- Detenzione illegale di volatili
- Decreto di citazione a giudizio: requisiti
- Individuazione degli animali oggetto di imputazione: basta numero, specie, data dell'accertamento e del sequestro
Il Tribunale di Cuneo ha condannato l'imputato per detenzione illegale di volatili che, ricorrendo in Cassazione, si è lamentato del fatto che, a suo dire, il decreto di citazione a giudizio non consentiva di comprendere di quali animali si trattasse, dato che indicava genericamente 105 pappagalli e ciò non avrebbe consentito di comprendere quali fossero gli animali oggetto del procedimento.
Per la Cassazione il ricorso è infondato.
E' stato ricordato che la contestazione deve essere chiara, precisa e completa sotto il profilo materiale e soggettivo, pertanto, in tema di requisiti del decreto di citazione a giudizio, è sufficiente che il fatto sia contestato in modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa.
Nel caso concreto, il capo di imputazione faceva riferimento a due condotte integranti, ciascuna, la violazione della L. n. 150 del 1992, art. 2, comma 1, lett. F: la prima riguarda, in relazione ad un procedimento distinto, la detenzione per fini commerciali, di "n. 105 esemplari d pappagalli privi di valida documentazione di cessione a fini C.I.T.E.S.." mentre la seconda riguarda, in relazione al procedimento riunito la detenzione di alcuni volatili (specificamente indicati sia nella specie che nel numero), in violazione di quanto previsto dal Reg. CEE 338/1997.
Secondo i giudici, a fronte di tale imputazione, l'imputato è stato in grado di difendersi ma soprattutto di comprendere che gli veniva contestato di aver detenuto illegalmente "i 105 pappagalli" a cui si riferiva l'accertamento del 23.4.2010 e gli altri esemplari oggetto dell'accertamento del 28.7.2010.
Gli animali sono stati identificati in base al numero, alla specie e alla data di accertamento in cui venne redatto apposito verbale di sequestro eseguito nei locali dell'impresa di allevamento e commercio gestita dall'imputato.
Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-01-2015) 04-02-2015, n. 5173
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente -
Dott. ORILIA Lorenzo - rel. Consigliere -
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere -
Dott. ACETO Aldo - Consigliere -
Dott. GENTILI Andrea - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.R. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 343/2012 TRIBUNALE di CUNEO, del 27/01/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/01/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. De Augustinis Umberto che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Cuneo, con sentenza 27.1.2014, ha ritenuto A. R. colpevole di detenzione illegale di volatili motivando il proprio convincimento sulla base delle dichiarazioni testimoniali e dei verbali di sequestro, nonchè della mancata produzione di documentazione da parte dell'imputato che giustificasse la detenzione.
Il difensore ricorre per cassazione denunziando la violazione dell'art. 552 c.p.p., lett. c) in relazione all'art. 552 c.p.p., comma 2. - Omessa enunciazione in forma chiara e precisa - Violazione del diritto di difesa - Nullità del decreto di citazione a giudizio.
Ripercorrendo le tappe della vicenda giudiziaria che lo riguardava, anche attraverso il richiamo ad altri procedimenti, rileva il ricorrente che il decreto di citazione a giudizio non consente di comprendere di quali animali si trattasse, atteso che la generica indicazione di 105 pappagalli non consentiva di individuare nell'ambito dell'allevamento quali fossero gli animali oggetto del procedimento. Osserva di avere proposto la relativa eccezione sia preliminarmente sia in sede di discussione finale.
Motivi della decisione
Il ricorso è manifestamente infondato e va, pertanto, dichiarato inammissibile.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, nel pronunciarsi sull'obbligo di formulare la contestazione in modo chiaro, preciso e completo sotto il profilo materiale e soggettivo, ha avuto modo di puntualizzare che, in tema di requisiti del decreto di citazione a giudizio, ai fini di ritenere completo nei suoi elementi essenziali, il capo di imputazione, è sufficiente che il fatto sia contestato in modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa (tra le varie, Sez. 4, Sentenza n. 34289 del 25/02/2004 Ud. dep. 11/08/2004 Rv. 229070; Cass. 17 dicembre 1994, n. 12474; rv. 199892).
Si è precisato al riguardo che la contestazione in forma chiara, precisa e completa è, dunque, - e non potrebbe essere altrimenti - in funzione dell'esercizio del diritto di difesa, nel senso che il destinatario del decreto che dispone il giudizio deve sapere quali, sia la condotta che gli viene contestata e, ove si tratti di reati di evento, quale l'evento, la conseguenza, cioè, di quella condotta.
Nel caso di specie, nel capo di imputazione si fa riferimento a due condotte integranti, ciascuna, la violazione della L. n. 150 del 1992, art. 2, comma 1, lett. F: la prima riguarda, in relazione al procedimento distinto dal n. RG 343/12, la detenzione per fini commerciali, di "n. 105 esemplari d pappagalli privi di valida documentazione di cessione a fini C.I.T.E.S.. Accertato in (OMISSIS)". La seconda riguarda, in relazione al procedimento riunito rg. dib. n. 544/2012 la detenzione di alcuni volatili (specificamente indicati sia nella specie che nel numero), in violazione di quanto previsto dal Reg. CEE 338/1997. Accertato in (OMISSIS).
Ora, a fronte di siffatta imputazione, è innegabile che l'imputato sia stato in grado di difendersi in relazione ad ogni elemento di accusa, sia stato in grado di comprendere che gli si contestava di avere detenuto illegalmente "i 105 pappagalli" a cui si riferiva l'accertamento del 23.4.2010 e gli altri esemplari oggetto dell'accertamento del 28.7.2010.
Affermare che il destinatario dalla stessa non sia stato in grado di rendersi conto di che cosa si trattasse e di difendersi adeguatamente significherebbe negare l'evidenza anche perchè non si vede - e l'imputato non lo spiega - in che altro modo potessero essere identificati i volatili oggetto della detenzione illegale se non in base al numero, alla specie e alla data di accertamento che li riguarda in cui, come risulta dalla sentenza impugnata venne redatto apposito verbale di sequestro eseguito nei locali dell'impresa di allevamento e commercio gestita dall'imputato.
Per convincersene definitivamente, è sufficiente considerare che l'imputato, (ricevuto il decreto con la data dell'udienza) è stato nelle condizioni di articolare prove testimoniali e di produrre successivamente ampia documentazione, come riporta la sentenza impugnata: ciò dimostra senza alcun dubbio che egli aveva ben presente quale fosse il thema decidendum e quali le tesi da opporre alla ricostruzione dei fatti proposta dall'accusa.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 616 c.p.p. nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2015.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2015