-  Peron Sabrina  -  13/09/2016

Risarcimento danni da calunnia - T. Palermo 1469/2016 – Sabrina Peron

 

 E" noto che il reato di calunnia sanziona la condotta di chi incolpi di un reato taluno che sta essere innocente. Si tratta di un delitto istantaneo, che si consuma con la presentazione di una denuncia (o, comunque di altro atto destinato all"autorità giudiziaria), completa in tutti gli elementi (Cass. pen. 29536/2013). L'elemento psicologico del reato di calunnia, dunque, è costituito dalla consapevole innocenza dell'accusato in capo al denunciante (Cass. pen. 13034/2016). Affinché si realizzi il dolo è dunque necessario che chi formula la falsa accusa abbia certezza dell'innocenza dell'incolpato. L'erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude, quindi, l'elemento soggettivo solo se il convincimento dell'accusatore si basi su elementi seri e concreti e non su semplici supposizioni. Va precisato che se, l'erroneo convincimento sulla colpevolezza dell'accusato riguarda fatti storici concreti, suscettibili di verifica, la omissione di tale verifica determina effettivamente la dolosità di un'accusa espressa in termini perentori; quando, invece, l'erroneo convincimento riguarda profili valutativi della situazione oggetto di accusa, non descritta in sé in termini radicalmente difformi dalla realtà, l'attribuzione dell'illiceità è dominata da una pregnante inferenza soggettiva, che, nella misura in cui non risulti fraudolenta, è inidonea a integrare il dolo tipico della calunnia (Cass. pen. 26819/2012).

Ai fini della configurabilità del reato di calunnia - che è di pericolo - non è «necessario l"inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l"esercizio dell"azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile» (Cass. pen. 10282/2014). Cosicché soltanto nel caso di addebito che non «rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare - perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso - la concreta ipotizzabilità del reato denunciato, è da ritenere insussistente l"elemento materiale del delitto di calunnia». (Cass. pen. 10282/2014). Inoltre, l"eventuale successiva ritrattazione non vale ad «integrare una causa di non punibilità, mentre può essere considerata come iniziativa spontanea, capace di attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato commesso» (Cass. pen. 29536/2013).

La calunnia è un reato di natura plurioffensiva, nel senso che, oltre a ledere l'interesse dello Stato alla corretta amministrazione della giustizia, offende anche l'onore dell'incolpato (Cass. pen. 21789/2010; Cass. pen., 10535/2007) che ha quindi diritto ad essere risarcito dei danni patiti. In questo caso sarà onere danneggiato dimostrare tutti i presupposti dell'illecito di calunnia e, quindi, non solo la materialità delle accuse, ma anche la consapevolezza della loro falsità ed infondatezza (Cass. civ. 9618/2013). Sarà altresì suo onere fornire prova dei danni dei quali chiede il risarcimento. In proposito la Cassazione ha recentemente statuito che «la denuncia di un reato perseguibile d'ufficio non è fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante, ai sensi dell'art. 2043 c.c., anche in caso di proscioglimento o di assoluzione, se non quando essa possa considerarsi calunniosa. Al di fuori di tale ipotesi, infatti, l'attività pubblicistica dell'organo titolare dell'azione penale si sovrappone all'iniziativa del denunciante, togliendole ogni efficacia causale e così interrompendo ogni nesso causale tra tale iniziativa e il danno eventualmente subìto dal denunciato» (Cass. civ. 6554/2014).

Tanto per sommi capi premesso, nel caso della sentenza che qui si pubblica, il Tribunale di Palermo è stato chiamato a giudicare, in sede civile, una causa di risarcimento danni alla reputazione personale e professionale, nonché all"onore e all"identità personale, patiti dall"attore a causa delle dichiarazioni rese all"A.G da un soggetto relativamente ad asserite minacce che gli sarebbero state rivolte dall"attore, un agente dell"Aisi, a suo dire coinvolto nella trattativa Stato-mafia.

Il Tribunale di Palermo, facendo applicazione dei principi di diritto sopra enunciati, è giunto a ritenere – sulla base dei riscontri probatori acquisiti agli atti del giudizio - la «consapevole certezza del denunciante in ordine all"innocenza del denunciato», ritenendo così «integrato il reato di calunnia, che invero richiede per la sua consumazione che venga incolpata (da parte di un soggetto consapevole dell"innocenza dell"accusato) una persona che è poi risultata innocente (…). Nel caso di specie si è pervenuti ad un tale accertamento in base agli elementi oggettivi (…) i quali sono talmente evidenti ed inconfutabili da comportare anche la sussistenza dell"elemento soggettivo della consapevolezza dell"accusato».

Su tale base il Giudice ha provveduto alla liquidazione del danno richiesto facendo sempre applicazione di principi oramai consolidati con riferimento alla tutela dei diritti della persona.

In proposito si ricorda che tema di diritti della personalità, esiste un vero e proprio diritto soggettivo perfetto alla reputazione personale, che si inquadra nel sistema di tutela costituzionale dell"Uomo e trova il suo fondamento normativo nell"art. 2 Cost., il quale afferma la rilevanza costituzionale della persona umana in tutti i suoi aspetti ed in ogni proiezione della stessa nella società, sia come singolo sia nelle formazioni sociali nelle quali si esplica la sua personalità.

Osserva in particolare il Tribunale come oramai sia pacificamente «accolta una nozione monistica dei diritti della persona con fondamento costituzionale, alla luce della quale l"individuo non rappresenta un semplice punto di aggregazione di valori (comprensivi ovviamente dei diritti inviolabili), in cui essi si sommano ma rimangono comunque scindibili, bensì viene considerato unicum, di modo che la lesine di uno qualunque di tali valori comporta sempre, su un piano qualitativo, la lesione delle persona umana» (in questo senso ex multis si veda  anche Cass. civ. 25157/2008).

Recependo l"insegnamento della Cassazione, il Tribunale di Palermo ritiene che il danno recato alla reputazione, da inquadrare nell'ambito della categoria del danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 cod. civ., debba essere inteso in termini unitari, trovando «tutela - a prescindere dall'entità e dall'intensità dell'aggressione o dal differente sviluppo del percorso lesivo - il proprio fondamento nell'art. 2 Cost. e, in particolare, nel rilievo che esso attribuisce alla dignità della persona in quanto tale» (Cass. civ. 18174/2014). In particolare, il «risarcimento del danno ex art. 2059 c.c., comprensivo di qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione dei diritti immateriali della personalità, compatibile con l'assenza di fisicità e costituzionalmente protetti, quali sono il diritto al nome, all'identità ed all'immagine» (Cass. civ., 23401/2015).

Con riferimento invece alla prova del danno, che non è in re ipsa ma dev"essere sempre allegato e provato (Cass. civ. 17427/2011), fermo restando che questa può essere data con ricorso al notorio ed anche per il tramite di presunzioni, così scrive il Tribunale: assumendo «come idonei parametri di riferimento la diffusione dello scritto, la rilevanza dell"offesa e la posizione sociale della persona colpita, tenuto conto del suo inserimento in un determinato contesto sociale e professionale (Cass. civ. 18174/2014; Cass. civ. 21865/2013, Cass civ. 16543/2012)».

Nel caso di specie il Tribunale (nel liquidare danni non patrimoniali nella misura di € 50.000,00) ha ritenuto di «indubbia evidenza il disvalore insito in accuse del tenore di quelle oggetto del presente giudizio, legate a fattispecie di reato dotate di rilevante gravità e allarme sociale. Inoltre, è pure lecito presumere che la pubblicazione di tale notizia abbia inciso, vista la sua diffusione e la gravità dei fatti in questione, sui sentimenti e sulla considerazione degli stretti congiunti, nonché dei suoi amici e colleghi, così pregiudicandone, per un non breve periodo di tempo, la serenità ed i rapporti familiari e professionali. Peraltro, l"effetto denigratorio e destabilizzante delle accuse mosse può ricavarsi in via presuntiva, considerando che il quotidiano La repubblica – quello che ha maggiormente veicolato le accuse – è uno dei principali quotidiani nazionali che le notizie hanno trovato largo spazio anche sul web».




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