"La storia della Libreria "Shakespeare & Company" mal si concilia con la contemporaneità.
Ogni
istante di ciascuno di noi è destinato a rimanere nella storia.
La storia è data dalla sommatoria degli istanti, che divengono giorni eppoi anni. E non credo che sia banale affermare che la storia sia la risultante degli istanti.
Dopo anni la storica Libreria rimedia alla povertà culturale mediante la organizzazione di un evento settimanale gratuito, dedicato alla presentazione, alla illustrazione ed al dibattito di un libro inedito.
Ciò significa che non tutte le storie sono uguali. Che ogni storia racconta gli istanti delle esistenze.
Potremmo definirci, in tal modo, "salvati" dalla omologazione, dalla unificazione forzata e dalla meschinità del qualunquismo.
Tutti gli autori, gli scrittori, i pensatori, i migranti ed i vagabondi della letteratura hanno potuto comprendere che l'eguaglianza sia un miraggio nella misura nella quale neghi la unicità degli istanti. Essa è una astrazione, una tensione.
L'eguaglianza è salvifica nella misura nella quale ci renda umani e consapevoli dei nostri limiti.
Perciò, in quelle righe che raccontano gli istanti di una esistenza vi sono espresse le consapevolezze di ciò essi hanno compreso ed accettato. Sino a raccontarsi nelle proprie unicità.
Io mi limito a ricordare che anni addietro il proprietario di un immobile, che avrei voluto destinare a sede di una piccola libreria, mi richiese settemila (7.000) euro al mese per il canone di locazione.
Ancora, ricordo quando proposi ad uno stimato docente, o meglio ad un futuro accademico, di ripercorrere le orme dei fondatori dell'Italia moderna e di inaugurare una piccola, ma virtuosa, libreria ad Ascea Marina. E questo mi rispose sdegnato "trasecoli", "no, no, no", "sono costose", "etc. etc. etc".
Ammetto i miei limiti, culturali, imprenditoriali, patriottici e sociali. Il mio disorientamento.
Non è controvertibile la ricchezza culturale degli autori, ma bensì sono accresciute quelle altre povertà culturali, educative e dialettiche degli individui.
Sono falsate le relazioni, le affinità, le suggestioni sociali.
Per taluni aspetti sono esaltate le miserie degli animi.
Un simile gesto potrebbe risultare coraggioso e capace di disorientare, ma non farà altro che inserirsi in un contesto saturo e disomogeneo di considerazioni, di commenti e di dibattiti culturali.
Potrebbe apparire un paradosso; una sfida, l'accrescimento culturale di quegli altri lembi, di quei ritagli delle società umane e civili che ci raggiungono.
Eppure, il dibattito diretto, il pensiero critico, la partecipazione personale, che siano espressione di una intrinseca capacità evolutiva, determinista ed inclusiva, soffocano dinanzi alle voragini umanitarie, agli eventi drammatici ed ai crimini di questi anni.
Sebbene ciò non possa danneggiare, né destabilizzare, l'impianto istituzionale e sociale, ricercato e costruito, (anche perché non è perseguito alcun intento simile), vi è la conferma che le povertà non andrebbero né disattese, né compromesse.
Non sarebbe facile, a mio avviso, ripercorrere le tracce di quei monaci. Monaci che "George", il fondatore della Libreria "Shakespeare & Company", amava emulare, fingendo di essere l'unico monaco sopravvissuto. E dicendo: "Nel Medioevo, ogni monastero aveva un frère lampier, un monaco, il cui compito era quello di accendere le lampade al calar della notte. Sono il frère lampier qui ora. È il ruolo modesto che ricopro".