Presupposto per l"applicazione dell"articolo 892 del codice civile è l"adiacenza dei fondi interessati. Così è stato deciso che, qualora due fondi siano tra loro separati da un fosso comune (cioè in comproprietà tra i proprietari dei due fondi), gli stessi non sono tra loro confinanti ed è inapplicabile pertanto, per gli alberi piantati nelle vicinanze del confine con il fosso, la disciplina di cui all'art. 892 c.c. (cfr., in generale, "Distanze e confini, tutela giurisdizionale e risarcimento", Cedam, Padova 2009):
"Con atto di citazione notificato il 31.12.96 G.M. convenne in giudizio davanti al G.d.P. di Piombino I.A. perchè fosse condannato: ad estirpare gli alberi posti a distanza illegale nella zona di confine tra le rispettive proprietà site nel comune di (OMISSIS); nonchè a rimuovere le piante di alto fusto site, all'interno e lungo la sponda del fosso di confine, a distanza illegale ed ostacolanti il regolarti deflusso delle acque; ed infine a tagliare i rami, degli alberi protesi nel proprio fondo. L' I., costituitosi, contestava la domanda,, assumendo che tutte le piante erano poste a distanza legale; e ne chiedeva il rigetto. Espletata l'istruttoria, con acquisizione di documenti, espletamento di C.T.U., richiesta di informative, il G.d.P. con sentenza N. 24/98, in accoglimento della domanda attorea condannava il convenuto, a rimuovere alcune piantagioni poste a distanza inferiore alla legale dal confine dell'attore, così come individuate nell'espletata C.T.U. nonchè al pagamento delle spese del giudizio. Su impugnazione principale dell' I. ed incidentale del G., che insisteva per rimuovere le altre piante, poste dal confine a distanza ritenuta illegale, nonchè quelle poste all'interno del fosso, il Tribunale di Livorno, ceni sentenza 10.7.2002, in riforma della sentenzia impugnata, rigettava le domande proposte dal G., compensava fra le parti le spese del primo grado di giudizio, condannando l'appellato al pagamento di quelle di secondo grado. Precisato che è pacifica la natura comune del fosso posto tra le due proprietà, afferma il Tribunale che, in assenza di specifica previsione legale, fra i criteri per la misurazione delle distanze prospettati dalle parti (dall'argine G., secondo l' I.; o dall'argine I., seconda il G.) debba preferirsi quello prospettato dall' I., per cui è a partire dall'argine G. che debbono prendersi le misure necessarie a verificare il rispetto delle distanze da parte del fondo confinante; e ciò sia perchè la ratio della disciplina in materia di distanze tra alberi è diversa da quella dettata per canali e fossi dall'art. 891 c.c.; sia perchè, diversamente si arriverebbe all'assurdo di dover distanziare i propri alberi dal proprio confine. Ne consegue, per il Tribunale, che nessuna pianta deve essere rimossa perchè nessuna dista meno di tre metri a partire dall'argine del fosso dal lato del, a proprietà G.. Specifica, ancora il Tribunale, per le piante site all'interno del fosso (OMISSIS), di proprietà comune, che l'interessato avrebbe dovuto prospettare il mancato rispetto delle norme sulla comunione, segnalando che in primo grado la domanda, sul punto, pareva essere subordinata all'esistenza di un ostacolo al regolare deflusso delle acque, escluso dalla C.T.U., sul punto non contestata. Ravvisa, infine, il Tribunale la sussistenza di giusti motivi per compensare integralmente le spese del 1^ grado di giudizio, avendo il G. rinunciato, nel corso del giudizio, alla domanda relativa al taglio dei rami sporgenti nel suo fondo. Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione il G. con quattro motivi di ricorso. Deduce il ricorrente a motivi di impugnazione. 1. La violazione e falsa applicazione degli artt. 892, 897 c.c., e art. 113 c.p.c., - per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che la distanza degli alberi, siti nel fosso di proprietà comune, debba essere misurata dall'argine G.; consentendosi con ciò di piantare alberi all'interno del fosso, in contrasto con la sua destinazione naturale di far defluire le acque; ed oltre la metà della larghezza del fosso (variabile da 4 m. a 7 m.), sulla proprietà del G. dovendo la proprietà dei fondi contigui presumersi estesa fino alla metà del fosso interposto; 2. La violazione e falsa applicazione degli artt. 892, 1102 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, - per avere il Tribunale erroneamente ritenuto, con riferimento alle piante site nella proprietà comune, che non venga in discussione il rispetto delle distanze legali, ma se mai il mancato rispetto delle norme sulla comunione, NONOSTANTE: A) le norme sulle distanze legali siano applicabili anche nei rapporti tra il bene in comunione ed il singolo comunista, ove siano compatibili con le norme relative all'uso delle cose comuni; e nella specie l'art. 892 c.c., non sia incompatibile con l'art. 1102 c.c.; B) nella specie le due querce segnalate nell'ultima conclusionale del G. non rispettino nè la distanza dal confine ex art. 892 c.c., nè quella di m. 3 dall'argine G.; 3. la violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, - per aver il Tribunale erroneamente condannato il G. al pagamento delle spese del giudizio di appello sull'erroneo presupposto della soccombenza del medesimo, NONOSTANTE l' I., secondo il criterio ritenuto valido dal Tribunale sarebbe stato tenuto ad abbattere le due querce che si trovavano a meno di tre metri di distanza dall'argine G. e quindi il G. sarebbe risultato vittorioso e le spese del giudizio non si sarebbero potute porre a suo carico; 4. la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, - per avere il Tribunale contraddittoriamente ritenuto che il fosso fosse di proprietà comune e che l' I., nonostante ciò (avesse il diritto di piantare alberi oltre la mezzeria del fosso, cioè oltre la di lui proprietà del fosso stesso, da cui l'assurda ed illogica conclusione che la proprietà del fosso per il G. verrebbe a dipendere dal tipo di albero che l' I. decidesse di piantare nel fosso comune. Il ricorso è infondato. Quanto al primo motivo va, infatti, precisato che, essendo i fondi delle parti separati da un fosso, non è possibile parlare di fondi tra loro confinanti; da cui l'inapplicabilità dell'art. 892 c.c., con riferimento agli alberi piantati dall' I. all'interno del proprio fondo, in relazione al confine con il fosso, del fondo di proprietà esclusiva del G.; inapplicabilità valevole, rispettivamente, anche per il G. nei confronti del terreno di proprietà esclusiva del D.. Inoltre, poichè l'area occupata dal fosso è di proprietà comune delle parti, in base alla presunzione di cui all'art. 897 c.c., che non può ritenersi vinta da contrarie risultanze catastali (e su ciò le parti, ormai, non controvertono più); ne consegue che, avendo il diritto di ciascun comproprietario ad oggetto l'area del fosso, nella sua interezza ed estendendosi per tal motivo i confini degli immobili delle parti, rispettivamente sino all'una ed all'altra riva (v. sent. 1406/7.9) - anche se limitatamente alla quota di proprietà di ciascuno per l'area del fosso - corretta deve ritenersi la decisione del Tribunale che, in ordirne alle piante esistenti nel fosso, misura la distanza legale di esse dall'argine del G. e non da quello del D..
Non sono, invero, applicabili alla fattispecie, per la diversità della relativa ratio, nè i criteri stabiliti dall'art. 891 c.c., per la misurazione della distanza dei fossi o canali dal confine, ispirati all'esigenza di scongiurare il pericolo di franamento nei confronti del fondo vicino; nè i criteri che la giurisprudenza di questa corte ha elaborato con riferimento alle distanze fra costruzioni su fondi separati da una striscia di terreno, essendo la relativa disciplina normativa dettata dall'esigenza di evitare le intercapedini dannose; mentre la normativa disciplinante la distanza degli alberi rispetto al confine è volta ad evitare la propagazione delle radici degli alberi sui fondi altrui, l'estensione dell'ombra, delle fronde di essi sugli stessi fondi, onde impedire il danneggiamento delle culture, del panorama del vicino ecc; esigenze che con riferimento agli alberi insistenti sulla proprietà esclusiva, non confinante con l'altra proprietà esclusiva, NON sussistono; e che per le piante (alberi) insistenti sul fosso di proprietà comune risultano tutelate con il rispetto delle distanze calcolate con riferimento agli argini opposti ai rispettivi confini di proprietà esclusiva. Devesi, inoltre, rilevare che, ritenere legittimo il criterio di misurazione della distanza degli alberi dal confine, così come individuato dal Tribunale, non comporta necessariamente aprire la via all'impianto indiscriminato di alberi o di altre coltivazioni, nel fosso, trattandosi, comunque, di attività sottoposte alla disciplina dell'art. 1102 c.c., che, in tanto possono essere consentite, in quanto non alterino la destinazione naturale del fondo che è quella del deflusso delle acque dei fondi di proprietà esclusiva delle parti, - e che, nella specie, come affermato dal CTU le cui valutazioni sono state fatte proprie dal Tribunale, non risulta alterata dalle piante esistenti in loco, tenuto conto del loro posizionamento.
Infondato è, pertanto, il primo motivo di ricorso. Anche il secondo e quarto motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente perchè connessi, sono infondati e vanno respinti. Infatti, quanto alle distanze legali delle piante esistenti nel fosso di proprietà comune, l'affermazione del Tribunale (secondo cui non veniva in discussione il rispetto delle distanze legali) si spiega con l'avvenuto accertamento di fatto, insindacabile in questa sede, che nessuna delle piante (alberi) dista meno di tre metri dall'argine G.; cosicchè le questioni che, secondo il Tribunale, avrebbero potuto coinvolgere le parti, non potevano attenere che al rispetto (o mancato rispetto) delle norme sulla comunione; norme la cui violazione il Tribunale afferma essere stata dedotta solo con riferimento all'asserito ostacolo che gli alberi avrebbero opposto al deflusso delle acque; ostacolo che la sentenza ha escluso sulla base delle risultanze del C.T.U.. Non sussistono, quindi, nè le violazioni di legge, nè la contraddittorietà della motivazione dedotti. Infondato è, anche, il terzo motivo di ricorso, in quanto il G., con la riforma della sentenza di 1 grado, e quindi, con l'esclusione della condanna all'abbattimento dei tre alberi, comminata dal G.d.P., è risultato totalmente soccombente, con la conseguenza che, correttamente le spese del grado sono state poste a suo carico. Il ricorso va, pertanto, respinto. Segue alla soccombenza la condanna del ricorrente al pagamento in favore del resistente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo. Di qui la massima: qualora due fondi siano separati da un fosso, non è possibile parlare di fondi tra loro confinanti, dal che deriva l'inapplicabilità dell'art. 892 c.c. in riferimento agli alberi che uno dei due proprietari abbia piantato, all'interno del proprio fondo, in relazione al confine con il fosso. Inoltre, poiché il fosso si presume, fino a prova contraria, di proprietà comune (art. 897 c.c.), il diritto di ciascuno dei comproprietari si estende - sia pure nei limiti della relativa quota - fino all'una ed all'altra riva, con la conseguenza che il rispetto delle distanze legali, in riferimento alle piantagioni esistenti nel fosso, va valutato partendo dall'argine di proprietà del vicino. Tale disciplina non consente, comunque, l'impianto indiscriminato di alberi nel fosso, trattandosi di attività sottoposta al regime dell'art. 1102 c.c. in materia di uso della cosa comune". Cassazione civile , sez. II, 25 settembre 2007, n. 19936 Guadagnino c. Inglese Guida al diritto 2007, 48 78 Giust. civ. Mass. 2007, 9
Si confronti, inoltre, per completezza, la seguente pronuncia:
"Le regole dettate dall'art. 892 c.c. in materia di distanze per gli alberi dai confini, pur essendo sostanzialmente finalizzate ad impedire l'occupazione del fondo altrui da parte delle radici degli alberi posti in prossimità del confine, sono tuttavia implicitamente dirette anche a determinare lo spazio ragionevolmente occorrente a ciascun tipo di albero, in relazione all'altezza del fusto, per espandere liberamente le proprie radici e quindi per crescere ed eventualmente fruttificare in condizioni di normale rigoglio. Pertanto, anche qualora non esista un vero confine tra due fondi, ma (come nella specie) dell'unico fondo appartenente al medesimo soggetto una parte sia gravata da un diritto di superficie arborea (anteriore al codice civile vigente, e relativo a diciotto piante di ulivo) ed un'altra sia libera da vincoli, le dette norme trovano applicazione in via analogica come parametro per determinare la distanza minima alla quale il fabbricato nuovo deve essere costruito rispetto agli alberi preesistenti in proprietà separata". Cassazione civile , sez. II, 06 marzo 2003, n. 3289 Fiordalisi e altro c. Liguori Giust. civ. Mass. 2003, 463 Giust. civ. 2003, I,2394