-  Redazione P&D  -  06/03/2013

L'INVASIONE DEGLI STRANIERI - Max FRISCH


Riprendiamo questo intervento del 1965 del grande scrittore svizzero da Cercavamo braccia, sono arrivati uomini, un"antologia di suoi scritti curata da Mattia Mantovani, per l"editore Armando Dadò di Locarno, che ringraziamo.

Un piccolo popolo sovrano si sente in pericolo: cercavamo braccia, sono arrivati uomini. Non divorano il benessere. Anzi, al contrario, sono indispensabili al benessere stesso. Però sono qui. Lavoratori ospiti o lavoratori stranieri? lo preferisco la seconda definizione: non sono ospiti che vengono serviti per ricavarne del guadagno. Sono persone che lavorano, e che lavorano all"estero, perché nella loro patria al momento non avevano possibilità di campare. Non si può volergliene male. Parlano un"altra lingua, ma anche in questo caso non si può volergliene, soprattutto perché la lingua che parlano è una delle quattro lingue nazionali. Ma questo rende molte cose più complicate.Si lamentano di essere alloggiati in condizioni disumane, a prezzi folli, e non sono assolutamente entusiasti. Il che è inconsueto. Però si ha bisogno di loro.

Se il piccolo popolo sovrano non si facesse un vanto della propria umanità e tolleranza e così via, il rapporto con la manodopera straniera, con i lavoratori stranieri, sarebbe più semplice: li si potrebbe sistemare in veri e propri campi di raccolta, dove potrebbero perfino cantare, e in questo modo non riempirebbero di stranieri le nostre strade. Ma non si può farlo: non sono prigionieri, e nemmeno fuggiaschi. E allora ecco che vanno nei negozi e fanno acquisti, e quando hanno un infortunio sul lavoro o si ammalano vengono ricoverati anche loro negli ospedali. Ci si sente invasi dagli stranieri, e allora si comincia lentamente a prendersela con loro. Sfruttamento è una parola abusata, a meno che siano i datori di lavoro a sentirsi sfruttati. Si dice che risparmino un miliardo all"anno e lo spediscano a casa. Non era questo che si intendeva. Risparmiano. E in fondo anche in questo caso non si può volergliene. Però sono qui, un"invasione di persone straniere quando invece, come detto, si voleva soltanto della forza lavoro. E sono non soltanto uomini, ma sono anche diversi. Italiani. Stanno in fila alla frontiera: è inquietante. Si deve pur comprendere il piccolo popolo sovrano. Sarebbe inquietante anche se l"Italia all"improvviso chiudesse le proprie frontiere.

Cosa fare? Non si può fare a meno di prendere severi provvedimenti che non entusiasmano gli interessati, nemmeno i datori di lavoro interessati. È naturale. Nel paese c"è una congiuntura economica favorevole, ma non c"è entusiasmo. Gli stranieri cantano, in quattro in una stanza da letto. Il governo federale non tollera l"ingerenza di un ministro italiano: in fondo si è indipendenti, anche se poi si dipende dai lavapiatti stranieri, dai muratori, dai manovali, dai camerieri eccetera eccetera. Indipendenti (così credo) dagli Asburgo e dalla Comunità Economica Europea. Siamo realisti: 500 mila italiani sono una piccola parte, né più né meno come i negri negli Stati Uniti. Però sono un problema. Un nostro problema, purtroppo. Lavorano bene, a quanto pare, sono perfino molto capaci: in caso contrario non ne varrebbe la pena, se ne dovrebbero andare, e il pericolo dell"invasione degli stranieri sarebbe scongiurato. Debbono comportarsi in maniera irreprensibile, meglio dei turisti, perché in caso contrario il paese ospitante rinuncia alla congiuntura favorevole. Questa minaccia, va da sé, non viene espressa, a eccezione di alcune teste calde che non capiscono nulla di economia. In generale ci si mantiene sul piano di un tollerante nervosismo.

Sono troppi, ecco il motivo. Ma non nei cantieri, non nelle fabbriche, non nelle stalle e nemmeno nelle cucine. No, sono troppi nelle ore libere, soprattutto di domenica all"improvviso sono troppi. Balzano all"occhio, sono diversi. Osservano le ragazze e le donne, fintanto che non possono portare le proprie all"estero. Non si è razzisti. In fondo è una tradizione non essere razzisti, e la tradizione si è conservata nella condanna di atteggiamenti francesi o americani o russi, per non parlare dei tedeschi, che hanno coniato il concetto di popoli aiutanti. Tuttavia sono diversi, ecco tutto. Mettono a repentaglio le peculiarità del piccolo popolo sovrano che non ama farsi descrivere, a meno che non si tratti di un autoelogio che non interessa gli altri. Adesso invece sono gli altri a descriverci.

Vogliamo leggerlo?
Un libro di questo genere, che non sostiene una tesi ma presenta del materiale, lo si può leggere in diversi modi. Forse il modo più fruttuoso per leggerlo consiste nel leggerlo non già in quanto svizzero, ma ad esempio in maniera assolutamente letteraria. Come suonano le parole quando persone semplici parlano di se stesse? Ci sono passi, quasi in ogni colloquio, che ricordano la Bibbia, e sono così concretamente lapidari nella loro precisione che catturano l"interesse anche quando si tratta di circostanze già note. Di cosa fanno esperienza? Dell"uomo come manodopera in una società basata sulla libera impresa, certo, ma la loro esperienza rimane assolutamente apolitica, e il loro sentimento si presenta come nostalgia. Non c"è nessun rivoluzionario, il che è piuttosto toccante. Tutti parlano della famiglia. È il loro ethos. Un ethos cristiano e anche molto mediterraneo. Separazione dalla famiglia, risparmiare per la famiglia, abitare con la famiglia, la speranza in una piccola casa non all"estero ma piuttosto in Sardegna o in Romagna o in Sicilia: è di questo che parlano in continuazione.

Talvolta c"è un che di antico. La cultura si presenta non già come formazione, ma come eredità pratica, l"umanità non si presenta come teoria. A parlare è una stirpe che è cortese perfino nel lamento. Non sono educatori del mondo. E il denaro in quanto denaro non è una misura, nemmeno per i più stupidi. Anche se non sanno qual è la loro altra misura, tuttavia ce l"hanno e non si aspettano che altri non la conoscano. Una strana stirpe: molto umile, in fondo, ingenua, non sottomessa né servile, ma anche non arrogante, solamente non disposta a essere umiliata, e del resto poco nazionalista anche nella diaspora. Non sono assetati di potere: molti di loro, fiduciosi nella vita al pari dei bambini, si spaventano della neve in terra straniera e hanno bisogno di parecchio tempo per capire di che genere sia il freddo che li atterrisce.


L"altra faccia la conosciamo:
Il mito che la Svizzera offre a se stessa, e il fatto che il mito non risolve alcun problema, e quindi l"isteria dovuta alla sensazione di impotenza. Ogni problema che dobbiamo affrontare manda in riparazione il concetto della Svizzera.
Speriamo che la riparazione riesca…

Tratto da www.lostraniero.net

Traduzione di Mattia Mantovani




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