Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  30/07/2023

Ancora sul plagio ... come fattispecie da reintrodurre nell'ordinamento - Giacomo Mason

La natura umana inclinerebbe alla socialità, secondo il noto asserto aristotelico.

Prove irrefutabili sembrerebbero legittimare opposti convincimenti, almeno in parte.

A chi ne dubitasse, basterà a persuaderlo la modesta considerazione che segue (proposito sinceramente pretenzioso, di cui chiediamo previamente venia).

Il vero, subliminale, talvolta impercettibile motore dell’ agire umano, a voler impiegare un sintagma civilistico, è il c.d. “sinallagma” (genetico o funzionale, fate vobis, direbbe un improvvisato estimatore dell’idioma ciceroniano),vale a dire “il rapporto dì corrispettività tra le prestazioni”, agevolmente compendiabile nel celeberrimo “do ut des”. Milioni, anzi miliardi di rapporti umani riposano la loro ontologica sussistenza su una tale, rassicurante convinzione, assurta quasi a dignità dogmatica. Anche nella più spassionata e disinteressata delle amicizie è abilmente dissimulato questo concetto base delle umane interrelazioni, che sembra suffragato, oltretutto, da quel terrificante “maledetto l’uomo che confida nell’uomo” di cui ad un imprecisato passo della Bibbia.

L’ampia premessa mi è stata suggerita da una breve “riflessione”, se mi si passa il termine apparentemente poco consentaneo allo sconfortato temperamento di chi scrive.

Ho recentemente pubblicato un modestissimo contributo- che la generosità davvero encomiabile del Chiarissimo e Gentilissimo Professore ha ritenuto degno di pubblicazione- ove avanzavo una duplice proposta, vale a dire la riproposizione del reato di plagio sotto una diversa veste, più rispettosa dell’asseritamente (dalla Consulta nel 1981) violato principio di tassatività  o sufficiente determinatezza della fattispecie penalistica, inciso dall’abolitio criminis in parola; e l’instaurazione di una posizione di garanzia-protezione in capo a quei parenti stretti, di agiato tenore economico che, fortemente istigati dai propri rispettivi partners nel timore, da parte di costoro, che un solo centesimo del patrimonio familiare venga destinato allo sfortunato fratello invalido e non pienamente autosufficiente, vengono per l’appunto diffidati dal/dalla consorte di astenersi da qualsivoglia forma di aiuto, nella malcelata speranza che il primo, l’invalido per intenderci, non abusi dei canoni della longevità ed acconsenta a togliere definitivamente il disturbo quanto prima.

Orbene, e conclusivamente: NESSUNO HA COMMENTATO ALCUNCHÈ!!!

E io non me ne cruccio e non mi indigno, si badi bene, anzi plaudo sinceramente alla implicita “ratio decidendi” di una tal condotta. E traggo argomento per enunciare, ad instar del Massimario del supremo organo di nomofilachia- si parva licet componere magnis - la seguente “regula iuris” (ovviamente a titolo scherzoso,  c’è bisogno di precisarlo?): “… Non è punibile la condotta di chi- parente stretto della vittima- per il tramite  di contegno OMISSIVO e pur versando in condizioni di prosperità economica - provochi il decesso dell’anzidetto parente stretto avendogli rifiutato un minimo di aiuto, non necessariamente coincidente con l’elargizione di una congrua somma di danaro dal primo richiesta per urgenti, indifferibili, cogenti necessità, come quella di curarsi in una clinica di prestigio anche al di fuori della propria Regione o Paese di appartenenza”.

Ovviamente ben più preoccupante appare il silenzio serbato su alcuni, davvero pregevolissimi contributi dell’ inarrivabile Professore, ma di ciò mi riprometterei di parlare in un secondo modestissimo contributo, se non previamente dissenziente l’Augusto Cattedratico,  creditore della stima e sincera riconoscenza di noi tutti, fragili, invalidi e malati.

 

 




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film


Articoli correlati