Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  11/02/2024

Armida - Paolo Cendon

“Di Eboli Armida, quarantatré anni”.

Bruna di capelli, mai stata bella; è cresciuta nella bambagia, mite di carattere, romantica.  A vent’anni, in una stazione sciistica degli Appennini, conosce Vincenzo. Lei studentessa a Scienze della Formazione, lì coi genitori; non alta, già un po’ in sovrappeso. Lui factotum in un grande albergo, venticinque anni; bello di viso, aitante, una somiglianza con Tyrone Power.

Si rivedono nei tre anni successivi, sempre sulla neve; Vincenzo   comincia a corteggiarla seriamente: la famiglia di lei, abbiente in quegli anni, disapprova.  È anche il primo uomo che si interessi alla ragazza però.

 Ancora due anni e si sposano: lei innamorata come il primo giorno, lui meno attaccato, e si vede. Non male i primi tempi: amante focoso Vincenzo, l’uomo più avvenente del Molise secondo Armida. Due figli nel giro di trenta mesi. 

 In seguito lui farà la guardia giurata, posto che gli ha trovato il suocero; lei casalinga, segue i bambini. A un certo punto l’azienda agricola del padre, che già accusava segni di stanchezza, va in liquidazione; i quattromila euro che Armida riceveva ogni mese dal padre, come appannaggio, cessano di colpo. Pochi mesi dopo Vincenzo ha una rissa sul posto di lavoro; c’era stato un furto, ha reagito male col direttore generale, l’ha preso a pugni: licenziato.  

 Da allora tutta una china discendente. Armida si mette a fare la rammendatrice, le aveva insegnato sua madre; lavori semplici, non è tanto esperta. Sfiorisce fisicamente, si trascura: alta un mero e sessantaquattro, pesa adesso oltre settanta chili; ha sempre addosso un odore di lacca per capelli, di ferro da siro.

Vincenzo in palestra, bello più che mai, ha i baffi ora: ha preso a uscire ogni sera, rincasa tardi. Sala biliardo, poker, in giro con gli amici; micro tatuaggio, forse c’è un’altra donna, qualcuno dice più di una.

 Una sera rincasa alticcio, vola qualche sberla. Dopo tre giorni la cosa si ripete, urla, rumore di mobili smossi; i vicini di casa avvertono la polizia: i figli, Linda sedici anni, Manlio tredici, confermano le violenze. Armida un occhio nero, zoppica; copre il marito però, dice che è caduta. 

 Seguono nuovi episodi.  Vincenzo qualche notte dorme fuori adesso; sbraita sempre, pretende soldi da lei. Arriva il momento che il giudice dispone   un allontanamento; lui non si sa come finisce in  Belgio.

Da qualche giorno telefona però; sembrerebbe voler tornare, lei che confabula a lungo al cellulare, in dialetto; l’espressione complice, rapita di sempre. I figli scuotono la testa”.

 




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