Ammesso che qualcuno venga dichiarato responsabile per i disagi mentali inflitti ad un altro, quale somma potrà̀ essere pretesa a titolo di risarcimento? Decine, centinaia di milioni, qual è in definitiva il prezzo della follia? Che parametri suggerire al giudice per il calcolo?
Anche qui non è semplice rispondere: ma, al di là dell'infinita varietà̀ dei casi singoli, è già̀ abbastanza riuscire a spiegare — mi sembra — quanto profonde e numerose, in generale, possano essere le ripercussioni quotidiane di una realtà̀ come la perdita del senno. Ancor più̀ serie, per tanti versi, rispetto agli inconvenienti di una menomazione puramente somatica: non è assai peggio, il più̀ delle volte, smarrire la ragione, che non perdere l'uso di un braccio o di una gamba?
Il problema, in sostanza, è dare corpo a certe formule generiche del codice, specificando cosa siano in quest'ipotesi il danno «patrimoniale», il danno «morale», il danno «biologico». Occorre insomma cominciare a leggere, e non più solo cose di diritto: fino a quel momento avevo pensato, e sperato francamente, di evitare di farmi cadere addosso un'intera biblioteca di psichiatria; è chiaro invece come ciò non sia possibile. Ma dove cercare informazioni?
Comincio investigando fra le librerie personali che alcuni medici e studiosi di Trieste — Franco Rotelli, Mario Reali, Giovanna Gallio, Maria Grazia Giannichedda, Vincenzo Pastore — mettono generosamente a mia disposizione, e la ricerca poi continua altrove, nelle biblioteche universitarie, presso le varie raccolte pubbliche, tutto quello che riesco a trovare in città. Confusamente, un po' affannatamente. La psichiatria italiana degli ultimi decenni, specialmente quella legata alla genesi della l. 180, poi quella straniera, le opere classiche, su su fino a Kraepelin, a Esquirol e a Pinel; la sociologia delle malattie mentali, la fenomenologia, la storiografia del manicomio: e via via la psichiatria sociale, l'epidemiologia, la psicanalisi, Palo Alto, la medicina legale, le cento branche e sottodiscipline di cui all'inizio ignoravo perfino l'esistenza.
È quasi un'immersione senza fine: apro, consulto, scorro o divoro, a seconda dei casi, 1.500 fra libri e articoli nel giro di sei mesi, e si può̀ dire che tutti gli ultimi capitoli del libro, specialmente nelle note, fra mille incertezze e correzioni, finiscano per scriversi da soli.
Il danno raccontato nei dettagli: ossia le spese da affrontare per le psicoterapie, le ripercussioni nell'ambito domestico, la diminuzione o la perdita della capacità di lavoro, l'emarginazione professionale determinata dal «marchio della follia», le preclusioni legali, le turbe o il tramonto della creatività̀, le difficoltà di amministrare al meglio il proprio patrimonio. E poi ancora — come voci del danno morale — la solitudine improvvisa e crescente, il distacco forzato da tante cose, la dipendenza rispetto a quasi tutti, l'impossibilità di difendersi da altri mali, la crisi della famiglia, la distruzione dei rapporti d'amore, in molti casi una rinuncia al sesso.
Quando decido di fermarmi, per riordinare i quaderni di appunti, mi accorgo di aver lavorato oltre un anno di seguito; non resta ormai che rifinire dei passaggi e battere a macchina ogni cosa. Passeranno così altri due mesi, poi la consegna delle pagine al Mulino di Bologna, poi la correzione delle bozze. Il libro esce nel settembre del 1984.