Pubblica amministrazione  -  Gabriele Gentilini  -  02/12/2023

Ancora sul quinto d'obbligo, d lgs 50/2016, art. 106, co. 12

Nel ricordare che l’art. 106, comma 12, del d lgs 50/2016 riferisce che la stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l'appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto.

Già il Consiglio di Stato in una sentenza del 25.02.2020 n. 1394

Privi di pregio sono gli argomenti di “….” fondati sulle norme degli art. 106, comma 1 lett. e) e 63 del d.lgs. n. 50 del 2016: la fattispecie disciplinata dalla prima non ricorre in caso di estensione al di sopra del c.d. quinto d’obbligo (come nel caso di specie) e comunque (…) la normapur se ritenuta applicabile in caso di errore della stazione appaltante, non quindi necessariamente in caso di sopravvenienze straordinarie e imprevedibilipresuppone sempre che l’esigenza di aumento o di diminuzione delle prestazioni contrattuali emerga “in corso di esecuzione”, non essendo consentita una previsione di modifica ex art. 106, comma 12, a monte della stipulazione del contratto, quando cioè vi sia un vizio genetico e noto della legge di gara che renda certa l’inadeguatezza delle prestazioni contrattuali cui parametrare le offerte, come nel caso di specie; a sua volta, invece, l’art. 106, comma 1, lett. e), consente la previsione di modifiche in estensione già nei documenti di gara, ma solo se si tratti di modifiche non essenziali ai sensi di tale norma e del richiamato comma 4 dell’art. 106, e non sono tali le modifiche che, come nel caso di specie, alterano l’equilibrio economico del contratto a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale; infine, è vero che la legge di gara prevedeva, per l’affidamento de quo, l’applicazione dell’art. 63, ma soltanto per l’eventuale ripetizione dei servizi analoghi e per l’eventuale proroga, vale a dire per le ipotesi consentite dalla norma di legge, di stretta interpretazione (cfr. Consiglio di Stato 26/4/2019 n. 2687) cui è estranea la fattispecie delle modifiche in estensione, alla quale va ascritta quella che comporta l’aumento delle prestazioni oggetto del contratto a base di gara.

 

Altra casistica è quella analizzata dal TAR Milano, 10.02.2020 n. 284 (che supera quella data dal Tar Napoli 5/9/2018, n. 5380),  per cui secondo l’art. 35, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 “Il calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore. Il calcolo tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara.

Quando l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore prevedono premi o pagamenti per i candidati o gli offerenti, ne tengono conto nel calcolo del valore stimato dell’appalto”.
A sua volta, il successivo art. 106, comma 12, stabilisce che “La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, può imporre all’appaltatore l’esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto”.

Tale ultima norma è chiara nel definire il “quinto d’obbligo” come una prestazione aggiuntiva rispetto al contratto originario che costituisce una sopravvenienza. Essa quindi si sottrae alla previsione dell’art. 35, comma 4, del Codice dei contratti pubblici, il quale fa riferimento a clausole già previste al momento della predisposizione degli atti di gara ed in questa sede inserite per effetto di scelta discrezionale della stazione appaltanteche evidentemente ne valuta ab initio l’utilità per l’interesse pubblico perseguito –, sia pur rimesse dette clausole, nella loro concreta applicazione, ad una successiva valutazione facoltativa dell’amministrazione.

Tale ricostruzione risulta confermata dal fatto che il “quinto d’obbligo” rientra tra le modifiche contrattuali, oggetto di variante, e quindi si differenzia nettamente dai patti aggiunti al contenuto del contratto che si inseriscono nella fase di formazione del medesimo ed ai quali la norma in esame si rivolge.

Inoltre la sua inclusione negli atti di gara, ma non nel contratto, finirebbe per creare una distonia rilevante tra valore della gara e valore del contratto. Infatti l’art. 106, comma 12, del Codice dei contratti pubblici prevede che tale diritto potestativo ha fonte legale e non negoziale, innestandosi ab externo sul contratto il cui valore può essere ridotto o incrementato per effetto di scelte operate solo ex post dalla stazione appaltante, mentre il valore della gara risulterebbe fin dall’inizio ancorato ad un importo solo ipotetico e sicuramente divergente dalle offerte dei concorrenti, dal cui confronto concorrenziale dovrebbe di norma scaturire la difformità tra valore della gara e valore del contratto.

In considerazione di ciò nessuna norma del Codice dei contratti pubblici, e tantomeno l’art. 106, comma 12, richiede che il ricorso al “quinto d’obbligo” assuma rilevanza ai fini della determinazione del valore dell’appalto oggetto di gara. E non se ne può dunque tenere conto neppure per le soglie di rilevanza comunitaria.
Né, infine, rileva che nella fattispecie l’art. 6 del capitolato speciale d’appalto prevedesse “… un aumento o una diminuzione della fornitura … fino alla concorrenza del quinto dell’appalto alle medesime condizioni del contratto …”, giacché il richiamo esplicitamente fattovi dalla lex specialis di gara nulla aggiunge all’àmbito di efficacia dell’istituto del “quinto d’obbligo”, per trattarsi di meccanismo che comunque opera ex lege, sì da non rientrare tra le voci “opzioni o rinnovi” previste di volta in volta dall’ente appaltante all’atto dell’indizione della gara.

Nel ricordare i precedenti articoli ed in particolare  https://www.personaedanno.it/articolo/accordo-quadro-e-categoria-del-contratto-normativo-quale-patto-negoziale-ed-accordo-con-cui-le-parti-determinano-preventivamente-il-contenuto-di-uno-o-piu-contratti-che-eventualmente-stipuleranno-in-futuro-senza-impegnarsi-alla-conclusione-dei-medesimi, https://www.personaedanno.it/articolo/tar-emilia-romagna-1-10-2021-nr-816-laccordo-quadro-nellambito-delle-scelte-nei-contratti-pubblici, https://www.personaedanno.it/articolo/sentenza-consiglio-di-stato-6-agosto-2021-nr-5785-sulla-natura-e-funzioni-dellaccordo-quadro-gabriele-gentilini, https://www.personaedanno.it/articolo/la-durata-dei-contratti-attuativi-e-la-loro-relativa-collegabilita-a-quella-degli-accordi-quadro-che-ne-originano-in-base-allart-54-d-lgs-18-4-2016-nr-50, per cui con l’accordo quadro, una stazione appaltante ha la possibilità di stipulare un contratto con l’operatore economico risultato aggiudicatario della procedura di gara, richiedendo lo svolgimento di una serie di servizi o l’acquisto di forniture di volta in volta laddove ne abbia bisogno, nell’arco dell’intera durata contrattuale, si riporta l'ulteriore artcolo contenitore https://www.personaedanno.it/articolo/ancora-sullaccordo-quadro-ascritto-alla-categoria-del-contratto-normativo-il-caso-del-tar-lazio-roma-sez-iii-22-05-2023-n-8633,  in cui, dopo avere precisato che lo stesso art. 3, comma 1 lett. Iii del d lgs 50/2016 ricorda che per accordo quadro si intende l’accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste e che in tal modo il concorrente aggiudicatario stipulerà contratti specifici secondo le esigenze delle singole amministrazioni. Queste ultime mantengono la propria autonomia nella determinazione della durata del rapporto, che può essere differente da quella dell’accordo quadro a monte si riportavano quelle che  l'A.n.a.c. aveva pubblicato ed aggiornato le Faq sull'accordo quadro, di cui alla pagina https://www.anticorruzione.it/-/accordo-quadro#:~:text=R12.-,Ai%20sensi%20dell'art.,'oggetto%20dell'accordo%20quadro.

Sulle Faq suddette riscontriamo intanto quanto segue:

R1. Per «accordo quadro» s’intende un accordo concluso tra una o più amministrazioni aggiudicatrici e uno o più operatori economici allo scopo di definire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste.  

Fonti: art.3,lett.iii) del d.lgs. n.50/2016(CCP) che ha recepito l’art. 33 della Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 sui settori ordinari e l’art. 51 della Direttiva 2014/25/UE del 26 febbraio 2014 sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali.

R3. Con l’accordo quadro si fissano le caratteristiche vincolanti dell'oggetto dei successivi contratti applicativi; in particolare devono essere definiti negli atti di gara le specifiche tecniche, i tempi di consegna minimi, la tipologia delle lavorazioni, la loro qualità, i prezzi e quant’altro necessario per identificare compiutamente le prestazioni da eseguire con i successivi contratti applicativi. 

R7. Gli accordi quadro possono essere applicati a tutti i tipi di appalti, essendo venuti meno i limiti previsti dall’art. 59 del previgente d.lgs. 163/2006, che limitava gli accordi quadro ai soli lavori di manutenzione. Ciò non significa tuttavia che questo sia lo strumento contrattuale più adeguato per tutti i tipi di appalto. “Per questo motivo, l'Amministrazione dovrebbe valutare l'opportunità di utilizzare l'accordo quadro tenendo conto dei vantaggi e degli svantaggi da esso derivanti in relazione alle condizioni del mercato in questione. L'impiego degli accordi quadro è più idoneo per gli appalti che rispondono ad esigenze consolidate, ripetute nel tempo, il cui numero, così come l'esatto momento del loro verificarsi, non sia noto in anticipo”.  

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In particolare veniva riportata la specificità della Faq R12 per cui 

R12. Ai sensi dell’art. 54 comma 1 del codice la durata di un accordo quadro non supera i quattro anni per gli appalti nei settori ordinari e gli otto anni per gli appalti nei settori speciali, salvo in casi eccezionali, debitamente motivati in relazione, in particolare, all'oggetto dell'accordo quadro. Ciò non vuol dire che la durata del singolo contratto applicativo non possa superare il termine massimo di durata dell’accordo quadro fermo restando l’evenienza che lo stesso sia stipulato entro il temine di vigenza dell’accordo quadro medesimo.

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Inoltre la R14

R14. La Stazione appaltante prima di concludere un accordo quadro dovrà preliminarmente fare una previsione dei fabbisogni effettuando una stima dell’importo complessivo per tutta la durata dell’accordo quadro; tale importo sarà quello posto a base di gara e rappresenta l’importo massimo che potrà essere richiesto al soggetto affidatario nell’arco temporale di riferimento

R35. All’importo massimo dell’AQ si applica l’art. 106 co. 12 del Codice che consente alla SA di incrementare l’importo del contratto fino a concorrenza del quinto, mediante affidamento diretto di ulteriori prestazioni all’appaltatore al ricorrere unicamente delle ipotesi previste dal comma 1 lett. c) e comma 2 dell’art. 106 del codice, non costituendo la previsione del citato comma 12 come ipotesi autonoma e ulteriore di modifica contrattuale.

 

Come disposto dall’art. 22 comma 4 del D.M. 49/2018, l’esecutore è tenuto a eseguire le nuove prestazioni, previa sottoscrizione di un atto di sottomissione, agli stessi prezzi e condizioni del contratto originario, senza diritto ad alcuna indennità ad eccezione del corrispettivo relativo alle nuove prestazioni.

Il comma 12 dell’art. 106 del d lgs 50/2016, infatti, individua un importo massimo coincidente con il quinto del valore dell’appalto (c.d. quinto d’obbligo), al di sotto del quale la committente può imporre all’appaltatore l’esecuzione di sopravvenute lavorazioni alle stesse condizioni previste nel contratto originario e, dunque, già stabilite in fase di aggiudicazione. La norma specifica che in questo caso l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto.

Dal punto di vista strettamente esecutivo, dunque, in considerazione anche di quanto previsto dall’art. 8, comma 4, del d.M. n. 49/2018, nei casi di modifica dell’opera di valore non superiore al quinto d’obbligo (20%), l’approvazione della perizia avverrà di diritto e l’appaltatore sarà conseguentemente obbligato a eseguire le lavorazioni in variante attenendosi alle condizioni previste nel contratto originario. La “perizia suppletiva” sarà accompagnata da un atto di sottomissione che l’esecutore è tenuto a sottoscrivere in segno di accettazione o di motivato dissenso, il che non impedisce appunto all’esecutore di formulare contestazioni.

La stessa giurisprudenza amministrativa, infatti, tende a tenere distinte le ipotesi di modifiche contrattuali presenti nei commi 1 e 2 dell’art. 106 (a titolo esemplificativo, art. 106, comma 1, lett. c) dove la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili) da quella sancita dal comma 12.

Ricordata, tra le altre, la sentenza Tar Lazio 15 dicembre 2020, n. 13539 secondo cui va precisato che l’art. 106 del D.Lgs. 50/2016, nel disciplinare la “modifica di contratti durante il periodo di efficacia”, prevede diverse distinte ipotesi. In via generale, nel premettere, al comma 1, che “le modifiche, nonché le varianti, dei contratti di appalto in corso di validità devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall'ordinamento della stazione appaltante cui il RUP dipende”, precisa che “i contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento” in una serie di casi, tra i quali quello in cui (lett. c): “1) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice o per l'ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all'oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d'opera. Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti; 2) la modifica non altera la natura generale del contratto”. La citata lett. c) del comma 1 fa salvo quanto previsto al comma 7, ai sensi del quale “nei casi di cui al comma 1, lettere b) e c), per i settori ordinari il contratto può essere modificato se l'eventuale aumento di prezzo non eccede il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare il presente codice”.

Ai sensi del comma 12 del medesimo art. 106, invece, “la stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l'appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto”.

Ora, va rilevato che la differenza tra le due distinte previsioni non è che la seconda possa essere applicata solo “in corso di esecuzione” del contratto, e la prima invece quando il contratto non ha avuto ancora esecuzione. E ciò per l’ovvia ragione che la stessa lett. c) precisa che la necessità di modifica del contratto (evidentemente già stipulato) può essere determinata da “circostanze impreviste e imprevedibili”, e che “in tali casi le modifiche all'oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d'opera”.

Semmai, la differenza è data dal fatto che mentre nel caso della lett. c) è necessario comunque un accordo delle parti per modificare l’oggetto del contratto (fermo restando che la modifica non deve alterare “la natura generale del contratto”), l’applicazione del comma 12, con l’aumento o la diminuzione delle prestazioni “fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto”, è solo la conseguenza dell’esercizio di un diritto potestativo dell’Amministrazione, che può infatti “imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario”; per cui “in tal caso l'appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto”.

Utile richiamare anche la pronuncia del Consiglio di Stato, n. 1394/2020, secondo cui l’art. 106, comma 12, pur se ritenuta applicabile in caso di errore della stazione appaltante, e non solo in caso di sopravvenienze straordinarie e imprevedibili, presuppone sempre che l’esigenza di aumento o di diminuzione delle prestazioni contrattuali emerga “in corso di esecuzione”, non essendo consentita una previsione di modifica ex art. 106, comma 12, a monte della stipulazione del contratto; diversamente invece, l’art. 106, comma 1, lett. e), consente di estendere già nei documenti di gara il contratto, ma solo se si tratta di modifiche non essenziali, e dunque che non alterano l’equilibrio economico del contratto a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale.




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