Psichiatra psicoanalista – Salute Mentale Adulti e Istituti di Pena di Firenze
Un bambino è nato. E" nato da Martina Levato, una donna che ha sfregiato con l"acido un uomo col quale, in precedenza, aveva avuto una relazione sentimentale. Il reato è stato compiuto in complicità con un altro uomo, col quale al momento del fatto la donna aveva stabilito un nuovo e intenso rapporto, tanto da concepire insieme a lui il bambino che è appena nato. Ho letto della presenza di un terzo "complice", già rinviato a giudizio, assieme a Martina Levato, per altre aggressioni "purificatorie" compiute assieme alla donna.
Molte cose sono state dette a proposito della opportunità e della inopportunità di sottrarre il neonato alla mamma "cattiva", non consentendole di tenerlo con sé. Anche gli psichiatri e gli psicoanalisti, come è inevitabile cha avvenga in questi casi, si sono pronunciati. Qualcuno (fra questi Crepet) ha detto che, non essendo Martina Levato appartenente all"ISIS, sottrarle il bambino era da ritenersi un "atto barbarico". Qualcun altro (fra questi Recalcati), deducendo, dalla perizia psichiatrica cui Martina Levato (e Alessandro Boettcher, suo complice e padre del neonato) sono stati sottoposti da parte del Tribunale, che il reato abbia delle ragioni "deliranti", sembra giustificare almeno in parte la richiesta del PM e la successiva decisione di allontanare il figlio dalla madre. Fra l"altro vale la pena leggere le parole che Recalcati ha scritto su La Repubblica: «Dalle perizie psichiatriche […] sembra essere stata la maternità stessa a portare questa giovane donna verso l'esigenza "delirante" di una "purificazione" di se stessa che le avrebbe imposto di farla finita con il proprio ex e con il "male" che egli rappresentava».
Una riflessione attorno a questi due "poli" -la mancata appartenenza all"ISIS invocata da Crepet e il "delirio di purificazione" segnalato da Recalcati- può forse aiutarci se si vuole cercare di capire qualcosa di più su una vicenda tanto "penosa".
Io non so se un reato così terribile e apparentemente "insensato" sia stato ideato e compiuto da persone "capaci di intendere e di volere". Dubbi in proposito, con ogni evidenza, ne hanno avuti anche i Giudici, visto che hanno disposto una Consulenza Tecnica Psichiatrica sugli indagati. Non ho letto la perizia, che è stata collegiale (svolta da due consulenti). Con ogni probabilità però, visto che almeno due degli imputati (Martina Levato e Alessandro Boettcher) sono stati condannati come "sani di mente", i consulenti non hanno ritenuto che il piano criminoso sia stato compiuto all"interno di un progetto "delirante", concepito magari da Martina Levato e condiviso quindi, in una sorta di folie à deux o à trois, dagli altri complici. I Giudici quindi, su indicazione dei Periti, hanno ritenuto che gli imputati fossero "sani di mente" e per questo potessero e dovessero patire gli effetti di una pena detentiva comune. Il loro non è stato un gesto "folle" -hanno sentenziato i Giudici condannando gli imputati- ma il semplice effetto di un perfido progetto criminale.
Fino a qui tutto bene. Si tratta di criminali che vanno puniti. Ce ne sono più di cinquantamila nelle patrie galere, di criminali, ma solo in pochissime circostanze, durante circa quaranta anni di attività penitenziaria, mi è capitato di imbattermi in sentenze attraverso le quali i Giudici, accanto alla pena detentiva principale, decretavano anche la decadenza della potestà o della capacità genitoriale del reo. Si trattava, in genere, di casi nei quali le reiterate condotte tossicomaniche e la dipendenza attuale sconsigliavano la permanenza dei bambini con i genitori; di delitti efferati in famiglia o contro l"altro coniuge; di reati compiuti da persone colpite da un profondo disagio mentale, specie se di tipo "delirante" e ad ogni modo di tenore psicotico. Le cronache italiane, non molti anni addietro, hanno registrato casi eclatanti della permanenza di tale capacità anche dopo condanne definitive per figlicidio.
Se Martina Levato, comunque, avesse commesso il reato di lesioni gravissime con un intento "delirante" di "purificazione", specie se quel "delirio" avesse per di più dato forma al progetto di una gravidanza anch"essa "catartica", allora sì che, ben prima del parto, coloro che stanno curandola (le cronache dicono che la donna si sta sottoponendo a una psicoterapia) si sarebbero dovuti esprimere sulla opportunità di consentirle di tenere con sé il neonato. Martina Levato, però, è stata condannata come "sana di mente" e sarebbe davvero contraddittorio dire che non c"era "delirio" al momento dei fatti, ma che un "delirio" comprometterebbe ora la sua capacità parentale.
Da quasi quaranta anni mi occupo della cura di persone con gravi o gravissimi disturbi psichici. Non di rado tali persone sono anche detenute. Mai comunque, nel corso della mia lunga attività professionale, mi è capitato di proporre di staccare ex abrupto una madre dal suo bambino, tantomeno da un neonato. Mi sono invece battuto, quasi sempre vittoriosamente, perché talune donne, delle quali ero il primo a riconoscere le insufficienze nell"esercizio delle funzioni materne, restassero insieme ai loro bambini, anche dopo che altri servizi e altri operatori ne avevano proposto la separazione. Certo: è stato necessario stabilire con queste donne un significativo legame terapeutico. Certo: si è dovuta approntare una rete multiprofessionale e interistituzionale di sostegno e di cura. Certo: in talune fasi è stato inevitabile ricorrere a periodi limitati di affidamento del minore (mai di adozione) ad altre persone, sempre cercando di ottenere il consenso della madre.
La gravidanza può essere l"occasione per il manifestarsi di gravi turbe psichiche. Degli infanticidi, commessi in genere poco dopo il parto, tutti siamo a conoscenza. Ma la gravidanza, il parto e l"allevamento di un figlio possono anche essere occasioni eccezionali per lenire gravi ferite psichiche già presenti diverso tempo prima del concepimento e della nascita del figlio. Aiutare Martina Levato a essere una madre, una "buona madre" per quanto le sarà possibile, è una sfida di incommensurabile valore che una società civile non dovrebbe mancare.