Il fatto a Pontoglio, un piccolo centro in provincia di Brescia. Già un caso analogo alcuni anni fa
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Alessandro Pozzi, il primo cittadino di questo paese in provincia di Brescia si difende dicendo che è un «gesto doveroso, di rispetto verso i cittadini di origine straniera che sono diventati italiani e si sono integrati nella nostra comunità». Il sindaco spiega che la donna è arrivata in Italia nel 2003 ma purtroppo non ha un livello minimo di conoscenza e non è stata in grado di pronunciare il giuramento richiesto dalla normativa. La richiesta di cittadinanza era stata inoltrata più di 15 anni fa. Ma nulla.
«Non sapere nemmeno rispondere a un semplice 'Come ti chiami?' dopo oltre 20 anni solleva non solo legittime preoccupazioni pratiche, ma anche interrogativi più ampi sulle barriere che potrebbero esistere nel processo di integrazione, sia a livello familiare che sociale. E' preoccupante pensare che una donna possa trascorrere così tanto tempo in Italia senza acquisire una conoscenza minima della lingua del Paese ospitante, ciò solleva dubbi sulla reale inclusione nel corso di questi anni. Mi pare evidente che non abbia mai voluto integrarsi e partecipare ai corsi di italiano offerti, messi a disposizione anche dal mio Comune dove non era tra gli iscritti». Pozzi ribadisce il valore dell'integrazione e non soltanto dell'atto burocratico, del pezzo di carta.
In passato un caso del genere era già successo. Una donna di origini indiane non seppe pronunciare il giuramento e il sindaco Pozzi le negò la cittadinanza.