Malpractice medica  -  Nicola Todeschini  -  17/07/2017

C'era una volta il diritto: come le assicurazioni vorrebbero leggere la Gelli Bianco

Ricordo le reazioni spocchiose -e a volte pure poco cortesi- alle mie critiche rivolte alla Balduzzi. Risultavano evidentemente oltraggiose, addirittura fantasiose, perché la Balduzzi...era la Balduzzi, ed avrebbe spopolato come una hit, piegando regole, giurisprudenza, ermeneusi e soprattutto cancellando la responsabilità contrattuale portatrice di ogni male come, dopo le quartine autunnali, il danno morale.

Delle mie stesse fantasie si sono nutriti molti altri interpreti e pure la Corte di Cassazione che ha trasformato in incubi i sogni maliziosi di alcuni affermando l'ovvio: la Balduzzi non sovvertiva le regole della responsabilità civile e, per predisporre una riforma degna di questo nome, erano necessari ben altri sforzi, il rispetto della lingua italiana, e soprattutto della Costituzione.

Poi è arrivata la Gelli Bianco, anticipata da un carrozzone mediatico senza precedenti che ha convinto la maggior parte dei sanitari a non leggere nemmeno il testo, ma a sostenerlo e basta. Inconsapevoli ed a volte melliflue prese di posizione hanno contribuito ad eleggere a norma di riferimento una regola arrogante, scritta con presunto piglio di superiorità e perentorietà (siano tali regole imperative!), avventata ed inconcludente. 

I commenti più disattenti hanno composto, in copia e incolla piuttosto modesti, una sorta di laitmotiv a più non posso ripetuto: confermata la responsabilità contrattuale della struttura, diventa extracontrattuale la responsabilità del medico dipendente. La stampa ghiotta di articoli ad effetto ha soprattutto ripreso la seconda, presunta, novità, tanto da far credere che d'ora innanzi -insomma dal pesce d'aprile in poi- il paziente avrebbe dovuto sudare sette camice per farsi risarcire dal medico proprio in virtù di questo colpo di bacchetta magica.

Addirittura si sono susseguiti commenti che hanno ignorato, maliziosamente, il testo della presunta novella perché nelle slide, come si sa, mica si può dire tutto, mica si può festeggiare una riforma per poi spiegare che non lo è, tanto più se l'ordine di scuderia è quello di festeggiarla.

Se gli interessati, nel gioco delle parti, è lecito -ma sino ad un certo punto- che facciano il gioco delle tre carte sul contenuto e sui titoli per dare a bere ai proprio elettori una realtà che invece non esiste, non altrettanto, in tutta franchezza, è spiegabile se a salire sulla tradotta delle compagnie di assicurazione siano commentatori ai quali si chiede approfondimento critico ed equidistanza.

Se, insomma, Gelli scrive un commento alla sua riforma insieme a validi interpreti delle aspettative delle compagnie di assicurazione, tentando di offrire un'interpretazione autentica della propria riforma, qualche cosa non va: non in chi ne profitta, libero dal giogo dell'imparzialità, ma in chi dimostra, diciamo così, un orientamento pericoloso, com'è certo quello di svelare, con ancor più sfacciataggine di un tempo, quale sia la dama di compagnia prediletta. Meglio, qualcuno dirà, essere così “franchi” che coltivare nell'ombra le proprie inclinazioni, secondo la teoria, ormai molto in voga, del “meno peggio”, anche se l'illusione dell'elettore sulla tendenziale imparzialità del legislatore meriterebbe maggior agio.

Ma torniamo a noi. 

Dopo la riforma Gelli Bianco non ho mancato di commentare con una certa decisione l'amatorialità del disegno del legislatore, l'inconcludenza dei suoi fini, la contraddittorietà del testo licenziato e della mancanza di un vera prospettiva, e le reazioni, al pari di quelle citate in apertura, non si sono fatte mancare.

Ho però già registrato, e non per merito mio, la presa di posizione, favorevole alle mie tesi, della cassazione penale, e ho motivo di attendermi altrettanto da quella civile, se non altro perché la lezione, già assestata al legislatore dalla Corte di Cassazione dopo la Balduzzi, possa far trionfare almeno la rassicurante conferma del fatto che le regole non saranno sgretolate da testi normativi ipocriti ed incostituzionali.

Ma di recente ho letto di più: un plauso, sconfinato, al limite della piaggeria, nei confronti di un desiderio, più che di una tesi interpretativa, secondo la quale non solo il commiato alla responsabilità contrattuale del medico dipendente sarebbe definitivo, ma addirittura che andrebbe ripensata la giurisprudenza sull'art. 2236 c.c. non in vista di un'evoluzione giurisprudenziale che chiunque è lecito auspichi, ma in quanto a tale conseguenza, e al ribaltamento pure delle regole della responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, si dovrebbe giungere grazie ad una corretta interpretazione della riforma Gelli Bianco.

E' una premura, la mia, in odio alla libertà di immaginare un mondo capovolto? No di certo, la lettura di tesi opposte alla propria è sempre gradita perché consente, se del caso, di rafforzare l'opinione già espressa ovvero di coglierne momenti bui che meritano la luce, addirittura un'inversione di tendenza.

Quando però la tesi è il frutto di una forzatura, che per essere adombrata ha necessità di alterare il testo che si vorrebbe commentare, 




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

immagine articolo

Video & Film