La Corte d'appello di Torino aderisce al filone giurisprudenziale che consente l'adozione speciale del minore in favore del partner del genitore biologico dello stesso sesso ai sensi dell'art. 44 lett. d l. 184/1983...in attesa che la Corte di Cassazione intervenga
Con la sentenza depositata il 27 maggio 2016, la Corte d"Appello di Torino ha disposto l"adozione di un minore ai sensi dell"art. 44, lett. d) della legge n. 184/1983, a favore della compagna convivente della madre biologica. La decisione riforma quella con la quale il Tribunale per i Minorenni di Torino , aveva respinto la domanda della madre sociale, ritenendo inaccettabile l"interpretazione dell"art. 44, lett. d) posta alla base della richiesta di adozione.
La decisione aderisce all"orientamento che si sta diffondendo, inaugurato dal Tribunale per i Minorenni di Roma, confermato dalla Corte d"Appello di Roma, secondo cui l"impossibilità di affidamento preadottivo –presupposto per l"adozione speciale ai sensi dell"art. 44 lett. D)– non è solo quella di fatto (va a dire, il caso in cui, pur essendo stato dichiarato lo stato d"abbandono del minore, non si riesca a "darlo" in adozione, perchè trattasi di minore problematico, ad esempio) ma anche quella giuridica (ossia, come nel caso in cui non sussiste lo stato d"abbandono del minore, essendovi un genitore biologico che esercita la responsabilità correttamente)
Già la Corte costituzionale, con la sentenza 383/1999 aveva affermato che l'art. 44 lett. a) e c) l. 4 maggio 1983 n. 184, individuando una clausola residuale di apertura per i casi speciali non inquadrabili nell'adozione c.d. "legittimante", va interpretato nel senso di non esigere il previo accertamento dello stato di abbandono nel caso in cui il minore, orfano o figlio di genitori incapaci, sia richiesto in adozione da parenti entro il IV grado idonei a fornirgli l'assistenza materiale e morale di cui ha bisogno; pertanto, così intesa, la norma non contrasta con gli art. 3 e 30 comma 2 cost.
Si aggiunga oggi l"orientamento della CEDU in materia di adozione, che fa leva su un concetto di vita famigliare che non può prescindere dai fatti, ossia sono "i rapporti, i legami, la convivenza a meritare tutela", indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica.
La decisione interviene in un momento delicato, allorchè la legge 76/2016 in materia di unioni civili non tocca il tema della filiazione (a seguito dello "stralcio dell"art. 5 del DDL Cirinnà che prevedeva la possibilità per le parti dell"unione di adottare il figlio biologico dell"altro ai sensi dell"art. 44 lett. B) l. 184/1983) se non esplicitamente prevedendo al comma 20 che non si applica alle unioni civili la legge 184/1983 ma contemporaneamente affermando, nell"ultimo inciso, che "resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti (cd. clausola di "salvezza").
La funzione di detta previsione è di chiarire che con il menzionato "stralcio" dell"art. 5 il Legislatore non ha inteso in alcun modo fermare il lavoro già compiuto dai giudici minorili al fine di assicurare protezione all"interesse superiore dei bambini che crescono in famiglie omogenitoriali.
Non v"è dubbio che sul punto il Legislatore ha dato un segnale chiaro ai nostri Giudici, ma al contempo ha abdicato alla propria funzione, sussistendo il concreto pericolo della diffusione di una giurisprudenza in materia "a macchio di leopardo".
Ciò, quanto meno, sino a che non si pronuncerà la Corte di Cassazione, a seguito dell"impugnazione della sentenza della Corte d"appello di Roma del 23 dicembre 2015 che, sulla base dello stesso orientamento interpretativo dell"art. 44 lett. d) adottato anche dalla sentenza in commento, aveva confermato la decisione di primo grado disponendo l"adozione speciale in una coppia di due mamme. La decisione della Suprema Corte è attesa a giorni: all"udienza del 26 maggio scorso, la Procura generale, nella relazione in Aula, adottando una posizione contraria all"interpretazione evolutiva dell"art. 44 lett d), ha affermato che si tratta di un tema "sul quale tutta l'Italia si interroga da tempo fino alle violenti polemiche recenti e su cui indagano filosofi, sociologi, pedagoghi, e che solo con le Sezioni unite si può evitare una "situazione a macchia di leopardo" perché la decisione della sezione semplice "non darebbe ai giudici di merito alcun indirizzo stringente", anche in considerazione del fatto che su questa questione "i valori etici sottesi sono talmente pregnanti che ogni giudice in Italia potrebbe dare una sua interpretazione e si arriverebbe alla più totale incertezza del diritto" e bisogna guardare alla funzione nomiflattica come foriera di "pace sociale". Il Procuratore Generale ha poi sostenuto (con un argomento discutibile) che non esiste una tendenza europea sull'adozione del figlio del partner, come precisato anche in "X c. Austria", con la quale la CEDU avrebbe precisato, al capoverso 91, che la tesi della indifferenziazione (cioè crescere in contesti omo o etero genitoriali) è stata rimessa in discussione da recenti studi sociologici americani ed è per questo che non esiste "un filo rosso comune" negli Stati europei; inoltre, richiamando l"ultimo periodo del comma 20 della Legge 76/2016 ("Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozioni dalle norme vigenti"), il Procuratore Generale ha reputato che la L. 184/1983 si occupa senza ombra di dubbio di infanzia maltrattata, abusata e abbandonata, nonché di genitori in difficoltà, mentre nella fattispecie in esame "c'è un minore sano, amato e curato dal genitore legittimo"; inoltre se si assume che il diritto all'adozione del figlio del partner discende dall'art. 44, che ha natura derogatoria rispetto a tutto il sistema della l. 184/1983, l'art. 44 lett. d) va interpretato restrittivamente proprio perché derogatorio, anche per una questione di "compostezza istituzionale" e di "self restraint" del potere giudiziario, "che non deve mai fare invasioni di campo"; ancora, anche la Cassazione (sentenze 22292/2013 e 11420/2014) ha affermato che le fattispecie ex art. 44 sono di stretta interpretazione e che l'interesse del minore non può piegare il dato normativo: dunque, l'impossibilità di affidamento preadottivo non può essere "giuridica", come sostengono invece Trib. Min. Roma e Corte d"Appello di Roma; adozione legittimante e adozione in casi particolari sono entrambi "strumenti attuativi di un unico progetto di protezione dell'infanzia" e la normativa si occupa di bambini a rischio di evoluzione psico-fisica disarmonica; infine, i precedenti richiamati nella sentenza della Corte d'Appello (Trib. Minorenni Milano 626/2007 e Cort d"app. Firenze 1274/2012, relativi alla richiesta di adozione particolare del partner del genitore del minore in coppia eterosessuale) sono erronei, perché baipassano la disposizione della lettera b) per approdare allo "strumento a maglie larghe di cui alla lett. d)": in questo modo si aggira il limite della lett. b) consistente nel rapporto di coniugio. Las but not least deve essere il legislatore a stabilire "quali valori e quali diritti tutelare, se quelli della famiglia tradizionale o quelli della famiglia ricostituita".
La decisione è stata rimandata: l"auspicio è che la Corte di faccia sensibile ai diritti dei minori ed opti per una lettura evolutiva dell"art. 44 lett. D), nell"attesa che il Legislatore, a cui compete il vero intervento chiarificatore, intervenga con una disciplina ad hoc.