Finchè si continua a pensare al tipo di danno patito, la differenza fra biologico ed esistenziale non salta agli occhi chiaramente. Per capire bene la situazione bisogna pensare a come le cose sono andate, all’inizio, in giurisprudenza e nel dibattito scientifico.
E il punto è che al centro del discorso, allora, c’è non tanto il “danno” bensì il tipo di “diritto” – della vittima - che risulta violato a monte di quel danno.
---
In sintesi:
(a) Nel 1986 la Corte costituzionale - con la celebre sentenza Dell’Andro, n. 184, in tema di diritto alla salute (dettata al fine di salvare l’art. 2059 c.c. dall’appunto di incostituzionalità, stante l’angustia di quell’impianto disciplinare) - spezza in due la molecola del danno non patrimoniale: 1) i profili di natura esterna, corrispondenti alla frustrazione delle “attività realizzatrici” della persona (ferita), vengono trasbordati dalla Corte entro l’art. 2043, e norme successive, rimessi cioe alle regole comuni, vigenti per il danno patrimoniale; 2) i profili di natura interna, cioè le sofferenze e le lacrime, vengono conservati alla giurisdizione “più ostile” dell’art. 2059 cc., che resterà in vita perciò con un regno ben più striminiziato;
----
(b) Ecco i giuristi triestini domandarsi, qui, come andranno trattate per l’avvenire le lesioni delle attività realizzatrici riferibili ai vari Lebensgűter “non cruenti” (privi cioè di odore di medicinale, diversi dal diritto alla salute) che appaiono riconosciuti/presidiati dall’ordinamento: famiglia, giustizia, lavoro, scuola, sport, tempo libero, associazioni, creatività, posizioni contrattuali, pubblica amministrazione, etc.
----
(c) L’osservazione di base, in proposito, sarà che il fatto di non poter più camminare o saltellare o marciare per un mese di fila, negli amati boschi lungomare, non è poi tanto diverso – come tasso frustratorio - a seconda che ciò avvenga perché la vittima è stata azzoppata in un incidente, oppure messa in galera per sbaglio, oppure minacciata da un assedio petulante di fotografi.
----
(d) Realtà quali la “libertà” e la “pace dello spirito” - ci si accorge, si preciserà in dottrina - sono insomma prerogative che contano e funzionano, entro il sistema, non meno del lemma “salute”; a volte pesano anzi maggiormente, hanno più smalto, più carica vitale; e la conclusione è che, anche nel secondo e terzo caso, le attività realizzatrici (incrinate) andranno risarcite all’offeso non soltanto in caso di reato, ex art. 185 c.p.
----
(e) E’ nato così il danno esistenziale: chi si veda colpito nella propria “quotidianità espansiva, crepitante” e non riesca più a vivere come prima (perché gli hanno ucciso la madre, perché la camorra lo minaccia, perché lo diffamano, perché lo mobbizzano, e così via, lungo cento e più voci “non strettamente biologiche” della giornata) ha diritto a essere compensato - pur in ordine ai passaggi di tipo non patrimoniale - in maniera non claustrale, non vergognosa, non diffidente, non arcigna: diritto insomma a una salvaguardia ex art. 2043 e ss., ordinariamente, oltre le emergenze.
----
(f) Si forma presso le Corti italiane, anno dopo anno, un formicaio di dati e di provvedimenti, un materiale affluente per quantità e qualità, una casistica a 360°: ricchezza che nel 2003 la Cassazione (con le sent. nn. 7727 e 7728) trasferirà di nuovo sotto l’egida dell’art.2059 c.c., rivisitato a quel punto in maniera profonda, neo-interpretato alla stregua delle norme della Costituzione; nonché alla luce delle fonti transnazionali più qualificate.