- Lavoro subordinato
- Licenziamento
- Impugnazione licenziamento disciplinare - conferma della legittimità del licenziamento per violazione del dovere di fedeltà e diligenza da parte del lavoratore
Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare intimato al lavoratore che, senza autorizzazione alcuna, si allontanava dalla propria postazione di lavoro per assentarsi e prendersi qualche "distrazione" insieme ad una donna in un locale riservato agli addetti delle pulizie.
Peraltro, all'episodio involontariamente assisteva un cliente dell'azienda che denunciava l'accaduto.
Il lavoratore, agente di stazione per conto di un'azienda di trasporti, assumeva l'illegittimità del provvedimento sotto molteplici aspetti, sia formali (mancata affissione del codice disciplinare; asserita incompetenza dell'ufficio che aveva emesso il provvedimento espulsivo) che sostanziali (sproporzionalità della sanzione rispetto agli addebiti contestati).
In particolare, nel proprio ricorso, il dipendente rilevava come l'allontanamento dalla postazione fosse soltanto temporaneo, che l'episodio si era svolto in un locale a cui il pubblico non avrebbe dovuto avere accesso, a "protezione" della riservatezza, che nel mentre non si era comunque resa necessaria la sua attività e che ciò, di fatto, non aveva recato alcun danno all'azienda.
La Suprema Corte ha disatteso le censure mosse dal lavoratore, osservando come la misura espulsiva adottata dall'azienda fosse certamente proporzionata alla lesione del vincolo fiduciario perpetrata dal ricorrente. Ed infatti, anche la previsione di sanzioni conservative ad opera del c.c.n.l. applicato, a nulla rileva, posto che, ai fini dell'adozione della misura disciplinare deve essere valutata la gravità della condotta tenuta in relazione al caso concreto.