Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  01/01/2024

"Confessione non valida", l'assassino di Vanessa ricorre

PER LE AVVOCATE LA TELEFONATA AI CARABINIERI NON È UNA PROVA

“Ho fatto una cosa brutta”, aveva detto BF. Ma per la procura la detenzione di carcere del presunto femminicida è necessaria per il concreto pericolo di fuga

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"Venite, ho fatto una cosa brutta": con questa parole si era rivolto ai carabinieri BF, il cittadino kosovaro di 41 anni, poco prima di essere arrestato con l'accusa di aver ucciso a coltellate Vanessa Ballan il 19 dicembre scorso a Spineda di Riese Pio X (Treviso). Una frase che, secondo la procura, avrebbe sostanzialmente il valore di una confessione. Così non è per le avvocate dell'uomo, che hanno presentato istanza al tribunale del Riesame di Venezia contro l'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico del presunto femminicida.

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Le due legali, Chiara Mazzocato e Daria Bissoli, lo avevano in sostanza già preannunciato poco dopo la loro prima visita in carcere a F. Certo, l'impianto accusatorio su cui si regge il provvedimento va al di là della breve frase al telefono, ma intanto la difesa si oppone prima che questo diventi l'appiglio con cui l'accusa sostiene che l'uomo sia reo confesso. "Il nostro assistito è molto provato - avevano riferito dopo l'interrogatorio di convalida, in cui F era rimasto zitto -. Non riesce a dormire né a mangiare. È veramente difficile instaurare una comunicazione con lui in questo momento". Ci sono, secondo il collegio difensivo, delle 'falle' nella ricostruzione delle fasi del delitto, dei dubbi sulla premeditazione e quindi sulla pesantezza della misura cautelare, quella massima prevista




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