Premessa
Il Consiglio dei ministri, nella seduta n. 83 del 29 maggio 2024, ha approvato un disegno di legge costituzionale.
Le nuove disposizioni prevedono, oltre all’istituzione di due distinti Consigli Superiori (Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente) in luogo dell’attuale unico C.S.M., l’introduzione di un meccanismo di nomina dei componenti del Consiglio tramite sorteggio temperato.
In particolare, fatti salvi i membri di diritto, i restanti componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previste dalla legge.
In questo articolo mi occuperò esclusivamente dell’introduzione del meccanismo del sorteggio (e non anche della creazione di due distinti C.S.M.)
La finalità perseguita dal Governo non è certo un mistero: spezzare l’influenza delle correnti sull’operato del C.S.M. (o, più correttamente, porre fine al fenomeno della c.d. degenerazione delle correnti).
Il DDL è stato oggetto di aspre critiche da parte dell’A.N.M.
Due in particolare sono stati i rilievi sollevati dall’Associazione Nazionale Magistrati:1) il sorteggio non sarebbe compatibile con i principi democratici che esigono il carattere elettivo degli esponenti di categoria;2) la degenerazione correntizia avrebbe natura episodica.
Cominciamo dal primo punto.
A. La compatibilità tra la natura e gli scopi istituzionali del CSM ed il meccanismo di sorteggio dei suoi membri.
Occorre dunque chiedersi se il sorteggio sia possibile alla luce della natura e degli scopi istituzionali del CSM.
A mio avviso la risposta a tale interrogativo deve essere positiva, per le seguenti ragioni:
1)il C.S.M. non è un organo politico, bensì un organo amministrativo (si vedano i lavori preparatori:Calamandrei, Leone,etc);
2)in particolare è un organo amministrativo collegiale chiamato all’ “amministrazione della giurisdizione” (A. Pizzorusso, Ordinamenti giudiziari e professioni giuridiche, F.Lupia, La Magistratura e L'Ordinamento Giudiziario nella lente della Costituzione. Tra nuovi e vecchi profili di illegittimità costituzionale);
3)volendo essere fedeli ai lavori preparatori, dovremmo dire che è un organo amministrativo della Magistratura (F.Lupia, op.cit);
4) la legittimazione delle persone fisiche che sono investite della qualifica di organi amministrativi non si fonda (come avviene invece per gli organi politici) sul principio democratico della rappresentatività, ma su quello tecnico dell’esistenza di una norma attributiva del potere e dell’inverarsi della fattispecie costitutiva in essa descritta (S.Valentini, Trattato di diritto amministrativo vol.4. Figure, rapporti, modelli organizzatori. Lineamenti di teoria dell'Organizzazione., F.Lupia, op.cit.).
E’ vero che esistono organi amministrativi che fondano la legittimazione degli investiti sul principio della rappresentatività (cioè della rappresentanza degli interessi), ma essi sono caratterizzati dalla loro natura associativa, dalla quale deriva la necessità che vi sia una rappresentanza di interessi della categoria associata (garantita appunto dall’elezione) (N.Posteraro, La rappresentanza degli ordini professionali).
Si tratta infatti di organi o enti che non perseguono solo l’interesse pubblico statuale, ma anche quello della categoria professionale.
E’ il caso degli ordini professionali, i quali sono infatti definiti enti pubblici associativi.
Al di fuori di questa specifica categoria è improprio parlare di rappresentatività e l’elezione è dunque non un elemento necessario del sistema di designazione della composizione dell’organo amministrativo, ma uno strumento del tutto eventuale, sostituibile con qualunque altro idoneo a garantire che l’investito possieda le qualità per svolgere la funzione pubblica.
Ora non credo che vi siano dubbi sul fatto che il C.S.M. non sia un organo o un ente pubblico associativo e che non persegua altri interessi rispetto a quelli pubblici statuali fissati dall’ordinamento giudiziario.
Gli interessi della categoria dei Magistrati vengono infatti statutariamente perseguiti dall’ A.N.M.
Va dunque radicalmente esclusa l’associazione tra rappresentatività/elettività e CSM.
Un’associazione per giunta pericolosa, perché trasla in un organo amministrativo e di garanzia logiche sindacali e corporative.
D’altronde la stessa Corte Costituzionale ha a più riprese negato il carattere della rappresentatività in capo al CSM.
Tale conclusione è avvalorata dalla lettura dei lavori preparatori della Costituzione.
Ed invero, quando in Assemblea Costituente si discusse se utilizzare il termine “eletti” o “nominati” o “designati”, si mantenne il primo solo perché era quello già presente nel vigente ordinamento giudiziario, chiarendo però al contempo che non dovesse avere alcun significato elettorale.
Non è un caso che nell’art.104 Cost. troviamo prima la dicitura “eletti” e poi quella “designati”.
Da tali considerazioni discende come il sorteggio sia perfettamente compatibile con la natura del CSM e con le sue finalità istituzionali. Tramite esso saranno infatti scelti Magistrati tra coloro i quali possiedano i requisiti idonei ad assolvere alla funzione pubblica.
Appare infatti scontato che la dizione “nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge” contenuta nel DDL costituzionale si tradurrà nella previsione di alcuni requisiti qualitativi necessari per poter partecipare al sorteggio (verosimilmente il conseguimento di un numero minimo di valutazioni di professionalità).
Qualcuno ha obiettato che il C.S.M. non potrebbe essere assimilato ad un organo amministrativo per le seguenti ragioni:1)l’amplia discrezionalità di cui gode;2)le funzioni di garanzia che assolve;3)la sua collocazione all’interno della Costituzione.
Tali obiezioni si rivelano tutte infondate.
Quanto alla prima, è proprio la differenza tra margini considerevoli di discrezionalità (ampia discrezionalità) e politicità (libertà nel perseguimento dei fini generali) che evidenzia la natura di organo amministrativo del CSM.
Quanto alla seconda, è facile rilevare come la funzione di garanzia sia propria anche di altri soggetti amministrativi, come le Autorità Amministrative Indipendenti.
Non appare casuale che queste ultime, al pari del C.S.M., godano di ampia discrezionalità, indipendenza, autonomia e di poteri regolamentari.
E tuttavia la loro natura di organi amministrativi non è in discussione.
L’ultimo argomento sollevato per negare la natura di organo amministrativo del C.S.M. è rappresentata, come accennato, dalla sua collocazione all’interno della Costituzione.
E’ facile osservare come la qualificazione di un organo come politico o amministrativo non discende dal rango della fonte che lo contempla, quanto dalla natura del potere che gli viene assegnato.
Come già rimarcato, il potere del C.S.M. non è libero nel perseguimento dei fini, che sono cristallizzati nelle disposizioni dell’ordinamento giudiziario, richiamate dalla stessa Costituzione nello stesso articolo in cui disegna le competenze del Consiglio (art.105 Cost.,secondo il quale “Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”).
Va dunque confermata la qualificazione del CSM come organo amministrativo con funzioni di amministrazione della giurisdizione e la compatibilità con la sua natura giuridica e finalità istituzionali del sorteggio temperato come meccanismo di selezione dei suoi componenti.
B. Il sorteggio: una riforma necessaria?
E’ ora possibile procedere al vaglio della seconda questione.
E cioè se il passaggio da un modello di investitura per “elezione” ad un modello di investitura per sorteggio sia anche necessario (o almeno opportuno).
A mio avviso si tratta di una riforma altamente opportuna.
E ciò per le seguenti ragioni, tutte legate al concreto atteggiarsi del fenomeno delle degenerazioni correntizie:
1)la degenerazione correntizia è un fatto storico (che certo l’Assemblea Costituente non poteva immaginare, sebbene nei lavori preparatori si trovi traccia di qualche timore), poiché da Pertini in poi praticamente tutti i Presidenti della Repubblica l’hanno denunziata in qualità di Presidenti del C.S.M., spesso tramite dei formali richiami (Luigi Scalfaro, Cossiga, Carlo Azeglio Ciampi, Napolitano e, infine, Mattarella);
2)essa può operare solo grazie al collegamento che esiste tra le correnti ed i membri laici del CSM;
3)il collegamento esiste in virtù delle elezioni, poiché, in quanto eletti grazie alle correnti, i consiglieri rispondono a queste ultime;
4) i togati eletti vi rispondono sia per gratitudine e senso di appartenenza, sia per ottenere benefici futuri;
5)una volta esaurito il loro mandato, infatti, saranno altri membri della stessa corrente/eletti a decidere della loro carriera;
6)la volontà di ogni corrente di prevalere sull’altra porta ciascuna compagine della componente togata a tentare di stringere rapporti con la componente laica, cioè con la politica;
7)tali rapporti sono suscettibili di esondare dall’attività consiliare e spingersi fino ad incidere sull’attività giurisdizionale dei singoli magistrati;
8)la componente politica che ha raggiunto un accordo con la corrente potrebbe infatti chiedere come “favore” di contattare un specifico magistrato;
9) se poi quest’ultimo ha ricevuto a sua volta un “favore” dalla corrente di appartenenza potrebbe sentirsi obbligato a ricambiare, con riflessi perniciosi sull’attività giudiziaria, che diventerebbe così concretamente politicizzata;
10)con il sorteggio l’intero ingranaggio crollerebbe, poiché non potrebbe verificarsi nessun legame tra consigliere togato e corrente, nessuna possibilità di chiedere “favori”, nessuna aspettativa di ricevere vantaggi, nessuna possibile alleanza con la componente laica, nessun pericolo di ingerenze politiche.
Pertanto, a mio avviso, il sorteggio è necessario (o, quantomeno, altamente opportuno)
Ovviamente questa è una prospettazione generale e che guarda al passato.
E’ ben possibile che la degenerazione delle correnti oggi non esista più.
Sono anzi sicuro che questa consiliatura stia operando ispirandosi rigorosamente alla legge e senza condizionamenti legati all’appartenenza.
Inoltre non esiste alcuna prova concreta che in passato si siano verificati dei condizionamenti politici nell’attività giudiziaria (per intervento delle correnti o senza intervento delle correnti).
Tuttavia i sistemi normativi si costruiscono anche nell’ottica di evitare che pericoli connotati da serietà e da una possibilità di realizzazione non remota possano prendere forma concreta.
Ed il pericolo in questo caso esiste. Esso infatti è connaturato nel sistema di nomina per come si è storicamente affermato e dunque va scongiurato.
Passo ora ad esaminare alcune obiezioni sollevate, tutte volte a sottolineare la non opportunità dell’introduzione del sorteggio.
La prima è rappresentata dall’assenza di coesione dei membri togati nominati.
Ho sentito affermare che una compagine disarticolata di magistrati sarebbe sopraffatta dalla componente laica, coesa in quanto espressione della volontà politica.
Mi pare un timore infondato.
I membri togati infatti, anche dopo la riforma, continuerebbero a costituire la maggioranza numerica. Dubito dunque che essi possano essere travolti.
Passo ora ad affrontare la seconda obiezione.
Se ho ben inteso, secondo alcuni il sorteggio non sarebbe una soluzione efficace, in quanto anche i singoli estratti a sorte potrebbero essere oggetto di pressioni esterne, di lusinghe da parte del potere e persino di corruzione.
L'obiezione sembrerebbe fondata, ma non tiene in considerazione un dato essenziale: il CSM è un organo collegiale.
La degenerazione correntizia in passato è stata in grado di operare in quanto i membri togati del CSM sono tratti da un gruppo di persone ideologicamente omogeneo, che condividono azioni, progetti ed interessi.
I candidati delle correnti (poi consiglieri del CSM) costituiscono infatti il "nocciolo duro" delle rispettive associazioni (l' élite, se mi passate l’espressione).
La loro attività è dunque sinergica nell'organo collegiale, anche laddove assuma la forma degenerata.
Questa sinergia poi si estende anche alle altre correnti rappresentate in seno al CSM, laddove si raggiungano accordi tra di esse (c.d. logiche spartitorie).
Dinamiche simili non sono immaginabili all'interno di un gruppo di soggetti selezionati tramite sorteggio e che esercita collegialmente il potere.
Se anche uno di essi fosse incline a favorire un amico o un compagno di corrente, per attuare il suo proposito dovrebbe prima persuadere la maggioranza del gruppo, prendendo uno per uno i singoli consiglieri.
Si tratta di un'operazione assolutamente inattuabile, non avendo gli altri alcun interesse o convenienza a dare seguito alle mire del collega-consigliere. L'elaborazione di rapporti consociativi inoltre richiede un arco di tempo non compatibile con i limiti del mandato consiliare.
Si potrebbe ribattere che, essendo quasi tutti i magistrati iscritti ad una corrente, tramite il sorteggio si finirebbe pur sempre per pescare all'interno delle associazioni, riproducendosi così (seppure tramite lo strumento del caso) una proiezione associativa in seno al CSM.
L'obiezione sarebbe tuttavia infondata.
Sappiano infatti benissimo che il 98% degli associati ad una corrente non vi partecipa attivamente, ma vi è iscritto solo per sentirsi parte di un gruppo ed avere così l'impressione di essere vagamente tutelato (termine da accogliere nella sua accezione migliore).
Se allora, com' è altamente probabile, il sorteggio andrebbe a ricadere su questo tipo di associato, verrebbero meno i presupposti fondanti l'azione sinergica dell'associazione in seno al CSM e cioè la condivisione di progetti ed azioni predefinite, propria solo dell'intellighenzia e dei direttivi di quella corrente.
Per le stesse ragioni non è fondato il timore che i membri estratti a sorte possano cedere alle lusinghe del potere politico, non dovendo rispondere ai magistrati-elettori (sempre ammesso che gli eletti vi rispondano).
In sintesi, la frammentazione del potere (in questo caso trasferito dalle correnti ai singoli) risulta come sempre uno strumento di garanzia.
Un’altra obiezione sollevata è che si potrebbe arrivare allo stesso risultato tramite un’opera di moralizzazione interna alle correnti.
Tuttavia, se in oltre 60 anni non si è riesciti a risolvere in modo permanente un problema tramite un'opera di moralizzazione, bisogna prenderne atto e cercare altre soluzioni.
Il sorteggio è una soluzione valida ed efficace.
Un’altra obiezione è costituita dall’osservazione che tramite il sorteggio non verrebbero più scelti i migliori (o più idonei) tra magistrati.
E’ facile replicare che l’attuale sistema non prevede un accertamento della competenza in capo ai candidati.
L’ultima obiezione è rappresentata da una soluzione alternativa: limitare la discrezionalità del CSM.
Ebbene, limitare la discrezionalità del CSM costituirebbe certamente uno strumento utile per ridurre l'attuazione di logiche decisionali basate sull'appartenenza correntizia.
Tuttavia la compressione della discrezionalità del CSM (che dovrebbe essere attuata anzitutto in sede di normazione primaria) sarebbe utile per limitare, ma non per debellare tale fenomeno.
Ed infatti, anche formulando una normativa primaria e consiliare improntata a criteri strettamente oggettivi, è impossibile immaginare che essa possa giungere a nullificare ogni margine di discrezionalità in capo al CSM.
Basta pensare alle valutazioni di professionalità.
Si può pensare di costruire in chiave di potere vincolato la valutazione del parametro della produttività (forse), ma non certo quello della qualità dei provvedimenti, né degli altri parametri.
Anche diversi illeciti disciplinari (ammesso che la competenza a delibare sugli stessi non venga sottratta al CSM ) presentano indubbi profili di discrezionalità nel loro accertamento (salvo voler ridurre le sanzioni disciplinari ai soli casi di commissione di fatti di reato, generando così un unicum nel panorama del disciplinare dei dipendenti pubblici).
In sintesi, la soluzione di limitare la discrezionalità del CSM è valida, necessaria, ma non sufficiente.
Il “gioco” infatti si sposterebbe sul livello più basso, ove la discrezionalità residua.
E’ facile immaginare invero come,in un contesto in cui la degenerazione dovesse prendere forma concreta, per agevolare qualcuno, si possa negare una valutazione di professionalità ad un altro o arrivare ad una condanna disciplinare (seppure modesta).
Considerazioni finali.
Il sorteggio dei membri togati del C.S.M. mi pare dunque una riforma necessaria per scongiurare un pericolo strutturale, indipendentemente dal fatto che esso sia in concreto ancora attuale oppure no.
Così come sarebbe necessario contrarre i margini di discrezionalità del potere del Consiglio, anche in ambito disciplinare (orribile per indeterminatezza è l’art.2,comma 1, lettera a del Dlgs 2006, n. 109).
Tanto premesso, la riforma presenta delle criticità nella parte in cui prevede un reale sorteggio temperato per la componente togata ed un sorteggio apparente per quella laica.
La disposizione, nell’introdurre il sorteggio all’interno di un elenco (non si sa quanto vasto) di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio redatto dal Parlamento, non assicura una frattura tra partiti politici e membri laici eguale a quella che si creerà tra correnti e membri togati.
Il risultato è un organo amministrativo collegiale per 2/3 non espressivo di istanze ideologiche e per 1/3 sì.
Incombe poi lo spettro della riforma avente ad oggetto l’ampliamento della componente laica da 1/3 alla metà che, ove si realizzasse, darebbe sostanza ai timori di chi sostiene che, con l’introduzione del sorteggio, la politica prenderebbe il sopravvento nel C.S.M., privandolo così della sua funzione di organo di garanzia della Magistratura.
Dott. Francesco Lupia
Magistrato Ordinario