-  Redazione P&D  -  09/07/2015

CARCERE, REMS DETENTIVE, REMS NON DETENTIVE - Mario IANNUCCI e Gemma BRANDI

Mario Iannucci e Gemma Brandi

Psichiatri psicoanalisti – Salute Mentale Adulti Firenze 1/4 e Istituti di Pena di Firenze

 

In dieci minuti non si può affrontare nemmeno marginalmente il tema della follia reclusa, trasgressiva e pericolosa, che solo gli stupidi potrebbero pensare di restringere nelle mura "anguste" degli OPG, delle REMS detentive, delle REMS non detentive. Ecco perché abbiamo cambiato il titolo: non tratteremo infatti solo delle REMS non detentive, ma anche del carcere e delle REMS detentive. Bisognerebbe aggiungere anche i Servizi di Salute Mentale in generale, ma in dieci minuti sarebbe troppo. Pastoie Mitezza Vincoli Frontiere, ecco i confini della cornice di questa Sessione. Cercheremo di evidenziare come, evitando le pastoie della incompetenza, del cinismo che si maschera dietro le scelte governate dall"ideologia e della irresponsabile superficialità, si possa raggiungere la luminosa frontiera di un vincolo mite.

Tre storie brevissime, storie di fantasia, ma che potrebbero facilmente sovrapporsi alle ultime tre storie nella quali ci siamo imbattuti, da un punto di vista clinico, nei giorni scorsi. Per introdurre queste storie ci vuole una premessa. Qualcuno, stamani, ha lungamente proiettato una diapositiva nella quale c"era scritto: "Tutti gli uomini cercano di stare bene". L"esperienza clinica -l"esperienza di chiunque non sia superficiale- testimonia invece, incontrovertibilmente, che "non tutti gli uomini cercano di stare bene" e che "Hell Ain"t a Bad Place to Be", come cantava Bon Scott degli AC/DC. Bon Scott, che è morto soffocato da suo vomito, in mezzo all"alcool e forse alla droga.

Il primo caso: Aimée.

(Un caso che riguarda prevalentemente il carcere)

Il caso di Aimée: la storia

Aimée soffre di una classica paranoia di autopunizione.

Penultima di quattro fratelli nasce in una famiglia veneta dalle forti tradizioni cattoliche. Molto timida nell"infanzia, con forti tratti di dipendenza e di evitamento. Completamente isolata durante gli anni di scuola. Si sente "diversa", derisa e isolata: è come se un veleno si insinuasse in lei.

E" carina, da giovane, ma quel che si vede è soprattutto l"eccesso di riservatezza e il costante impaccio.

Dopo il liceo classico si iscrive a Farmacia, ma non completa gli studi. Un compagno di università la corteggia, ma lei non lo incoraggia. Tenta la carriera infermieristica, ma non è adatta. Prima impiegata in Veneto, poi dipendente di un ente pubblico a Firenze, conduce una sorta di vita claustrale. In famiglia manifesta comportamenti strani, intemperanze, capricci. Cercano di farla curare da qualche psichiatra. Un famoso antipsichiatra e un altrettanto famoso specialista privato non la indirizzano ai servizi pubblici di salute mentale. Lei abbandona infine le cure psichiatriche.

Incontra di nuovo per strada, casualmente, il vecchio corteggiatore dei tempi dell"università. Ne segue le tracce, anche in rete. Lui è ora un farmacista affermato. Aimée si convince che la sua vita è "fallita" perché ha respinto, all"epoca, le advances dell"uomo. Cova la persuasione delirante che l"ostacolo sia costituito dalla moglie del farmacista, una donna che abita in una bella casa, ha dei figli e vive tra gli agi. Decide di avvicinarla e di ucciderla. Suona alla porta di casa, la sciagurata vittima apre la porta e si ritrova sgozzata con due coltellate. Il reato è compiuto nel pieno di un delirio di autopunizione e Aimée, infatti, viene subito presa.

La stampa si scatena contro la perfida invidiosa. La famiglia della vittima è arcinota in città.

Si capisce immediatamente come la pensano procura e giudici. Una prima CTU collegiale, molto timorosamente, rileva un vizio parziale di mente. I magistrati non sono soddisfatti. Una seconda CTU, molto più "ossequiosa", dichiara una totale capacità di intendere e di volere. Prima pesantissima condanna, con Aimée che, nelle prime fasi della carcerazione, appare confusa, disorientata, sitofobica fino all"esaurimento fisico, in preda a una prostrazione psicotica totale.

Altra CTU in appello. Nuovo timido parere di seminfermità. I giudici della corte di appello però, opponendosi alle conclusioni dei loro periti, la giudicano come "sana di mente". Pesante sentenza di condanna, nella quale Aimée viene definita "malvagia invidiosa".

Subito dopo la paziente manca per pochissimo il suicidio. Accumula un centinaio di compresse di antipsicotico: finisce in rianimazione fra la vita e la morte per sei giorni, poi torna in carcere dopo un breve passaggio in clinica universitaria.

Il ricorso della difesa viene accolto dalla Cassazione, che annulla la sentenza con toni piuttosto forti sulle motivazioni della condanna: «Carente di alcuna scientificità è poi l"affermazione chiave per la quale l"invidia e solo l"invidia avrebbe armato la mano di Aimée »; affermazione ritenuta «confinante con la banalità e del tutto singolare, peraltro, in una trattazione che si nutre giustamente di dati e valutazioni di scienza».

Nel nuovo processo di appello si giunge alla condanna definitiva, come seminferma di mente, a 20 anni di carcere ordinario (più o meno come Anders Brevik) e tre anni di CCC.

Davvero sofferta la permanenza in carcere di Aimée. Dopo molti anni, molte cure e alcune significative relazioni terapeutiche, Aimée raggiunge un equilibrio sufficiente. Fa un "Inserimento Socio Terapeutico" nella biblioteca del carcere, ma poi preferisce il lavoro più umile ma più normale di "spesina". I suoi terapeuti pensano che sia indispensabile confrontarla gradualmente con la prospettiva di un reinserimento esterno. Propongono, in accordo con altri operatori del carcere, dei permessi premio orari a "Le Querce", struttura residenziale per pazienti autori di reato dove si pensa, fra l"altro, che ella possa eseguire almeno parte della misura di sicurezza comminata in sentenza. Questo accade quattro anni or sono e, da quattro anni, il magistrato di sorveglianza rigetta tali permessi, citando, nelle motivazioni dei rigetti, passi della sentenza nei quali vengono sottolineate la "invidia" e la "malvagità" di Aimée. La direzione del carcere, non tenendo in alcuna considerazione il parere di tutti gli altri operatori, sostiene le argomentazioni del magistrato (avete presente la frase con la quale, ne L"uomo della pioggia, l"ufficio liquidazioni della compagnia di assicurazioni respinge l"ennesima richiesta della madre del ragazzo affetto da leucemia: [cito a memoria] "le abbiamo sempre risposto che non risarciremo il trapianto di midollo, ma lei non lo vuole capire: lei è proprio stupida, stupida, stupida"; allo stesso modo, ad Aimée, viene ripetuto: "lei è malvagia, malvagia, malvagia"). La paziente tuttavia, aiutata dai terapeuti che sente vicini, resiste sul suo cammino. Presenterà una nuova istanza di permesso premio da trascorrere presso "Le Querce" e, nel frattempo, durante un aperitivo galeotto di pochi giorni or sono, legge con voce sommessa e con toni sussurrati un suo piccolo e commovente scritto.

Il caso di Aimée: gli errori

Persino a occhi chiusi si riconoscono nel caso Aimée errori macroscopici, che hanno pesato in maniera rilevante nella morte della vittima e che hanno messo in serio pericolo la vita e la salute di Aimée. Facciamo solo un breve elenco:

  • i familiari che distolgono lo sguardo di fronte all"affermarsi progressivo ed evidente del disagio della donna;
  • l"antipsichiatra e lo specialista privato di gran fama che non valutano adeguatamente la profondità del disagio della paziente e non la avviano a un trattamento integrato presso un servizio pubblico di salute mentale;
  • i periti tutti, questi "angeli della medicina che nelle aule dei tribunali chinano le loro ali fruscianti di fronte agli angeli della giustizia", periti che giungono addirittura a pensare di "aver fatto scuola" dichiarando "responsabile" una persona che persino un profano riconoscerebbe facilmente come affetta da un "vizio totale di mente";
  • i magistrati che -totalmente dimentichi della esortazione di Piero Calamandrei: "Ricordate che il processo è soprattutto studio dell"uomo"- manifestano un chiaro intento vendicativo persino nelle parole usate in sentenza, con quella "lingua che ne uccide più della spada";
  • il direttore del carcere, così avidamente alla ricerca di pretesti per esercitare nelle azioni e nelle omissioni trattamentali quell"aspirazione retributiva nella quali, per taluni, si esercita appieno la funzione penitenziaria;
  • i servizi territoriali della salute mentale e dell"assistenza sociale, che manifestano disinteresse e distrazione proprio lì dove sarebbe necessario il massimo di partecipazione e di coinvolgimento;
  • la pusillanimità degli operatori penitenziari della salute mentale e del trattamento, inclini a piegare la fronte proprio quando dovrebbero levare gli scudi.

Il secondo caso: Santo

(Un caso che riguarda prevalentemente le REMS, detentive e non detentive)

Il caso di Santo: la storia

Santo nasce in Toscana nel 1966. Ha un fratello maggiore di due anni e uno minore di due. Subito dopo la nascita dell'ultimo figlio la famiglia di Santo si trasferisce a Milano.

Il paziente ha sempre descritto la sua esistenza come caratterizzata da molta sofferenza e da importanti eventi critici.

Nei primi anni '70 perde il padre per un tumore al pancreas. La madre, vedova e con tre figli piccoli, non riesce a provvedere alle esigenze della famiglia. Santo e il fratello maggiore finiscono in un orfanotrofio, dove rimangono quattro anni prima di rientrare in famiglia.

La madre muore drammaticamente in un incidente stradale quando il paziente ha ventuno anni. Tuttavia, ancora oggi, Santo non perdona la madre per essere stato "abbandonato" nell"infanzia.

Dall"adolescenza il Nostro comincia una esistenza "dissoluta", fatta di trasgressioni e di abusi di sostanze. Per l"evidente disagio psichico accumula, specie dopo la morte della madre, carcerazioni, ricoveri in psichiatria, trattamenti in comunità terapeutiche. Continua a fumare, a bere e a drogarsi. Persona tutt"altro che sciocca, fa però della trascuratezza la sua cifra.

Dieci anni or sono viene operato al cuore per un cardiomioma. Poco dopo patisce un ischemia cerebrale con emiparesi. Anche la colonna cerebrale viene colpita da una artrosi invasiva, con deformazione parziale dei corpi vertebrali e dolori, definiti "intollerabili", per i quali il paziente richiede un costante aumento della terapia con oppioidi che già assume come mantenimento per la tossicodipendenza.

Seguito con costanza dal Ser.T., verso il 2007 viene visitato qualche volta dal SSM del quartiere X di Firenze e anche ricoverato nel SPDC. I servizi, anche per il progressivo decadimento fisico che lo fa apparire assi più vecchio di quanto non sia, decidono di confinarlo in una sorta di RSA alla periferia della Toscana. Santo, pressoché dimenticato, vi rimane per circa sei anni. Viene richiesta e ottenuta per lui la nomina di un AdS, nella persona del fratello maggiore.

L"anno scorso infine, in preda a un delirio di nocumento che riguarda anche il fratello, che funge da AdS e dal quale egli ritiene di essere stato derubato, Santo accoltella quest"ultimo nel corso di una lite, con l"intenzione di ucciderlo.

Condotto subito in carcere a Bologna (il reato, per pochi metri, è compiuto nell"ambito giurisdizionale emiliano), viene perseguito per tentato fratricidio, minacce gravi e sequestro di persona.

Il Gip dispone perizia psichiatrica: il CTU ritiene Santo affetto da totale vizio di mente e pericoloso socialmente. Chiede però ai Servizi territoriali, in ottemperanza al disposto della L. 81/2014, se siano adottabili per il paziente soluzioni residenziali nelle quali Santo possa essere insieme curato e controllato. Il CTU e il Giudice, che conoscono "Le Querce", ci interpellano. Su nostra proposta il paziente viene mandato in misura di sicurezza provvisoria, ex art 206 cp, presso l"OPG di Montelupo, dove lo visitiamo alcune volte in breve tempo. In OPG il Ser.T. interno, senza concordare alcunché col Ser.T. competente per territorio, sospende in pochissimo tempo il trattamento con Subutex.

In accordo con i nuovi curanti territoriali (con il rientro a Montelupo il "responsabile" della psichiatria territoriale decide di affidare Santo, non avendo egli un domicilio stabile, a un SSM del Quartiere Y, diverso da quello X che lo curava prima) e con quelli dell"OPG, decidiamo di ospitare Santo a "Le Querce", commutando la MdS da detentiva in libertà vigilata, nonostante il carattere estremamente problematico del caso.

Santo resta da noi alcuni mesi, durante i quali si comporta con prepotenza, arroganza, intimidazione. Nascono numerosi problemi nel gestire, col Ser.T., la terapia con Subuxone. Segnaliamo al Giudice il carattere estremamente problematico del caso, invitandolo ad ammonire Santo, che nel frattempo viene ricoverato una prima volta nel SPDC. Il Giudice procede a una blanda ammonizione, ma nel contempo emette anche sentenza con la quale proscioglie Santo per vizio totale di mente e conferma la libertà vigilata per cinque anni ex sent. 253/2003 della Consulta.

Continuano, immutati, gli atteggiamenti offensivi, arroganti e provocatori di Santo. In occasione di un passaggio al PS ospedaliero per dei "dolori insopportabili" alla schiena, Santo aggredisce l"operatrice de "Le Querce" che lo accompagna e fugge. Viene rintracciato poche ore dopo e portato nel SPDC, dove fra l"altro riesce ad ottenere, nonostante le indicazioni degli Operatori de "Le Querce", un aumento delle dosi di Subuxone e addirittura l"introduzione di MS Contin, un farmaco a base di morfina. Questo rinfocola l"atteggiamento polemico nei confronti de "Le Querce", dove il paziente dice di non voler tornare. Non essendo possibile altra soluzione, vista l"aggressività di Santo, si pensa di segnalare il caso al magistrato di sorveglianza di Firenze per un ripristino della misura di sicurezza detentiva dell"internamento in una REMS (siamo già dopo il 1°aprile 2015). Il fascicolo è infatti appena stato trasferito a Firenze per competenza.

Non c"è nemmeno il tempo per tale segnalazione: Santo, durante la notte, da fuoco a un divano del SPDC e, approfittando della confusione, scappa per Firenze. Viene ripreso tre ore dopo e, nonostante l"incendio doloso di cui si è reso protagonista, il magistrato di turno ritiene di mantenere il ricovero e di non applicare alcuna misura cautelare detentiva. Non solo: i poliziotti che lo accompagnano nel SPDC si rifiutano di togliere a Santo, con la forza, l"accendino che egli non vuole consegnare agli infermieri. Gli psichiatri del SPDC non effettuano un TSO, che consenta loro di agire con l"indispensabile forza nei confronti di un paziente tanto violento e pericoloso. Tre ore dopo Santo, che ha tenuto l"accendino, dà di nuovo fuoco a un materasso nel SPDC: la stanza prende fuoco e rischiano la vita un paio di degenti e gli infermieri. Santo, nella confusione, fugge di nuovo e non lo si ritrova. Il procuratore di turno, da me informato, mi dice di non poterne disporre la custodia cautelare in carcere nel caso fosse ritrovato. Il magistrato di sorveglianza sostiene che si debba attendere l"udienza per l"accertamento di pericolosità, prevista per la settimana successiva: solo allora si potrà valutare se disporre l"internamento nella REMS. Nel frattempo Santo è irreperibile.

L"udienza presso il Tribunale di Sorveglianza si svolge e l"internamento nella REMS viene ordinato, ma non può ancora essere eseguito: non solo il paziente è latitante, ma manca il visto della procura.

Santo richiama al telefono gli operatori de "Le Querce" pochi giorni dopo l"udienza. Riusciamo a capire, effettuando indagini "in proprio", che è ricoverato in un SPDC della civile Lombardia, dove ha fra l"atro dichiarato la sua vera identità, ma omettendo di raccontare i particolari della sua vicenda giudiziaria. Contattiamo subito i Colleghi di quel SPDC, informandoli che c"è una misura detentiva dell"internamento in una REMS che è già stata disposta e che sta per diventare esecutiva (il provvedimento è andato in procura per l"esecuzione). Li preghiamo di attendere pochi giorni e di trattenere in ogni caso il paziente, senza comunicargli niente del provvedimento, che gli verrà notificato per le debite vie. Conosciamo però i nostri polli e sollecitiamo quindi, nel frattempo, Tribunale di Sorveglianza e Procura. Tre giorni dopo veniamo a conoscenza che la Procura ha firmato e che il Tribunale notificherà il provvedimento al paziente. Segnaliamo tutto questo ai Colleghi del SPDC lombardo. Il mattino dopo, prima che l"ordinanza venga trasmessa e l"internamento eseguito, Santo viene dimesso dal SPDC e lasciato libero. Lui stesso, l"unico "normale" in tutta questa folle vicenda, ci telefona, dalla stazione di una città lombarda, per chiederci come fare a tornare a "Le Querce". Informiamo subito l"organo fiorentino della Polizia di Stato deputato alla esecuzione delle misure di sicurezza. Nessuna collaborazione: non possono fare niente, poiché non dispongono dell"ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Non possono nemmeno informarsi e chiamare i loro colleghi della Pol. Fer. della città lombarda. Nemmeno il magistrato di sorveglianza può fare niente: riusciamo però ad indurlo a mandare a noi, per email, l"ordinanza in questione. Lo convinciamo, infine, a inviarla anche, per le vie brevi ed ufficiali, alla Questura della città lombarda. Ci mettiamo quindi personalmente in comunicazione con la Pol. Fer. di quella città. Un poliziotto molto gentile individua subito Santo, che aveva peraltro già dato nell"occhio. La Pol. Fer. riceve da noi, per email, copia dell"ordinanza. Santo, fermato, viene portato quella sera stessa presso la REMS di Castiglione delle Stiviere, individuata dal DAP come quella dove l"internamento deve essere eseguito: la Toscana, infatti, non ha ancora una sua REMS.

 

Il caso di Santo: gli errori

  • I curanti territoriali (Salute Mentale e Ser.T.) hanno pensato che il trattamento di un caso tanto grave potesse consistere nell"inserirlo, dimenticandosene, in una Struttura Residenziale montana.
  • I curanti non hanno fornito al Giudice Tutelare indicazioni pertinenti sulla nomina dell"AdS, in particolare sulla inopportunità della nomina del fratello come AdS.
  • Non è stata opportuna la decisione autonoma del Ser.T. dell"OPG di sospendere un trattamento sostitutivo con oppioidi che durava da anni.
  • Il Magistrato di merito -per via delle indicazioni del CTU che aveva indicato come praticabile una soluzione terapeutica residenziale non detentiva, ma anche per via delle ipocritiche indicazioni legislative che "impongono" di evitare in ogni modo l"internamento detentivo- ha premuto eccessivamente per adottare una soluzione non detentiva.
  • Il nuovo AdS gli manda soldi in eccesso, che forse Santo accumula.
  • Non si richiede un TSO per togliergli l"accendino dopo che ha già dato fuoco al SPDC una prima volta.
  • La Polizia non collabora in alcun modo per rintracciare il paziente.
  • I Colleghi del SPDC lombardo non lo trattengono dopo essere stati informati che gli è stata di nuovo applicata la MdS detentiva dell"internamento nella REMS.

Il terzo caso: Ciro

(Un caso "somewhere in Tuscany in the middle of nowhere": forse carcere, forse REMS detentiva, forse REMS non detentiva)

Il caso di Ciro: la storia

Ciro viene segnalato a "Le Querce" il mese scorso. Erano già sessanta giorni che il giudice aveva disposto la custodia cautelare in carcere e, contestualmente, il ricovero nel SPDC di zona ex art 286 cpp. I responsabili del SSM e del SPDC ci interpellano non sapendo cosa fare.

La storia di Ciro, in breve. Egli è figlio di giostrai sinti ormai stanziali da anni in una zona della Toscana.

Ciro ha una sorella, figlia dello stesso padre. Ha anche due fratellastri minori, nati dal secondo matrimonio della madre. Il padre di Ciro è morto che il figlio era ancora piccolo: quattro o forse cinque anni. Quando lo abbiamo visitato in ospedale, nel giorno del suo ventunesimo compleanno, Ciro è apparso molto confuso sulle cause della morte del padre: forse è finito sotto un treno vagando lungo le rotaie, forse si è impiccato…. Nemmeno i Colleghi del SPDC, dove lui è ricoverato da due mesi, sanno fornire notizie precise in proposito. La madre, poco dopo la morte del primo marito, si è riaccompagnata con una altro uomo.

Ciro, fino a qualche mese addietro, è sempre stato "un po" indisciplinato": usciva spesso la notte, frequentava compagnie non molto raccomandabili, faceva uso di hashish e forse di altre droghe, non ha mai avuto un vero lavoro …. Da qualche mese si è chiuso molto di più in casa, ha cominciato a fare discorsi strani, è diventato particolarmente aggressivo con i familiari, li ha insultati, li ha minacciati -anche di morte e impugnando un coltello- ha tirato una testata al patrigno. Vari accessi al PS. Un ricovero in TSO, durante il quale è scappato dall"ospedale. Tentativo fallimentare di legarlo a un percorso ambulatoriale di cura. I Colleghi del SSM hanno un atteggiamento ondivago rispetto alla diagnosi: Disturbo Borderline di Personalità, crisi di agitazione e scompensi di tipo paranoide durante abusi di sostanze, Bouffée Delirante e Allucinatoria.

I familiari, esasperati, denunciano infine Ciro per maltrattamenti e lesioni.

Il Gip, come abbiamo detto, dispone la custodia cautelare in carcere e il ricovero in luogo esterno di cura ex 286 cpp, con piantonamento.

All"esito della nostra prima visita al paziente, abbiamo segnalato, intanto, il nostro orientamento diagnostico: probabile Disturbo Schizofrenico di tipo paranoide, con scarsissima coscienza di malattia. Abbiamo quindi invitato il Gip a disporre subito una CTU, poiché a nostro parere il paziente era da prosciogliere per vizio totale di mente. Il giudizio sulla pericolosità sociale, e quindi sul percorso trattamentale da intraprendere, avrebbero dovuto concordemente stabilirlo il CTU e i Colleghi del SSM di zona, valutando anche la compliance del paziente alla terapia complessiva. Persino la possibilità di revocare il piantonamento del paziente da parte della Pol. Pen. avrebbero dovuto valutarla insieme CTU e curanti del SPDC.

La perizia viene effettuata. Noi de "Le Querce" ci teniamo in contatto con i Colleghi del Servizio di zona, i quali, appena due settimane or sono, ci informano che reputano inopportuna la revoca del piantonamento: il paziente non è abbastanza condiscendente e potrebbe scappare. Tre giorni or sono veniamo ricontattati. Pare che il CTU abbia concluso per una totale infermità di mente. Il paziente è un po" migliorato dal punto di vista psichico, ma il piantonamento non è stato revocato. Si richiede una ulteriore valutazione de "Le Querce" per un eventuale inserimento. Anche la madre e l"avvocato difensore del paziente, un paio di settimane addietro, ci avevano telefonato per caldeggiare l"ingresso di Ciro, anche perché informati, a sentire loro, del probabile ingresso di Ciro nella nostra Residenza.

Scriviamo al Gip per confermare che andremo quanto prima a visitare di nuovo Ciro in ospedale. Segnaliamo, al contempo, che nulla di ufficiale sappiamo delle conclusioni del CTU, il quale peraltro mai ci ha interpellati. Facciamo infine presente che ci pare molto improbabile poter inserire a "Le Querce" -luogo nel quale si permane volontariamente- un paziente così poco condiscendete da essere ancora sottoposto, durante un ricovero nel SPDC, al piantonamento da parte della Pol. Pen..

 

Il caso di Ciro: gli errori

  • L"intervento clinico dei Servizi territoriali (in particolare di quello di Salute Mentale) è incerto dal punto di vista diagnostico e prognostico; sembra di apprezzare una sorta di disinteresse per la storia della persona e per la sua grande sofferenza; viene sottovalutato il potenziale aggressivo di Ciro (anche autoaggressivo).
  • I Servizi (in questo caso per scelta volontaria del Responsabile del SSM locale) sono assolutamente restii ad occuparsi della progettazione del percorso giudiziario del paziente, come se questo percorso fosse svincolato dal piano terapeutico.
  • Il Gip, forse opportunamente, non intende mandare subito in carcere il paziente; applica sì la custodia cautelare in carcere, ma ricovera Ciro in un SPDC; non dispone però immediatamente un accertamento peritale e non chiama subito i Servizi a fornire una celere risposta terapeutica, una risposta che preveda anche i modi per controllare la pericolosità sociale del paziente che dipende dalla grave sofferenza psichica.
  • Il CTU (forse per guadagnare dei punti presso gli Organi Centrali dell"Organizzazione della Salute Mentale pubblica e presso i Colleghi del CSM, tutti molto schierati ideologicamente) indicherà magari come opportuna e sufficiente la misura di sicurezza non detentiva da eseguirsi in una Struttura non detentiva, come "Le Querce", ma senza essersi minimamente consultato con gli operatori della suddetta Struttura.

 

Conclusioni

Cercheremo, per concludere, di rientrare di sghimbescio dentro lo schema imposto da Paolo Cendon.

  1. A) Rintracceremo, intanto, le relazioni tra il "disagio" intercettato dalle nostre storie cliniche e altre forme di "disagio"
  2. Esiste una estesa sovrapposizione tra il disagio psichico, così come noi lo riconosciamo in epoca post 180, e forme di disagio connesse ma espunte dalla competenza della salute mentale: tossico e alcooldipendenze, handicap (discontrollo del comportamento da patologie organiche) e talune manifestazioni di deterioramento cerebrale senile.
  3. Non ha senso oggi -ovunque nel mondo ma in particolare nei paesi dell"Occidente- parlare di carcere senza parlare della prevalente funzione di "trattamento" del disagio psichico che l"istituzione penitenziaria esercita. Si può pensare, con taluni, di "abolire il carcere". Aboliremo il carcere con decreto e d"urgenza, inserendo nello stesso provvedimento l"obbligo, per l"intera umanità, di "abolire nel contempo le malattie e le guerre". Aboliremo il carcere con una piccola riserva, che è la stessa che ha avuto Nils Christie, vessillifero degli abolizionisti del carcere in tutto il mondo: che il carcere, da abolire, è però l"unica soluzione per casi come quelli di Anders Brevik (l"omicida di 77 persone di Oslo e Utoya) o di Adam Kabobo (l"omicida picconatore di tre passanti casuali per strada, a Milano, nel 2013) o di Aimeé.
  4. Occorre riconoscere la sofferenza psichica, anche grave, come una delle cause delle "migrazioni". Se è vero che la prevalenza dei gravi disturbi mentali in carcere raggiunge percentuali che si aggirano fra il 30 e il 70 %, è vero altresì che in tutte le grandi Case Circondariali le percentuali degli stranieri superano, talora abbondantemente, il 50%.

 

  1. Cosa non fare, se si vuole affrontare senza particolari pericoli e senza estesi danni il problema dei mentally ill offenders
  2. Non devono scrivere le leggi persone assolutamente incompetenti, che disegnano percorsi insostenibili e molto pericolosi socialmente.
  3. Su queste e altre questioni centrali per la convivenza civile è indispensabile che sia proibito (ricorrendo magari ad apposita disposizione costituzionale: il richiamo alla Costituzione è d"obbligo e funziona sempre), che di tali questioni ci si occupi facendo valere pregiudizi ideologici che fanno i cozzi con le buone pratiche e con la indispensabile attenzione per le persone indebolite.
  4. Occorre non mettere il carro avanti ai buoi, dicendo che per i folli-rei vanno adottate dalla data X misure diverse dagli OPG e dalle CCC, ma senza avere pronte in alcun modo, per quella data X, soluzioni alternative: in questo modo dal 1° Aprile 2015, gli internandi toscani e liguri non li mandiamo più a Montelupo, OPG esecrabile, ma a Castiglione delle Stiviere, OPG regale e dorato.

 

  1. Cosa fare per affrontare il problema dei mentally ill offenders con qualche speranza di avere dei vantaggi per i pazienti
  2. Occorre, intanto, operare un"adeguata scelta degli operatori, che dovrebbero essere predisposti, resilienti, capaci di sostenere un confronto responsabile con gli altri e con quelle componenti interiori che li inducono a intraprendere questa "professione impossibile".
  3. Indispensabile è poi la formazione adeguata degli operatori, continua, teorica e pratica, effettuata da docenti il cui sapere nasca dalle pratiche; la formazione universitaria nel settore va completamente rifondata.
  4. E" ormai essenziale obbligare i Servizi di Salute Mentale di tutta Italia a forensizzarsi nella maniera adeguata, acquisendo le necessarie competenze giuridiche e penitenziarie.
  5. Va cancellata radicalmente la sedicente psichiatria forense fatta da grotteschi, incompetenti e salottieri criminal profilers.
  6. Occorre disegnare e approntare una filiera composita, articolata, elastica e ragionevole di risposte all"immenso problema della follia trasgressiva.
  7. Queste risposte devono essere pronte, competenti, facilmente reversibili, inestricabilmente radicate nei servizi pubblici di salute.
  8. E" infine indispensabile favorire una collaborazione effettiva fra le diverse professionalità che si occupano di un paziente, fra le diverse istituzioni: ma come è possibile che non dialoghino fra di loro, in modo adulto e responsabile, le istituzioni della giustizia, della pena e della salute?

 

La tendenza seclusiva e autopunitiva del folle-reo continuerà a mettere alla prova le nostre capacità terapeutiche. Ma non falliremo se saremo in grado di rimanere curiosi, creativi, ben radicati come "Le Querce" nel solido terreno delle nostre pratiche, che sono e saranno sempre pratiche ardimentose.




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