- accesso agli atti
- opposizione del controinteressato
- la p.a. deve motivare la propria decisione
- La pubblica amministrazione richiesta di un accesso ai documenti amministrativi, ai sensi della legge 241/90, deve sempre motivare il diniego, non essendo sufficiente richiamare il mancato consento da parte dei soggetti controinteressati. Non vi è infatti alcun diritto di veto da parte dei controinteressati che non sono arbitri assoluti delle richieste che li riguardano: è l'amministrazione che ha il potere di valutare la fondatezza dell'istanza, anche in contrasto con l'opposizione eventualmente manifestata dai controinteressati.
L'istante aveva chiesto all'Agenzia delle Entrate di avere accesso alle dichiarazioni dei redditi dell'ex coniuge, padre dei suoi figli minorenni e con lei conviventi. L'istanza era anche motivata dall'esigenza di difesa dei diritti propri e dei figli, come riconosciuti dalla sentenza, nonchè per il recupero delle spese mediche dei minori e le detrazioni reddituali.
Il coniuge, controinteressato, non manifestava il consenso e l'amministrazione negava l'accesso limitandosi a registrare che il «coniuge separato non aveva autorizzato la suddetta richiesta sostenendo che il giudizio di cessazione degli effetti civili è stato rinviato per la precisazione delle conclusioni e che nel corso del giudizio erano stata depositata la documentazione fiscale».
Impugnando il diniego, l'istante ricorre al TAR che ordina all'amministrazione di esibire la documentazione e di consentirne l'accesso con facoltà di estrarne copia.
La legge 241/90, dopo la novella del 2005, definisce i controinteressati come: «i soggetti individuati o facilmente individuabili, in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza». Il Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi ha disciplinato la partecipazione al procedimento dei controinteressati, stabilendo che la Pubblica amministrazione, cui viene indirizzata una richiesta di accesso, quando individui dei soggetti controinteressati, è tenuta a darne comunicazione agli stessi, mediante invio di copia per raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica (per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione). I soggetti controinteressati devono essere individuati tenuto conto anche degli atti e documenti connessi a quelli già oggetto della richiesta.
Inoltre, in presenza di soggetti controinteressati, l'istanza di accesso non può essere recepita in via informale, dal momento che, in tali casi, l'Amministrazione dovrà sempre invitare l'istante alla presentazione di una richiesta scritta e formale. Ricevuta la comunicazione, i controinteressati hanno 10 giorni di tempo per presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla relativa richiesta di accesso. L'opposizione non può limitarsi ad un generico rifiuto di ostensione, ma deve illustrare, in modo esauriente e circostanziato, le ragioni che si intende far valere. In caso contrario, la partecipazione del controinteressato darebbe luogo ad un inutile aggravio procedimentale, traducendosi in comportamenti meramente emulativi. Inoltre, qualora le memorie non siano sufficientemente circostanziate l'Amministrazione non potrà nemmeno tenerne proficuamente conto nella redazione del provvedimento terminale. La giurisprudenza ha chiarito che «La normativa in materia di accesso agli atti, lungi dal rendere i controinteressati arbitri assoluti delle richieste che li riguardino, rimette sempre all'amministrazione destinataria della richiesta di accesso il potere di valutare la fondatezza della richiesta stessa, anche in contrasto con l'opposizione eventualmente manifestata dai controinteressati» (Tar Lazio, sez. Latina I^, n. 48/2012; in tal senso, pure: Tar Sicilia, sez. Catania IV^, n. 1.277/2007).
L'Amministrazione infatti conserva il potere di ponderare gli interessi in gioco, non potendosi affrettare a negare un accesso richiamando unicamente il mancato consenso del controinteressato. In altri termini, deve motivare le propria decisione.
Va peraltro segnalato che la giurisprudenza è costante nell'affermare che il diritto di accesso prevale sulla riservatezza di terzi quando sia esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e riguardi un documento amministrativo indispensabile a tali fini.
In tale contesto, il giudice amministrativo chiamato a decidere su una controversia in tema di accesso non è tenuto a verificare la consistenza delle future aspettative giudiziarie del ricorrente/istante ma può limitarsi ad accertare che non sussista un palese difetto di legittimazione/interesse alla visione degli atti o che non ricorrano fattispecie di esclusione del diritto di accesso.
Tar Puglia, sez. II Lecce, sentenza 15 – 29 aprile, n. 1419 Presidente Trizzino – Estensore Lattanzi
Fatto e diritto
La ricorrente, separata dal marito con sentenza emessa il 15 dicembre 2009 e passata in giudicato l'11 luglio 2010 e dal quale aveva avuto in costanza di matrimonio due figli attualmente minorenni, ha presentato all'Asl la richiesta di ottenimento delle esenzioni della partecipazione alla spesa sanitaria per se stessa e per i propri figli, con lei conviventi e inseriti nel proprio stato di famiglia.
La ricorrente, venuta a conoscenza che i figli erano stati posti totalmente a carico dall'ex coniuge, sia in merito al recupero delle spese mediche che alla detrazione dei figli a carico per gli anni dal 2006 al 2013, il 23 ottobre 2014, ha chiesto alla Agenzia delle Entrate "di poter accedere alla dichiarazioni dei redditi periodo di imposta 2006/2013" dell'ex coniuge, precisando che "tale richiesta si rende necessaria per la difesa dei propri diritti e per iniziare un'azione generale di indebito arricchimento ..., poiché non ha osservato le condizioni generali della sentenza ... per il recupero delle spese mediche dei minori e per le detrazioni reddituali dei figli stessi".
L'Agenzia delle Entrate ha negato la richiesta di accesso in quanto il coniuge separato non aveva autorizzato la suddetta richiesta sostenendo che il giudizio di cessazione degli effetti civili è stato rinviato per la precisazione delle conclusioni e che nel corso del giudizio erano stata depositata la documentazione fiscale.
La ricorrente ha impugnato il diniego e ha chiesto l'accertamento del diritto all'accesso, deducendo i seguenti motivi: Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 3, 22 e ss. L. 241/1990; violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. 196/2003; violazione dei principi di trasparenza e pubblicità dell'azione amministrativa; eccesso di potere per sviamento; contraddittorietà della motivazione; carenza di istruttoria; ingiustizia manifesta.
Deduce la ricorrente: che la documentazione non è stata mai depositata nei giudizi civili; che sussiste un interesse diretto e concreto; che non sussiste una tutela della riservatezza, atteso che lo stesso controinteressato afferma di aver già fornito i dati; che nella procedura di separazione viene stabilita la contribuzione dei coniugi in ragione della metà delle spese sanitarie; che la documentazione è necessaria per la difesa in giudizio.
L'Amministrazione ha rilevato: che in rapporto al diritto alla riservatezza, la richiesta di accesso deve indicare la specifica connessione con gli atti di cui si chiede l'accesso; che non è stata dimostrata la necessità della conoscenza dei documenti richiesti; che non è stata dimostrata alcuna azione giudiziale intrapresa dalla ricorrente; che la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare di non aver potuto fruire delle detrazioni.
La ricorrente, con memoria del 2 aprile 2015, ha controdedotto alle osservazioni dell'Amministrazione.
Nella camera di consiglio del 15 aprile 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato.
È da rilevare anzitutto che va escluso che l'amministrazione possa legittimamente assumere quale unico fondamento del diniego di accesso agli atti la mancanza del consenso da parte dei soggetti controinteressati, atteso che la normativa in materia di accesso agli atti, lungi dal rendere i controinteressati arbitri assoluti delle richieste che li riguardino, rimette sempre all'amministrazione destinataria della richiesta di accesso il potere di valutare la fondatezza della richiesta stessa, anche in contrasto con l'opposizione eventualmente manifestata dai controinteressati (Tar Reggio Calabria, sez. I, 16 marzo 2015, n. 281).
Costituisce poi avviso pacifico e costante della giurisprudenza quello per cui il diritto di accesso deve prevalere sull'esigenza di riservatezza di terzi quando esso sia esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e concerna un documento amministrativo indispensabile a tali fini, la cui esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta (Cons. St., Ad. Plen. 2 aprile 2007, n. 5).
Tale diritto per essere riconosciuto ha bisogno della dimostrazione che vi sia una "rigida necessità" e non una "mera utilità" dell'acquisizione del documento richiesto allorquando quest'ultimo concerna terzi ed il richiedente l'accesso documentale non sia parte del procedimento (Cons. St., sez. IV, 20 settembre 2012, n. 5047).
Nel caso in esame possono ritenersi sussistenti tutti i presupposti individuati dalla giurisprudenza in quanto l'accesso documentale richiesto concerne atti rilevanti e determinanti per la tutela delle posizione giuridica della richiedente, siccome idonei a dimostrare, nella specie, la sussistenza di deduzioni sia in merito al recupero delle spese mediche che alla detrazione dei figli a carico per gli anni dal 2006 al 2013.
E questo anche alla luce del disposto dell'art. 24 l. 241/1990, che al comma 7 stabilisce la necessità che sia "... garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti
amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere il loro stessi interessi giuridici... ".
Così pure la circostanza che, nella specie, l'acceso sia richiesto per documenti fiscali del controinteressato non può costituire impedimento ex se all'esercizio del relativo diritto poiché una corretta interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dal già citato art. 24, che sia conforme ad una lettura costituzionalmente orientata di tale divieto, non può non condurre al convincimento che l'inaccessibilità a tali specifici atti è limitata, temporaneamente, alla sola fase di pendenza del procedimento tributario che è circostanza che, nella specie, non risulta sussistente (Cons. St., 5047/2012 cit.).
Inoltre, nelle controversie in materia di accesso ai documenti il giudice amministrativo non è tenuto a verificare la consistenza delle future aspettative giudiziarie del soggetto che propone il ricorso di cui all'art. 116 c.p.a., dovendosi solo accertare che non sussista un palese difetto di legittimazione/interesse alla visione degli atti oggetto di istanze di accesso denegate dalla amministrazione o che non ricorrano fattispecie di esclusione del diritto di accesso (Tar Ancona, sez. I, 6 marzo 2015, n. 200).
In conclusione, va dunque dichiarata l'illegittimità del rifiuto opposto dall'Amministrazione intimata e conseguentemente ordinato allo stessa di esibire i documenti oggetto dell'istanza ostensiva, con facoltà per la ricorrente di estrarre copia di quelli di ritenuta utilità.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per l'effetto, ordina alla Agenzia delle Entrate di esibire i documenti oggetto
della richiesta di accesso agli atti del 9 ottobre 2014 avanzata dalla ricorrente, con facoltà per la stessa di estrarne copia.
Condanna l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 700,00 (settecento) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.