Una porta-finestra può essere considerata veduta, agli effetti dell'art. 900 c.c., solo se in concreto resti accertata la presenza di segni particolari che dimostrino la diversa funzione dell'affaccio, in aggiunta a quella dell'accesso da un vano all'altro.
Nell"ambito dell"apertura di luci e vedute, un posto particolare merita l"installazione di porte e porte-finestre, dove,
"ai fini dell'applicabilità delle norme di cui agli art. 900 ss. c.c., per porta deve intendersi un'apertura praticata in una parete o in una recinzione al fine di crearvi un passaggio, mentre per finestra (che può costituire veduta o luce a seconda che consenta o meno l'affaccio) deve intendersi quella apertura praticata nelle pareti esterne di un edificio al fine di consentire l'areazione e l'illuminazione degli ambienti interni" Cass. 27.4.89, n. 1954, GCM, 1989, fasc. 4.
La regola generale - si veda, amplius, il volume "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto - vuole che
"le porte, in generale, siano destinate all'accesso a locali ed alla uscita da essi e pertanto è necessario che una loro eventuale congiunta destinazione funzionale alla veduta risulti da elementi non equivoci, che denuncino stabilmente tale ulteriore funzione, la quale non può desumersi dal fatto che, al momento della loro apertura e fino alla loro chiusura, esse possano occasionalmente permettere di guardare sui fondi circostanti. Il relativo accertamento attiene al merito ed è sottratto al sindacato di legittimità, se adeguatamente motivato" (Cass. 16.11.83, n. 6820, GCM, 1983, fasc. 10;
in altri termini, poiché le porte sono destinate in generale all'accesso ai locali e dall'uscita di essi, un'eventuale loro congiunta destinazione funzionale a veduta deve risultare da elementi non equivoci
"che denuncino stabilmente tale ulteriore funzione, la quale non può desumersi dal fatto che al momento della loro apertura e chiusura esse possano permettere occasionalmente di guardare sui fondi circostanti" Cass. 5.11.90, n. 10603, GCM, 1990, fasc. 11.
Quanto alle c.d. porte-finestre, pur segnalando l"obiter dictum della seguente pronuncia,
"una porta non può essere considerata semplice luce irregolare, poiché la sua funzione non è quella di illuminare un locale e di consentire il passaggio dell'aria, ma quella di consentire il passaggio delle persone ovvero di impedirlo e quindi può essere aperta senza rispettare le distanze prescritte negli art. 905 e 906 c.c. per le vedute, salvo che sia strutturata in modo da consentire di guardare nel fondo del vicino (porta finestra)" Cass. 26.6.00, n. 8693, GBLT, 2001, 138,
è bene ricordare come, con maggior precisione,
"una porta-finestra può essere considerata veduta, agli effetti dell'art. 900 c.c., solo se in concreto resti accertata la presenza di segni particolari che dimostrino la diversa funzione dell'affaccio, in aggiunta a quella dell'accesso da un vano all'altro" Cass. 12.6.79, n. 3310, GCM, 1979, fasc. 6.
Inoltre, con oggetto porte basculanti cieche, è stato deciso, con riferimento agli stessi principi sopra estesi, che
"l"apertura di porte basculanti cieche non è soggetta al rispetto delle distanze prescritte negli art. 905 e 906 c.c. per le vedute, a meno che sia strutturata in modo da consentire di guardare nel fondo del vicino, ciò poiché tale porta é considerata semplice luce irregolare essendo la sua funzione non quella di illuminare un locale e di consentire il passaggio dell'aria, ma quella di consentire o impedire il passaggio delle persone" Trib. Monza 3.1.06, RG 2006.