-  Mazzon Riccardo  -  31/05/2014

DANNI CAUSATI DALL'INEFFICENZA DEL MURO DI CONTENIMENTO: RISPONDE IL PROPRIETARIO DEL FONDO SUPERIORE? - RM

Sulla premessa della seguente, complessa, vicenda processuale

"con ricorso al pretore di Agrigento, depositato in data 12 giugno 1992, L.P.A., premesso: che era proprietario-possessore di un immobile nella località balneare "Lido Azzurro", in territorio del Comune di Porto Empedocle, confinante con terreno appartenente a T.S.; che questo, posto ad una quota più elevata, era separato dal fondo con un fabbricato del ricorrente da un muraglione di sostegno; che, a causa delle piogge invernali, tale manufatto presentava diverse lesioni, per le quali sussisteva il pericolo di crollo sulla sottostante casa del vicino; che vani erano risultati i vari solleciti, affinchè l'intimato compisse le necessarie opere di consolidamento del muro in questione; tutto ciò premesso, il ricorrente chiedeva che il giudice ordinasse la necessaria riparazione ovvero la ricostruzione del muraglione stesso, disponendo per il successivo giudizio di merito. T. si costituiva con memoria difensiva, eccependo in via pregiudiziale la disintegrità del contraddittorio, in quanto comproprietari di quel muro erano anche la moglie D.N. C., i coniugi G. e T.M.; la moglie dello stesso ricorrente, e cioè T.P., e per lei, ormai deceduta, anche la figlia L.P.I.S., erede come pure il ricorrente stesso. Deduceva inoltre che le lesioni apparse sul muraglione erano state cagionate dai lavori di scavo eseguiti dai proprietari di alcuni mappali confinanti, nei confronti dei quali l'azione andava esercitata, e perciò eccepiva carenza di legittimazione passiva. Nel merito osservava che la norma di cui all'art. 887 c.c. non era applicabile nel caso di specie, sia perchè non si trattava di muro costruito nell'abitato, sia perchè anche il ricorrente, come tutti i soggetti suindicati, nei confronti dei quali perciò la domanda doveva essere pure proposta, ne era comproprietario, e pertanto tutti avrebbero dovuto concorrere alle opere invocate in ragione delle rispettive quote. Perciò chiedeva il rigetto della domanda per carenza dei presupposti. Contestualmente svolgeva riconvenzionale, con cui chiedeva che L. P. venisse condannato, assieme alla figlia I.S., alla demolizione di alcune opere costruite in violazione delle norme edilizie, urbanistiche e sismiche. Tutti i terzi chiamati in causa non si costituivano, e perciò ne veniva dichiarata la contumacia. Disposta ed espletata consulenza tecnica di ufficio, e ordinata l'integrazione del contraddittorio con tutti i soggetti sopraindicati, tranne che nei riguardi di I.S., il tribunale, in composizione monocratica, nel frattempo divenuto competente a seguito della soppressione dell'ufficio del pretore, con sentenza del 3.10.1999, rigettava la domanda principale, come pure la riconvenzionale, condannando il ricorrente al rimborso delle spese a favore del resistente. Quanto alla prima, esso osservava che le lesioni apparse nel muraglione erano state cagionate dai lavori di sbancamento eseguiti tempo prima dai proprietari dei fondi limitrofi a quelli delle parti in causa, per i quali T. non poteva rispondere. In ordine alla domanda riconvenzionale metteva in che L.P., aveva presentato istanza per la sanatoria delle costruzioni abusive denunziate dal convenuto stesso. Contro tale pronuncia L.P.A. proponeva appello principale, cui T.S. resisteva, svolgendo a sua volta quello incidentale, dinanzi alla corte territoriale di Palermo. Anche G. e T.M.T., nonchè D.N. C. si costituivano, proponendo a loro volta appello incidentale avverso quella sentenza, chiedendo declaratoria di carenza di legittimazione passiva, e, nel merito, il rigetto della domanda dell'appellante, con condanna di questi a demolire le opere costruite a distanza illegale dal confine. Il giudice del gravame, con sentenza del 21 marzo 2003, in parziale riforma di quella di primo grado, ha dichiarato l'obbligo di Salvatore T. di concorrere alle spese di ricostruzione o riparazione del muro di proprietà comune con l'appellante; ha dichiarato inammissibile l'appello nei riguardi di G. e T.M.T., nonchè di D.N.C.; ha dichiarato altresì la nullità parziale della sentenza impugnata per disintegrità del contraddittorio per la domanda proposta anche nei confronti di L.P.I.S., rimettendo la causa al primo giudice limitatamente a tale capo; ha compensato le spese del doppio grado nel rapporto tra L.P. e T.S., mentre le ha poste a carico del primo in quello intercorso con gli altri appellanti incidentali. In particolare, quanto al rapporto tra L.P. e T. S., la corte di appello ha osservato che dagli atti acquisiti era emerso che anche l'appellante era comproprietario del muro di contenimento, e siccome non poteva essere condannato ad un "facere" per l'intero, allora andava emessa declaratoria del relativo obbligo di concorrere pro-quota alla demolizione o riparazione del manufatto in questione. Circa lai domanda proposta dallo stesso appellante nei confronti degli altri appellati, la corte palermitana ha messo in rilievo che essa era stata proposta per la prima volta solamente in appello, atteso che in primo grado l'attore non l'aveva svolta nei loro confronti in sede di integrazione del contraddittorio, perciò essa domanda era inammissibile. Quanto poi alla riconvenzionale relativa alla demolizione o arretramento delle opere non a norma, doveva essere disposta l'integrazione del contraddittorio anche nei confronti della litisconsorte I.S., che era comproprietaria dei relativi manufatti assieme al padre L.P., e perciò la causa sul punto doveva essere rimessa al primo giudice. Avverso questa sentenza T.S. ha proposto ricorso per Cassazione, enunciando tre motivi. L.P.A. non si è costituito. Il ricorrente ha depositato memoria" Cassazione civile, sez. II, 05/05/2008, n. 11020 Tuttolomondo c. La Porta Guida al diritto 2008, 38, 81 (s.m.)

e sollecitata dai seguenti tre motivi di ricorso,

"col primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., con riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 3 (rectius 4) del codice di rito, in quanto la corte di merito avrebbe pronunciato su una domanda non formulata dall'attore, e precisamente sulla disciplina della riparazione del muro comune, prevista dall'art. 882 cod. civ., nonostante che egli avesse invocato l'applicazione della norma relativa alla costruzione e conservazione del muro fabbricato tra fondi a dislivello nell'abitato (art. 887 c.c.)..omssis... Col secondo motivo il ricorrente denunzia violazioni e/o falsa applicazione degli artt. 882 e 1170 c.c. (rectius art. 1172 c.c.), in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 giacchè la corte distrettuale non avrebbe considerato che il pericolo di crollo del muraglione di sostegno per le lesioni apparse sul medesimo era sorto a seguito dei lavori di sbancamento compiuti dai proprietari delle particene confinanti col fondo di cui era comproprietario, sicchè esse erano legate da nesso causale con l'esecuzione degli stessi. Pertanto ne dovevano rispondere unicamente i terzi autori, di cui aveva chiesto la chiamata in causa al giudice di primo grado, senza che la relativa istanza, peraltro reiterata, fosse stata accolta....omissis....Col terzo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'art. 91 c.p.c., poichè la corte di appello non avrebbe dovuto compensare le spese del doppio grado di giudizio tra lui e L.P., dal momento che sin dai primi atti del processo egli aveva fatto prontezza di contribuire alle spese occorrenti per la riparazione del muro, sicchè esse dovevano essere poste a carico dell'appellante principale" Cassazione civile, sez. II, 05/05/2008, n. 11020 Tuttolomondo c. La Porta Guida al diritto 2008, 38, 81 (s.m.)

la Suprema Corte, in applicazione dei principi generali (cfr., amplius, il volume "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto), ha precisato come, in tema di fondi a dislivello, il proprietario di quello superiore sia tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine, quando tale costruzione si renda necessaria per contenere il franamento del terreno che arrechi pregiudizio al fondo inferiore, con la conseguenza che egli deve rispondere dei danni derivati a tale fondo per non avere provveduto tempestivamente ed efficacemente all'anzidetta costruzione, o per avere trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente; a maggior ragione il principio della contribuzione alle spese stesse deve valere pure nell'ipotesi di proprietà comune:

"il primo motivo è inammissibile, per carenza di interesse, posto che,sin dal primo atto difensivo, il convenuto aveva contestato che nella fattispecie in esame potesse configurarsi l'applicabilità della norma di cui all'art. 887 c.c., atteso che intanto non si trattava di fondi posti nell'abitato, bensì in luogo di villeggiatura, e perciò distante dal centro di Porto Empedocle; inoltre quel muro era stato costruito anche con la partecipazione alla spesa da parte dei coniugi La P.- T., e quindi era di proprietà comune. Pertanto la relativa statuizione era più favorevole all'appellato stesso, dal momento che l'obbligo di concorrere alle spese veniva posto a suo carico solamente per la quota di sua proprietà, e non invece per l'intero, come sarebbe stato nella ipotesi disattesa dalla corte distrettuale. Peraltro lo stesso ricorrente col terzo motivo del ricorso ha riconosciuto di avere invocato l'applicazione della norma di cui all'art. 882 c.c. col riferire di averne proposto la relativa eccezione sin dal primo grado.....omissis...La seconda censura non ha pregio. Il giudice del gravame ha osservato che T.S. era comunque coobbligato, assieme agli altri comunisti, a concorrere alle spese necessarie per la ricostruzione o riparazione del muro pericolante, a prescindere dagli autori degli sbancamenti che avevano provocato le lesioni del muro stesso; e ciò in virtù della sua qualità di contitolare del diritto di proprietà del manufatto, trattandosi di obbligazione "propter rem". Semmai avrebbe potuto esercitare l'azione di rivalsa in un secondo tempo nei confronti degli stessi, la cui posizione non poteva dispiegare riflessi diretti nel rapporto tra l'attore e il convenuto. L'assunto è esatto. Indubbiamente, come anche in tema di fondi a dislivello il proprietario di quello superiore è tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine, quando tale costruzione si renda necessaria per contenere il franamento del terreno che arrechi pregiudizio al fondo inferiore, con la conseguenza che egli deve rispondere dei danni derivati a tale fondo per non avere provveduto tempestivamente ed efficacemente alla anzidetta costruzione, o per avere trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente; a maggior ragione il principio della contribuzione alle spese stesse deve valere pure nella ipotesi di proprietà comune, come nella specie in esame (Cfr. pure Cass. Sentenza n. 9156 del 27/08/1991). Peraltro in tema di spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni, che costituiscono l'oggetto di un'obbligazione "propter rem", in quanto conseguenza della contitolarità del diritto reale su beni e servizi comuni, l'obbligazione di ciascun comproprietario di contribuire alle spese stesse per la conservazione dei beni comuni nasce proprio nel momento in cui è necessario eseguire le relative opere, a prescindere da eventuali cause esterne di produzione del danno o pericolo, per le quali soccorre l'azione di rivalsa (V. pure Cass. Sentenza n. 6323 del 18/04/2003). Sul punto perciò la sentenza impugnata risulta motivata in modo giuridicamente corretto....omissis....La terza doglianza non ha pregio. Invero la corte di appello altro non ha fatto che compensare le spese per intero per il doppio grado, considerando la sussistenza di giusti motivi, esprimendo un giudizio scaturito dalla domanda già avanzata dall'appellante, riconosciuta fondata, anche se solo pro-quota. Si tratta peraltro di valutazione di merito, non sindacabile in sede di legittimità, se non solamente nei casi in cui la parte totalmente vittoriosa venga condannata alle spese. In proposito infatti la giurisprudenza insegna che la valutazione dell'opportunità della compensazione totale o parziale delle spese processuali, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca sia in quella della ricorrenza di altri giusti motivi, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, e non richiede specifica motivazione, restando perciò incensurabile in sede di legittimità, salvo che risulti violato il principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, ovvero che a fondamento della decisione del giudice di merito di compensare le spese siano addotte ragioni palesemente illogiche ed erronee (V. pure Cass. Sentenze 16012 del 14/11/2002; CONF 200005390; CONF 200210861). Ne deriva che il ricorso va rigettato. Infine quanto alle spese di questa fase, non si fa luogo ad alcuna pronuncia, stante la mancata costituzione dell'intimato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2007. Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2008" Cassazione civile, sez. II, 05/05/2008, n. 11020 Tuttolomondo c. La Porta Guida al diritto 2008, 38, 81 (s.m.).

 




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