Si prende in esame una sentenza della Corte di Cassazione (Sez. VI Penale n. 18239 depositata in data 19 Aprile 2013) concernente il tema del favoreggiamento personale e dell'ammissibilità del tentativo relativamente a questa fattispecie.
Il fatto, in breve: Il Gip del Tribunale di Taranto con sentenza del Novembre 2011 ha dichiarato il non doversi procedere nei confronti di Tizio e Caio in relazione al reato di tentato favoreggiamento personale (artt. 56 + 378 c.p. + 490 c.p.) contestato a Tizio e favoreggiamento contestato a Caio.
Tizio, in particolare, era difensore di un imputato (Mevia) ed ha cercato di far pervenire ad un coimputato (Filano), il quale aveva formulato dichiarazioni accusatorie a carico del proprio assistito, l'invito a nominare come suo difensore un determinato legale (Sempronio), avendo con quest'ultimo raggiunto l'accordo che il medesimo, una volta nominato, lo avrebbe indotto a modificare le suddette dichiarazioni
La decisione del Giudice per le indagini preliminari era giustificata, quanto al tentativo di favoreggiamento, dalla mancanza di prova sulla direzione inequivoca degli atti, e quanto al falso, dalla ravvisata assenza della qualità di atto pubblico nel verbale delle dichiarazioni rilasciate al difensore, oltre che dalla mancanza di elementi sulla materiale soppressione dell'atto.
Ricorre la Procura della Repubblica con diversi motivi di doglianza, di cui il primo, relativo alla imputazione per tentato favoreggiamento personale, segnatamente, interessa.
La Corte considera infondato il ricorso per i seguenti motivi: l'imputazione di tentativo di favoreggiamento realizzato in concorso con altri nei confronti di Tizio era così formulata "... operando quale difensore di fiducia di Mevia, al fine di assicurare alla predetta l'impunità... compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad aiutare quest'ultima ad eludere le investigazioni dell'autorità senza riuscire nel loro intento per causa indipendente dalla loro volontà"
Tuttavia, nel concreto, pur seguendo l'impostazione accusatoria della sicura finalizzazione di tutti gli atti compiuti dagli autori alla realizzazione di tale progetto, per effetto della circostanza che il suo perfezionamento coinvolgeva il concorso necessario di altro legale e soprattutto di altro soggetto (Filano) le attività stigmatizzate nell'atto dì accusa non possono che relegarsi alla fase degli atti preparatori.
E' vero che secondo l'interpretazione autentica e vivente dell'articolo 56 c.p è possibile conferire rilievo penale anche a tale attività prodromica alla materiale esecuzione dell'azione tipica, ma occorre sempre che tali atti siano connotati da non equivocità.
"Nella specie tale situazione di fatto non si è verificata, in quanto, come si è descritto, il concorso del coimputato era richiesto in due successive ed ugualmente necessarie fasi dell'azione che si ritiene programmata:
- la fase preparatoria, che poteva coinvolgere Filano anche in maniera inconsapevole, con il conferimento del mandato al legale prescelto
- e quella esecutiva che si sarebbe prodotta con l'adesione alla sollecitazione a mutare versione.
La consumazione del reato di favoreggiamento non poteva che sopraggiungere quindi con il concorso necessario di Filano e rispetto tale essenziale parte dell'azione non vi è stata alcuna esecuzione, poichè essa è stata ostacolata dalla mancata adesione al necessario presupposto programmato, costituito dal conferimento del mandato.
Nella situazione descritta non era rimessa solo alla volontà degli imputati l'esecuzione dell'azione idonea a collocarli in un punto di non ritorno rispetto alla realizzazione dell'azione. E questo, è, di certo, elemento essenziale al fine di individuare uno specifico programma criminoso in corso di attuazione, impedito dall'intervento di eventi imprevedibili e non dipendenti dalla volontà degli agenti, poichè gli agenti necessari dell'azione nel suo programmato sviluppo dovevano ancora essere consultati, ed era ben possibile, come risulta in effetti avvenuto, che, venendo meno il loro essenziale consenso, venisse preclusa ab initio la realizzazione del programma.
La circostanza che l'azione si sia bloccata ad una fase antecedente e prodromica rispetto alla necessaria illustrazione della condotta favoreggiatrice a colui il quale veniva ad assumere la funzione di autore diretto del reato, rende ancora più evidente l'arresto della condotta dei correi ad una fase antecedente rispetto all'ipotesi dell'istigazione, che ne costituisce quindi antefatto non punibile e correttamente, quindi, è stata valutata non idonea ad integrare il reato contestato.
Infatti, se l'istigazione non accolta non sarebbe stata punibile, per effetto di quanto previsto dall'art. 115 cod. pen., deve a fortiori escludersi che nella specie, in assenza di tale possibile configurazione giuridica, possa ricondursi nella figura del tentativo di favoreggiamento contestato l'ipotetico accordo concluso tra gli imputati a tal fine. Sul punto si deve quindi concludere che non è punibile l'attività preparatoria compiuta da alcuni dei concorrenti necessari ove non sia effettivamente seguita l'esecuzione di un reato, almeno in forma tentata.
Questo il principio di diritto: "In tema di favoreggiamento personale, non raggiunge la soglia del tentativo punibile la condotta del difensore di un imputato il quale cerchi di far pervenire ad un coimputato, dal quale erano state formulate dichiarazioni accusatorie a carico del proprio assistito, l'invito a nominare come suo difensore un determinato legale, avendo con quest'ultimo raggiunto l'accordo che il medesimo, una volta nominato, lo avrebbe indotto a modificare le suddette dichiarazioni"
Per questo e altri motivi,
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2013