-  Peron Sabrina  -  14/10/2016

Shoah: i presupposti legislativi del processo di sterminio - Sabrina Peron

Shoah: i presupposti legislativi del processo di sterminio

 "L'uccisione del soggetto di diritto che è nell'uomo" (Arendt)

 

La «soluzione finale» viene considerata quale l"esito di un processo condotto attraverso numerose tappe intermedie «relativamente normali e del tutto intellegibili»[1], ciascuna delle quali fu prodromica alla successiva e costituì il prodotto di una serie di decisioni, di carattere perlopiù burocratico, metodicamente realizzate grazie al funzionamento di una vasta macchina amministrativa. Il processo di distruzione di sviluppò dunque secondo uno schema ben definibile, anche se non necessariamente corrispondente ad un piano prestabilito: in altre parole, possiamo dire che la distruzione fu meticolosamente perseguita una tappa alla volta, senza, però, che vi fosse una preordinazione delle varie fasi secondo una successione necessariamente preordinata e precisa[2].

 Il punto di partenza fu l'elaborazione di una normativa volta a definire cittadini di razza ariana e cittadini di razza ebraica, a questa seguirono - in rapida successione - le procedure di espropriazione ed il concentramento nei ghetti. Quando all"interno dei ghetti la morte, scandita da fame e malattie, divenne una realtà quotidiana, la creazione di appositi campi di sterminio, rappresentò uno sbocco ineccepibilmente inserito sia, in una società totalitaria che aveva già sperimentato l"annientamento politico dei suoi oppositori (mediante l"internamento nei campi di concentramento) e l"uccisione fisica dei propri malati mente (mediante le camere a gas), sia in una logica razziale che concepiva razze dominanti e razze subumane da dominare, sfruttare e, una delle quali, quella ebraica, d"annientare. A questo punto l"attuazione della decisione di sterminare interi strati di popolazione (e quella ebraica in primis) era solo una questione di messa a punto di un metodo procedurale quanto più possibile efficace rispetto allo scopo che si voleva perseguire.

 La macchina della distruzione di massa può considerasi come un aggregato (anche se non strettamente coeso) di parti diverse quali: a) l'apparato burocratico amministrativo, che fu il principale artefice dell'applicazione delle misure anti-ebraiche (grazie ad esso vennero redatti i decreti ed i regolamenti che definirono la nozione di ebreo, si organizzò l'espropriazione dei beni ebraici, si realizzò il concentramento nei ghetti, si negoziò con gli Stati dell"asse la loro deportazione verso i centri di sterminio, si organizzò il loro trasporto ferroviario); b) l'esercito che prese parte alle messa in opera di tutte le misure anti-ebraiche, compresi i massacri affidati alle unità mobili e l'avviamento verso i campi della morte; c) l"industria e la finanza, che giocarono un ruolo importante nel sistema delle espropriazioni, del lavoro coatto e del funzionamento delle camere a gas; d) il Partito nazional-socialista che si fece carico di tutti i problemi che e riguardavano i rapporti tra le varie parti della popolazione del Reich.

 Come notava H. Arendt, il «primo passo decisivo verso il dominio totale è l"uccisione del soggetto di diritto che è nell"uomo»[3] e ciò avviene ponendo certe categorie di persone fuori della protezione della legge. Difatti, se la definizione normativa a prima vista può apparire una misura anodina, in realtà rappresenta la pietra angolare sulla quale poggia l"intero apparato dello sterminio, costituendone la condizione preliminare ed indispensabile per ogni ulteriore futura azione[4] (non a caso, le deportazioni dai vari paesi d"Europa caduti sotto la sfera d"influenza della Germania, furono rese possibili solo dopo la preliminare definizione normativa).

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[1] H. Arendt, Le tecniche della scienza sociale e lo studio dei campi di concentramento, in L"immagine dell"inferno, Editori Riuniti, 2001, p. 115.

[2] R. Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa, Einaudi, 1995, vol. I, p. 52. C.R. Browning, Verso il genocidio, NET, 2004, p. 17, ss., osserva che negli «anni recenti, la discussione storiografica sulla politica nazista nei confronti degli ebrei rientrava nel più ampio dibattito sul nazionalsocialismo, dove gli studiosi erano divisi tra "intenzionalisti" e "funzionalismi"». I primi sostenevano che la politica nazista «era una consapevole e calcolata preparazione alla realizzazione dell" "inalterabile programma di Hitler", mentre i funzionalismi la dipingevano come una "non pianificata" radicalizzazione verso la "tortuosa strada" verso Auschwitz». Browning, invece, interpreta «lo sviluppo della politica nazista nei confronti degli ebrei quale fatto evolutivo piuttosto che programmatico».

[3] Così H. Arendt, Le origini del totalitarismo, Edizioni comunità, 1999, p. 612.

[4] Per R. Hilberg, La distruzione, cit., p. 52 sta qui la «differenza tra un pogrom ed un processo di distruzione. Un pogrom reca danno alle cose ed alle persone; ma non è fonte di altre azioni. Al contrario un provvedimento preso nel quadro di un processo di distruzione, se anche non è causa di danni immediati, porta sempre con sé delle conseguenze. Ogni tappa contiene il germe della seguente».




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