- "Ciò che emerge in modo evidente ora è il monito a tutti i giudici di non sottovalutare affatto la domanda con cui si sottopongono all'attenzione dell'organo giudicante una condotta alienante o di una sindrome da alienazione genitoriale (...)"
Premessa. - Vien da dire "Finalmente c'e un genitore a Berlino!". Nel nostro caso Roma. Fondamentale la sentenza della Cassazione (Cass, sez. I, Pres. Di Palma, Rel. Lamorgese, Giudici Giancola, Bisogni, Acierno, 8 aprile 2016, n. 6919). Un plauso ai giudici per la chiarezza, la nettezza, il rigore nell'aver finalmente sciolto un nodo gordiano composto da (presunti) dubbi, equivoci e indecenti speculazioni da parte di chi desiderava far credere che alienazione genitoriale e Pas (seppur distinte ma connesse) fossero un mero azzardo, una mistificazione. Addirittura una provocazione. Quasi un divertissement tra Guelfi e Ghibellini. Mi ricordo ancora, pochi mesi or sono, quando relatore ad un convegno nella biblioteca della Camera dei Deputati, prendendo la parola dopo un noto negazionista della Pas, e dopo aver ascoltato le sue banali censure, nel prendere la parola, venni accolto, ancor prima di proferirla, da tre invasate al grido "la Pas non esiste!". Questo solo per descrivere il clima oscurantista che attraversa tale delicatissima materia. Delicatissima perche in essa si consumano (letteralmente, come le candele) i diritti degli esseri umani, quali i diritti dei figli e i diritti dei genitori. Il diritto genitoriale e il diritto bigenitoriale. Diritti superfondamentali, non quisquillie. Superfondamentali perche l'essere genitore è un diritto straordinariamente importante, commovente, struggente, responsabilizzante, emozionante. Unico, irripetibile. Ed il calpestarlo è un atto irresponsabile e vile. Soprattutto se ciò viene validato dall'autorità giudiziaria, (come poi leggerete) in modo stereotipato, ciclostilato. Secondo schemi mentali e culturali desueti, obsoleti e antistorici. Schemi che pretendono i soliti rituali, sordi alla realtà. E che nella stragrande maggioranza dei casi sono i seguenti: (falso) affidamento condiviso, madre genitore collocatario con casa familiare assegnata, padre recluso al 15% della frequentazione ma erogatore di mantenimento indiretto senza rendiconto alcuno, responsabilità genitoriale apparentemente integra. Se vi è conflittualità viene attribuita ad entrambi i genitori a prescindere ma putacaso uno dei due rimane collocatario a prescindere. Basta varcare le Alpi per accorgersi che tutto cambia. Da noi il padre è considerato incapace di fare il genitore a prescindere, dunque viene recluso nel 15% della frequentazione ma spesso nell'85% del mantenimento. Quando si dice l'uguaglianza. Diritto bigenitoriale e diritto genitoriale all'italiana. Il fatto. - I fatti pregressi da cui si dipana l'intera vicenda sono da "manuale". Quell'orrido e meschino manuale che può riassumersi in una frase assai nota e sinistra che molti genitori ben conoscono (ed in stragrande numero, i padri), e che consegue ad una interruzione di convivenza tra due genitori: "non ti farò mai più vedere tuo/a figlio/a!". Un mix tra follia, vendetta, cattiveria, psicopatolgia. Alzi la mano chi tra di voi non abbia mai udito o non abbia mai avuto conoscenza di una tale minaccia, spesso poi eseguita alla stregua di un piano scientifico. Appunto, l'eliminazione dell'altro genitore. Appunto, la sua alienazione. A volte per giorni, a volte per settimane, a volte per mesi, a volte per anni. Più tempo trascorre e più l'alienazione può divenire anche una patologia. La Pas appunto, acronimo di Parental Alienation Syndrome. Nella specie due genitori conviventi con una figlia piccola, si lasciano. Come quasi sempre accade, viene adito il competente tribunale minorile. Nel 2008 il Tribunale per i minori di Milano decretò il divieto al padre di vedere la figlia di 8 anni perchè questa si rifiutava di vederlo ma prescrivendo un percorso psicoterapeuto per la minore al fine di avvicinarsi al padre. Un tale divieto, in difetto di fatti di straordinaria gravità, è già di per sè un obbrobrio. Nel 2011 lo stesso TdM denegò la richiesta di modifica chiesta dal padre, peraltro fondata sull'esistenza nella fattispecie di una "sindrome di alienazione genitoriale" (Pas) della minore, chiedendo comunque di accertare le cause della ostilità della figlia. La corte d'Appello di Milano ha poi confermato la posizione di netta chiusura del TdM. Con il ricorso in Cassazione il padre, ben assistito, ha sostanzialmente lamentato la violazione del diritto alla bigenitorialità, il diritto alla vita familiare ex art. 8 Cedu e che le corti avevano assunto una "ingiustificata posizione ideologica e negazionista" di chiusura con "l'effetto di precludere la tutela dei suoi diritti di padre e dei diritti della figlia" (pag. 5 sentenza).
I Supremi Giudici censurano la scelta intrapresa dai giudici milanesi, minorili e poi in particolare del gravame, in quanto ciè "ha disposto l'interruzione della frequentazione del padre con la figlia in ragione della indisponibilità o avversione manifestata nei suoi confronti dalla ragazza, senza una approfondita indagine sulle reali cause del suo atteggiamento e seguendo l'indicazione finale del c.t.u., sebbene questi avesse evidenziato anche i rischi che la distanza della figura paterna potesse nel tempo arrecare alla ragazza e, soprattutto, le analoghe criticità dei rapporti della ragazza con la madre, caratterizzati da "ambivalenza e aggressività", e tra gli stessi genitori. La decisione di escludere, in sostanza, il padre dalla vita della figlia appare come il risultato di una acritica adesione alle conclusioni finali della c.t.u., piuttosto che essere determinata da suoi non precisati comportamenti riprovevoli (...) con l'effetto di trascurare le specifiche censure avanzate". Incredibilmente poi i Supremi Giudici evidenziano come fossero proprio il c.t.u. e il TdM ad evidenziare le condotte alienanti e ostacolanti della madre verso la figura paterna, senza tuttavia agire di conseguenza. Fatti enormi ignorati che attestano la grave disfunzioni genitoriale del genitore alienante. Infatti osserva la Cassazione che "Non può esservi dubbio che tra i requisiti di idoneità genitoriale, ai fini dell'affidamento o anche del collocamento di un figlio minore presso uno dei genitori, rilevi la capacità di questi di riconoscere le esigenze affettive del figlio, che si individuano anche nella capacità di preservargli la continuità delle relazioni parentali attraverso il mantenimento della trama familiare, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa sull'altro genitore." (sentenza pag. 10).
E quanto alla discussione sulla scientificità o meno della Pas i giudici son assai perentori: "Non compete a questa corte dare giudizi sulla validità o invalidità delle teorie scientifiche e, nella specie, della controversa Pas, ma è certo che i giudici di merito non hanno motivato sulle ragioni del rifiuto del padre da parte della figlia e sono venuti meno all'obbligo di verificare, in concreto, l'esistenza dei denunciati comportamenti volti all'allontanamento fisico e morale del figlio minore dall'altro genitore." (sentenza pag. 11).
Infine quanto alla prova da cui i giudici possono trarre tutto ciò, i Supremi Giudici osservano come "Il giudice di merito, a tal fine, può utilizzare i comuni mezzi di prova tipici e specifici della materia (incluso l'ascolto del minore) e anche le presunzioni (desumendo eventualmente elementi anche dalla presenza, laddove esistente, di un legame simbiotico e patologico tra il figlio e uno dei genitori). Tali comportamenti, qualora accertati, pregiudicherebbero il diritto del figlio alla bigenitorialità e, soprattutto, alla sua crescita equilibrata e serena. L'importanza di tale diritto è testimoniata dalla sentenza della Cedu 9 gennaio 2013, n. 25704." (sentenza pag. 11). Ed in particolare rimarcando, evidenziando e sublimando un concetto di enorme importanza nel richiamare l'accaduto censurato dalla Corte EDU, laddove "quelle autorità [quelle italiane ovviamente, n.d.a.] si erano limitate reiteratamente e con formule stereotipate a confermare i propri provvedimenti , nonchè a prescrivere l'intervento dei servizi sociali, cui erano chieste di volta in volta informazioni e delegata una generica funzione di controllo, così determinandosi il consolidamento di una situazione di fatto pregiudizievole per il padre, mentre avrebbero dovuto rapidamente adottare misure specifiche per il ripristino della collaborazione tra i genitori e dei rapporti tra il padre e la figlia, anche avvalendosi della mediazione dei servizi sociali." (sentenza pagg. 11-12).
Gli attenti, rigorosi e brillanti giudici statuiscono dunque "il seguente principio: in tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sè, indicati come significativi di una Pas (sindrome di alienazione parentale), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena." (sentenza pag. 13).
In conclusione. - La sentenza a ben vedere non è rivoluzionaria tout cour ma è finalmente chiara e netta. Infatti si pone paradossalmente proprio nel solco di quella sentenza richiamata dai negazionisti della Pas (Cass. 7041/2013), incluse purtroppo alcune corti di giustizia che dimostrano di averla letta con disinvoltura (in particolare spicca in negativo, soprattutto se alla luce dell'odierna sentenza, Trib. Milano, sez. IX, Pres. Servetti, 13.10.2014, ben criticato in dottrina da Mancuso e da Vaccaro).
Prestano invece giusta attenzione all'alienazione genitoriale e alla Pas finalmente tanto una parte recente della giurisprudenza di merito (Trib. Cosenza, sez. II, decr. 29.7.2015, n. 778, poi confermata da App. Catanzaro, sez. I, decr. 18.12.2015, n. 3405; Trib. Roma, 27.6.2014; App. Roma, 29.11.2006; incidentalmente Trib. Treviso, 18.6.2015, n. 3547) quanto quella di legittimità (Cass. 5097/2014).
Altrettanto falso è sostenere che la Pas non esista in quanto il DSM-5 non ne faccia menzione, quando invece compare sotto diverse altre patologie tutte chiaramente riconducibili alla Pas (come ben sostenuto dai prof.ri Casonato, Bernet, Camerini, Gulotta). Ciò che emerge in modo evidente ora è il monito a tutti i giudici di non sottovalutare affatto la domanda con cui si sottopongono all'attenzione dell'organo giudicante una condotta alienante o di una sindrome da alienazione genitoriale (che può manifestarsi certamente nei casi più gravi). Tali domande devono essere attentamente esaminate, pena la compromissione di diritti super fondamentali. La cui compromissione finisce oggi sempre di più all'attenzione della Corte EDU (con un incremento delle condanne dell'Italia) a causa appunto della superficialità o della gabbia culturale di molti giudici che agiscono in modo stereotipato.
Ecco, vorremmo dir loro, che il diritto/interesse del minore, tanto richiamato quanto abusato, pretende l'ascolto anche delle domande (spesso dolorose) dei genitori. In egual misura. Nessun genitore è preferibile all'altro a prescindere. Nessuna domanda dovrebbe essere rigettata a prescindere. Nessun diritto può esser sacrificato o condizionato a prescindere.