenzione di muovermi.

Sono passati mesi in quelle condizioni e l"unico pensiero era che il dolore si calmasse.

Finalmente respiro da solo ed il dolore pare concedere una tregua: bene, provo a riprendere in mano la mia vita iniziando prima di tutto a lasciare quel letto.

Ed allora capisco. Chiedo alle mie gambe di muoversi ma non obbediscono, le tocco ma non le sento. Panico: sono immobilizzato nel letto e così resterò per tutto il resto della mia vita. Un baratro mi si è aperto avanti: via i sogni, via le ambizioni, via le mete. Soltanto io e quel letto.

Con il tempo ho imparato, con la stessa difficoltà di un bambino che inizia a gattonare, a mettermi seduto da solo. Anche le mani sono rimaste parzialmente immobilizzate e non posso più articolare le dita.

Oggi, con gran fatica, riesco anche a mettermi sulla carrozzina da solo ed a far girare le ruote così da potermi spostare.

E" dura, sono arrabbiato con tutti, con il mondo intero sapendo che dovrei prendermela solo con me stesso.

Non esco molto: è ancora difficile attraversare la strada, trovare marciapiedi liberi da tavolini, piante, pali e persone in grado di capire che dovrebbero lasciarti passare. E" anche difficile scendere dai marciapiedi perché gli scivoli non ci sono o, se ci sono, sono mal realizzati.

E così trascorro quasi tutte le mie giornate alla finestra ed osservo la gente affannarsi sulle strade. Immagino la loro vita, i loro impegni: ecco la mamma che in ritardo porta il figlio a scuola ed il bimbo che, poverino, si affanna a tenere il passo svelto della madre; l"anziano che passeggia con calma leggendo un giornale o guardandosi intorno e quell"uomo che tenta di passargli accanto quasi urtandolo perché va di fretta ed addirittura si infastidisce di quell"andatura lenta. Immagino la loro attività: il medico, il professionista, l"insegnante, il ragazzo che va ad allenarsi, quello che deve incontrare la ragazza e così via.

Scrivo nella mia testa le loro storie e mi sembra ormai di conoscerli da anni.

Sono loro oggi il mio mondo, un mondo vissuto da una finestra




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