Il requisito del controllo analogo nelle società in house non deve escludere la necessità per gli enti locali soci di rispettare l"equilibrio economico-finanziario della società
La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Regione Veneto, deliberazione 20 febbraio 2017, n. 111, è intervenuta sul tema delle società in house e, in particolare, sul rapporto intercorrente tra il requisito del controllo analogo e la necessità che detto controllo non "esaurisca" la verifica dell"equilibrio economico-finanziario della società controllata.
Ad esito della verifica condotta sulle partecipazioni di un comune, i giudici contabili veneti hanno evidenziato, tra l"altro, quanto segue:
-) il controllo analogo si concretizza nell"esercizio di un controllo di tipo amministrativo, paragonabile a quello che l"ente partecipante esercita sui propri organi;
-) il controllo analogo è "diverso da quello tipico del diritto societario, tanto da comportare l"assimilazione della società in house ad un ente pubblico (ex multis, Cd.S., sez. V, sentenza n. 1224 del 13.3.2014)";
-) il controllo analogo "non esclude affatto l"osservanza dei principi della sana gestione finanziaria e, primo tra tutti, quello di assicurare, attraverso la governance, l"equilibrio economico-finanziario dell"organismo partecipato".
I giudici contabili richiamano, al riguardo, la possibilità per le società in house di fallire, così come la giurisprudenza, peraltro non sempre concorde, ha sostenuto in passato. Come è noto, ora questa posizione della giurisprudenza è stata recepita nel d. lgs. n. 175/2016 (T.U. sulle società partecipate), che appunto stabilisce l"assoggettamento delle società a partecipazione e controllo pubblici (ivi comprese quelle in house) alle procedure fallimentari.
Da questo impianto normativo ed interpretativo discende che gli enti pubblici partecipanti, nel caso di specie, "avrebbero dovuto operare una gestione improntata ai principi di certezza e preesistenza della copertura finanziaria della spesa programmata, al fine di non esporre l"organismo controllato e, di conseguenza, se stessi al rischio di una compromissione degli equilibri di bilancio, presenti e futuri, in palese violazione del precetto costituzionale di cui all"art. 97 della Costituzione."
E quest"approccio non viene meno nemmeno per le società in house providing che, in specie nei rapporti con i terzi, si atteggia "come un qualunque soggetto imprenditoriale privato, in quanto tale a rischio di insolvenza, con il conseguente obbligo, per i soci, di operare scelte compatibili con il principio di economicità, inteso quale autosufficienza economica ed equilibrio economico-finanziario."
Quando ciò non avviene, si configura una rilevante criticità nella governance della partecipata, imputabile anche al Comune socio di maggioranza.
Ancora una volta – come più volte abbiamo avuto modo di segnalare su questo sito – il "destino" delle società a partecipazione pubblica e, in particolare, delle società in house, è inscindibilmente connesso con quello degli enti pubblici soci. A questi ultimi, se possibile, è richiesto un livello superiore di attenzione e di controllo rispetto a qualsiasi altro socio di società: infatti, essi esercitano contestualmente tre ruoli: il ruolo di socio, il ruolo di affidante il servizio di interesse generale e, infine, ma non meno importante, il ruolo di garante nei confronti dei cittadini-utenti di quel servizio.