Malpractice medica  -  Nicola Todeschini  -  12/08/2014

Balduzzi novellato da Milano? Commento a Trib. Milano, sez. I civ., 17 luglio 2014

La grancassa mediatica eleva la pronuncia di Milano, qui in commento, a novella legislativa, vale la pena riflettere su tale anomali atteso che i media, in questi giorni, si sono scatenati attribuendo alla pronuncia un'arroganza novativa che invece non ha. Mi perdoni l'estensore, quindi, se illustrerò con una certa decisione tale atteso eco di rimbalzo, che supera certamente la volontà del magistrato.

Le voci che si levano suonano, più o meno tutte così: La responsabilità del medico dice addio al titolo contrattuale, d'ora innanzi il paziente dovrà sudare le sette camice imposte dalla responsabilità ex delictu per aver ragione dell'errore medico, storica sentenza del Tribunale di Milano.

Ebbene, in effetti la pronuncia, allegata, offre agli interpreti un interpretazione, che per l'innanzi appellerò “tesi milanese” che allude alla rivisitazione della responsabilità contrattuale da contatto sociale del medico dipendente della struttura sanitaria che si trasformerebbe, per volontà della legge Balduzzi, in responsabilità solo extracontrattuale, alla quale peraltro continua ad accompagnarsi quella contrattuale della struttura. Festeggiano i sanitari e le compagnia di assicurazione alimentando la campagna mediatica forse senza precedenti per una pronuncia, isolata, di merito, che tra l'altro è contraria anche al pronunciamento della terza sezione della Corte di cassazione.

Secondo il magistrato le parole utilizzate dal legislatore, la sua volontà, determinerebbero l'interprete ad assegnare al famigerato art. 3 della riforma Balduzzi la forza, dirompente, di un'abrogazione, di fatto.

Allo singolare soluzione milanese fanno già eco voci di vittoria così della politica come degli organismi rappresentativi dei sanitari alimentati dalla soddisfazione delle compagnie di assicurazione.

La responsabilità del singolo sanitario “diventa” solo extracontrattuale grazie al Tribunale di Milano?

Così viene spiegata, a più non posso, anche dai media la novella milanese. Si tratta di novella non solo perché chi si scrive si augura venga tra non molto annoverata tra le novelle, appunto, che si raccontano sugli approcci meno fortunati della giurisprudenza di merito, ma anche perché non si possono raccontare storie, e molti commenti lo stanno invece già facendo.

Nemmeno si fosse accolto il pronunciamento delle sezioni Unite sull'argomento! L'epica discesa in campo delle assicurazioni e delle corporazioni è secondo forse solo all'accoglimento delle quartine autunnali sul danno non patrimoniale che sono state lette in modo partigiano e ricondotte con grande spreco d'energia ad equità.

La Cassazione si è già espressa sull'argomento rilevando che non cambia nulla, che non sarà un Balduzzi di turno, o meglio il penalista barese -che pare abbia sussurrato notte tempo il testo del famigerato art. 3- a modificare un assetto ventennale che aveva trovato il suffragio universale della giurisprudenza anche di legittimità. Lo ripetiamo anche noi: non sarà né un Balduzzi né un singolare desiderio di cambiamento, che da tale pronuncia traspare, ad alterare i termini -che erano assai equilibrati- del problema.

Diciamo subito, comunque, che non è vero che la responsabilità medica viene travolta per ritrovare, per bontà di tale pronuncia, infelice, il buio delle regole della responsabilità ex delictu, perché la pronuncia, piuttosto isolata seppur osannata come un'adorato atteso oracolo, riguarda solo la responsabilità dei singolo sanitario dipendente della struttura e non quella di quest'ultima, che rimane extracontrattuale. Trattandosi della responsabilità nella stragrande maggioranza dei casi invocata in giudizio l'auspicata deriva delle regole ex contractu quindi non ci sarà.

Ad ogni modo fa specie, sia consentito ricordarlo, che una sentenza tanto ardita sia accolta da commenti di natura partigiana tanto premurosi, affettuosi, ma soprattutto simili a quelli che di norma accompagnano una proposta di legge, piuttosto che una presa di posizione parlamentare. Sembra quasi che la pronuncia si inserisca in un procedimento di riforma come se vi appartenesse, quasi che tutti i commentatori, o quasi, siano d'accordo sul fatto che, d'ora innanzi, così sarà. Pare quasi sia questa la vera riforma Balduzzi, anzi la sua ultima stesura, che per un attimo i protagonisti si siano confusi, nei ruoli, e che finalmente l'art. 3 sia stato scritto.

E' un atmosfera particolare, questa, che forse l'ardita ermeneusi proposta dal magistrato avrebbe potuto (o forse voluto?) immaginare: la sentenza viene trattata a guisa di novella normativa.

Ma dove sbaglia la tesi milanese? Erra nel forzare la mano sul testo, nell'attribuire al legislatore, seppur assai squilibrato, incapace, ritenuto dai più inconcludente, ignorante le regole esistenti, una valida riserva mentale (avrebbe voluto certo così!), affrancandolo, bontà sua, tutto ad un tratto dagli stessi dubbi che la Corte di Cassazione aveva invece, solennemente, sollevato rassicurando gli operatori circa il fatto che nulla fosse cambiato. Si cerca nella pronuncia, in altri termini, un senso -peraltro assai partigiano- che le parole non hanno, che non ha nemmeno la volontà del legislatore, sempre che il misterioso, ma non troppo, penalista barese, che l'avrebbe suggerita, non abbia confidato qualche cosa che a noi comuni mortali non è stata, ahi noi, comunicata.

Ed è proprio lui, il penalista suggeritore, che diventa la chiave della lettura erronea, ed è a lui che dobbiamo non solo, quindi, l'atipica novella politico-giurisprudenziale, ma pure la sua chiave di lettura. Il testo, lo ammettono tutti, non è chiaro; e nella sua mancanza di chiarezza ed ambiguità, che già vale a qualificarlo come pessimo esempio di qualità (che si vorrebbe invece elevare a lungimirante previsione di un nuovo scenario) si intravede, a tutti i costi, un senso. Stupisce che il senso, in un quadro di gravi incertezze ermeneutiche, sia quello più sconvolgente, straordinario, abrogativo, soprattutto partigiano ed incostituzionale: insomma il legislatore è un caprone, perché pur volendo, chiaramente, buttare nel cestino un quadro ventennale, non si esprime chiaramente per il suo precoce pensionamento, ma cincischia, straparla, allude, tende la mano e la ritira.

Sembra che all'ingente sforzo ermeneutico debba comunque corrispondere un premio, quello del senso sconvolgente, come se alla fine della caccia al tesoro non si potesse assistere alla mancanza, appunto del tesoro, pena l'inutilità della caccia.

Insomma, c'è solo uno cosa chiara, indiscutibile: Balduzzi voleva scuotere le colonne del tempio, rendere la vita ai pazienti danneggiati più difficile facendoli ripiombare in quel baratro che trent'anni fa imponeva a loro sforzi diabolici sotto l'egida, pressoché esclusiva, del 2043 e segg c.c. facendo perder loro le speranze trascorsi soli cinque anni dal fatto. Che ad un tanto miri, assetato di risparmi milionari, l'asse rappresentato da compagnie di assicurazioni/banche-sanitari, è comprensibile, che lo decida una sentenza di merito no, proprio no.

Fa specie, infine, il riferimento che il magistrato, novello legislatore, fa al tema, vituperato, della medicina difensiva, al quale sembra lui stesso credere. Giustifica un interpretazione creativa adottando a modello delle ragioni ermeneutiche non quelle che le regole prevedono, ma ragioni di economia nazionale, quelle, si badi bene, spese ad ogni più sospinto da Ania, imprese di assicurazione, sindacati dei medici, e sulle quali rimando, per praticità a precedenti contributi (Medicina difensiva, verità o menzogna?) a dimostrazione che si tratta, a ben guardare, di tesi infondate, ammiccanti, alla moda.

E allora, voi direte, quale sarebbe la chiave di lettura? 

Lo anticipo brevemente qui, dato che a breve sarà pronto l'instant book che tratterà più diffusamente la pronuncia: al cospetto dell'unica vera novella (la depenalizzazione della colpa lieve) il legislatore, tutt'altro che luciferino alfiere delle compagnie di assicurazione, si è preoccupato di tranquillizzare tutti (per non esserne assalito): non temete, anche se depenalizzata, la colpa lieve genera ancora risarcimento! 

Come ha inteso, il famigerato penalista, esprimersi? Nel linguaggio tipico, appunto, del penalista, per il quale la responsabilità civile, della quale normalmente si disinteressa, è quella -solo o quasi- extracontrattuale, appunto la responsabilità ex delictu. A questa si è riferito un po' perché è l'unica che conosce, un po' perché mai avrebbe pensato di doversi difendere dall'accusa di aver voluto simile rivoluzione, lo si ripete, di stampo discriminatorio, incostituzionale.

Se a tale ben meno stiracchiata ed arzigogolata tesi interpretativa si volesse opporre che per tal modo si priva di buon senso il legislatore attribuendogli certa amatorialità, allora bisogna ammettere che lo si fa anche quando, improvvidamente, si ammette che continua ad apparire incomprensibile lo stesso art. 3 allorché fa riferimento all'effetto che la discriminata colpa lieve dovrebbe dispiegare in punto di risarcimento del danno! Oppure il legislatore è ignorante, e disattento, solo quando...fa comodo...ad una tesi? No, lo è sempre, nella stesura dell'art. 3, prendiamone atto una buona volta.

E ancora: se la sua volontà, per bontà della tesi milanese, sarebbe stata certamente quella di dare un sì violento spintone -da tergo- al sistema della responsabilità, perché mai non lo avrebbe fatto apertis verbis? 

Perché assumersi la responsabilità di superare il significato letterale delle parole per ammettere che il legislatore sarebbe, in fondo in fondo, un burlone assai timido che ha solo sussurrato alla madonnina, e non a noi tutti, ciò che voleva fare, anziché affrontare la lettura piana della regola come si conviene ad un premuroso ermeneuta?

E invece no, se è timido il legislatore, non lo è la tesi milanese, che da voci di corridoio si appresterebbe a dilagare nel foro di Milano serrando le file per poi procedere alla conquista di tutti gli altri tribunali. Nel frattempo ci pensano i media a convincere tutti che la musica è cambiata, che finalmente il senso della novella è stato trovato, che tutti si adeguino perché ne va della sostenibilità del sistema.

Ma non finisce qui, proprio perché il sistema non va preso a spallate dai magistrati, perché non esistono le condizioni, nemmeno nel nostro codice, per l'ermeneusi creativa, perché tutti i pazienti che attendono giustizia e contano su di un sistema, assai equilibrato, della responsabilità civile avallato da decenni di giurisprudenza non meritano di essere trattati a guisa di spettatori dello spettacolo di un illusionista.

Di seguito, per praticità, le puntate precedenti in tema di novella Balduzzi, alle quali seguirà, a breve, il commento più approfondito in ebook:

"CASSAZIONE PENALE: QUANDO LA LEGGE BALDUZZI SI APPLICA" - Nicola TODESCHINI

MALASANITA' e BALDUZZI, CASSAZIONE: POCO CAMBIA MA PER I MEDICI E' POLEMICA - Nicola TODESCHINI

 "DECRETO BALDUZZI: ALLA RICERCA DI UN SENSO" - Nicola TODESCHINI

 "DECRETO BALDUZZI: BASTA DICERIE" - Cass. civ., sez. III., sen. n. 4030 del 19.02.2013- Nicola TODESCHINI

 "RESPONSABILITA' MEDICA E DECRETO BALDUZZI: COSA CAMBIA?" - Nicola TODESCHINI


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