-  Costa Elisabetta  -  18/07/2014

CADUTA DAL PREDELLINO E RESPONSABILITÀ AI SENSI DELLART. 2051 C.C. – Cass. 15233/2014 – Elisabetta COSTA

Con la sentenza n. 15233/2014, la Corte di cassazione si è pronunciata in relazione alla domanda di risarcimento del danno conseguente alla caduta di cui è stata vittima una signora in data 15.2.2001, mentre scendeva dal treno presso la stazione ferroviaria di S. Pietro di Scafati.

Il Tribunale di Nocera Inferiore ravvisava nella fattispecie in esame un'insidia imprevedibile ed inavvistabile, nonché la violazione da parte della società responsabile della stazione ferroviaria in relazione al proprio dovere di garanzia della sicurezza nelle manovre dei treni, pertanto condannava la società al risarcimento dei danni e delle spese legali.

Entrambe le parti proponevano appello avverso alla sentenza di primo grado e, all'esito del procedimento, la corte d'appello di Salerno, in accoglimento del gravame sollevato dalla società, respingeva le domande della signora.

Avverso la sentenza d'appello l'attrice sviluppava quattro motivi a sostegno del ricorso alla Corte di cassazione.

Con il primo motivo la ricorrente lamentava la violazione dell'art 2051 c.c., rilevando come la responsabilità del custode riguardasse eventi derivanti non soltanto dalla struttura intrinseca della cosa custodita ma anche dallo sviluppo di un agente esterno dannoso (nel caso di specie: l'eccessivo spazio venutosi a creare tra il marciapiede e il treno) insorto nella cosa medesima.

Secondo i medesimi presupposti, la ricorrente sviluppava un secondo motivo con il quale asseriva la violazione del combinato disposto degli artt. 2051 e 2697 c.c., secondo cui la responsabilità del custode si sarebbe dovuta estendere all'intero percorso di uscita del viaggiatore dalla stazione, ricomprendendo anche lo spazio venutosi a creare tra il treno e il marciapiede di discesa nel punto in cui si è verificato l'incidente a lei occorso.

Affrontando congiuntamente tali questioni, la Corte di cassazione evidenziava che la conclusione a cui era giunta la Corte d'appello di Salerno doveva ritenersi congrua, esauriente e non censurabile se non al prezzo di un'inammissibile rivisitazione dei fatti oggetto di causa.

La Corte d'appello, infatti, escludeva che la conformazione delle cose nel loro stato e nel rapporto dinamico avesse potuto determinare di per sé un'insidia ed una situazione di particolare pericolo.

Non solo. L'ampliamento della sfera fisica e spaziale del rapporto di custodia, ai sensi dell'art. 2051 c.c., non adduceva alcun elemento in grado di provare che l'incidente fosse dipeso da una circostanza diversa rispetto alla mera condotta della signora.

Con il terzo motivo, la ricorrente lamentava la presunta contraddittorietà nella motivazione della sentenza di secondo grado, tuttavia la Corte d'appello di Salerno sviluppava le proprie argomentazioni seguendo una duplice via: da un lato considerava lo stato effettivo delle cose in custodia (individualmente considerate) e, dall'altro, verificava il rapporto tra di esse (dinamicamente considerate).

La sentenza di secondo grado, dunque, ha verificato e confermato l'insussistenza di elementi idonei ad alterare il rapporto tra le cose in custodia e ad esplicare un'influenza causale in relazione alla caduta della signora. La sua condotta, per la Cassazione, ha avuto efficienza causale esclusiva nel sinistro occorsole.

Con il quarto e ultimo motivo, la ricorrente contestava che la corte d'appello avesse ritenuto che non vi fosse la prova della colpa della società convenuta, nonostante la prova testimoniale esperita in giudizio avesse evidenziato che si erano verificati fatti analoghi in un'altra stazione gestita dalla medesima società.

La Corte di legittimità, uniformandosi al giudizio espresso della Corte d'appello, riteneva la prova testimoniale poco concludente e inidonea a fornire elementi oggettivi e certi in relazione all'effettiva identità dei modi e delle cause dei due incidenti.

Il solo verificarsi di un altro incidente asseritamente analogo non è causa sufficiente a determinare la colpa della società responsabile della stazione ferroviaria.

La Cassazione, perciò, evidenziava come le ragioni sottese alle motivazioni della sentenza della Corte d'appello fossero immuni da vizi logici e giuridici, pertanto rigettava il ricorso, condannando la ricorrente anche alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione.

In conclusione, pur non ravvisando nella pronuncia in esame elementi particolarmente distintivi e significativi, la sentenza n. 15233/2014 della Corte di cassazione fornisce un quadro interessante dell'attuale orientamento giurisprudenziale sul tema della responsabilità del danno cagionato da cose in custodia, ai sensi dell'art. 2051 c.c. e ribadisce la necessità della massima attenzione e prudenza nel salire e scendere dai treni.




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