-  Redazione P&D  -  27/10/2008

Trib. Napoli, IX sez. civ., ord, 23 luglio 2006-RICORSO D'URGENZA E CANCELLAZIONE DELLA TRASCRIZIONE DI UNA DOMANDA GIUDIZIALE DI AVVENUTO TRASFERIMENTO DI IMMOBILE – Nicola DI RONZA.



Circa il primo aspetto, il profilo problematico della vicenda è dato dalla portata dell’art. 2668 c.c. che consente la cancellazione della trascrizione di una domanda giudiziale solo con il consenso delle parti o all’esito del passaggio in giudicato della sentenza che accerta l’inesistenza del diritto.
Con sentenza n. 523 del 6.12.2002, la Corte Costituzionale ebbe l’occasione di affermare la manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità dell’art. 2668 c.c., nella parte in cui non consentiva di ottenere, ex art. 700 c.p.c., la cancellazione della domanda giudiziale che apparisse infondata. Sostenne la Consulta che la norma dell’art. 2668 c.c. è pienamente consequenziale alla scelta legislativa di fondo, per cui talune domande giudiziali devono essere trascritte ad iniziativa della parte attrice, senza alcuna delibazione circa la loro fondatezza: proprio perché imposta dalla legge, la trascrizione di tali domande non risente delle vicende del processo e viene meno solo quando l’infondatezza sia stata definitivamente sancita con sentenza passata in giudicato.
Il percorso motivazionale della Corte evidenziava in modo chiaro – anche se implicito – che la portata precettiva dell’art. 2668 c.c. doveva ritenersi legata solo alle trascrizioni rientranti nel novero delle ipotesi consentite dagli articoli 2652 e 2653 c.c.. In altri termini, diversa è la trascrizione della domanda giudiziale ottenuta fuori dalle ipotesi previste dalla legge, poiché in tale caso, viene meno del tutto il collegamento inscindibile tra le domande che “si devono trascrivere” e l’art. 2668 c.c..
La trascrizione abnorme costituisce un abuso del diritto di trascrivere, traducendosi in un vero e proprio atto emulativo, illecito e produttivo di danni (cfr. Tribunale di Roma, del 29.12.1998, Potenza C. Soc. Immocri e altri, in Foro It., 2000, I, 1325). Il risarcimento dei danni derivanti da una trascrizione abnorme va riconosciuto sulla base dell’art. 2043 c.c. e non dell’art. 96 c.p.c. che concerne, invece, la trascrizione secundum legem.
Nell’ipotesi di trascrizione abnorme, quindi, disapplicato l’art. 2668 c.c., sarebbe legittimo il ricorso alla procedura residuale d’urgenza ex art. 700 c.p.c., sussistendo i presupposti di fumus e di periculum.
Se così non fosse, il convenuto evocato in giudizio con una citazione trascritta contra legem, si vedrebbe esposto ad una serie di intollerabili pregiudizi.
Va considerata, innanzitutto, la ingiusta compressione dell’autonomia negoziale perché (contrariamente a quanto sostenuto dall’ordinanza), il convenuto titolare del diritto si troverebbe esposto ad una “sostanziale” incommerciabilità che, di certo, va intesa come maggiore difficoltà di alienazione: nessuno potrebbe dubitare che un cauto acquirente decida di non acquistare in pendenza di una trascrizione di domanda giudiziale di cui non conosce i contenuti ed ancor meno gli incerti esiti. La “sostanziale” incommerciabilità va intesa anche nella sottrazione al mercato di un bene, inevitabilmente, deprezzato.
P
er l’ammissibilità della procedura d’urgenza, depongono ulteriori argomentazioni.
La trascrizione della domanda giudiziale è atto potestativo dell’attore che decide di intraprendere un giudizio ed il Conservatore (autorità amministrativa e non giurisdizionale) non ha il compito di interpretare il libello introduttivo ma deve limitarsi ad un controllo meramente estrinseco. Se si considera poi che, senza il consenso di controparte, il convenuto sarebbe costretto ad attendere il passaggio in giudicato della sentenza accertativa dell’inesistenza del diritto, è possibile tirare una realistica conclusione: l’incontrollato diritto-potere di trascrivere e la lungaggine del processo agevolmente manipolabile (perché negarlo!) dalla parte che non ha interesse alla sollecita definizione dello stesso conducono a ritenere che l’art. 2668 c.c., privato della necessaria tutela d’urgenza, darebbe vita ad un risultato esattamente contrario a quello di evitare che la durata del processo vada a danno della parte che ha ragione.
La giurisprudenza di merito appare consolidata nel ritenere ammissibile la ricorribilità ex art. 700 c.p.c. avverso trascrizioni abnormi (si veda: Tribunale di Milano, Ord. 01/12/2003, Crema Strade s.r.l. C. Pasti e altri, in Giur. It., 2004, 308; Tribunale di Brindisi, 25/03/2002, Soc. Dama C. Lacirignola e Valentini, Agenzia del Territorio di Brindisi, Ponte e altri, in Giur. di Merito, 2002, f. 6; Tribunale di Siracusa, 02/02/2001, Giur. di Merito, 2002, 43).
Venendo al secondo interessante profilo, il Tribunale napoletano ritiene trascrivibile la domanda di accertamento dell’avvenuto trasferimento e, invero, tanto basterebbe a rigettare il ricorso cautelare per riaffermare la portata applicativa dell’art. 2668 c.c.
Il ricorso cautelare traeva origine da una asserita difformità tra forma (intestazione ex art. 2932 c.c. e richiesta al Conservatore di trascrizione della domanda ai sensi del 2652 n. 2) ed il contenuto oggettivo della domanda, da ascriversi, invece, alle domande di accertamento di avvenuto trasferimento del diritto reale.
Il Tribunale competente per la causa di merito riconosceva questa difformità e riteneva la domanda proposta non trascrivibile. Il collegio accoglie, invece, il reclamo dei trascriventi.
Nondimeno, a parte gli ulteriori capi di motivazione, non condivisibile è l’argomentazione secondo cui la domanda di accertamento dell’avvenuto trasferimento immobiliare è trascrivibile a norma dell’art. 2653 n. 1 c.c.. 

Il Tribunale dà atto che, secondo la ricostruzione del reclamante, l’avvenuto trasferimento del diritto immobiliare sarebbe il frutto di una accettazione della proposta irrevocabile: il modello di conclusione del contratto, quindi, sarebbe quello delineato dall’art. 1329 o quello dell’art. 1331 c.c..
Orbene, se il postulato di partenza è la tassatività delle ipotesi di trascrizione, fra esse non appare ricompresa la domanda giudiziale di accertamento dell’avvenuto trasferimento di bene immobile. L’unico caso di domanda di accertamento (di trasferimento di diritti immobiliari) trascrivibile è quella di accertamento giudiziale delle sottoscrizioni di scrittura privata in cui si contiene un atto soggetto a trascrizione (n. 3, art. 2652 c.c.). Nessun’altra ipotesi contenuta negli articoli 2652 e 2653 c.c. comprende la domanda in questione. Conferma è data dall’univoco orientamento della Suprema Corte (Cass. civ., sez. II, 30/08/2004, n. 17391; Cass. civ., Sez. II, 21/10/1993, n. 10434) che ha più volte ribadito l’intrascrivibilità delle domande giudiziali con le quali viene chiesto l'accertamento dell'avvenuto trasferimento di un bene immobile in base a scrittura privata.
Il riferimento operato, dunque, all’art. 2653 n. 1 c.c. appare erroneo. Detta norma fa espresso riferimento alla trascrivibilità della domanda di rivendica e a quella di accertamento dei diritti. Ma il sol fatto che la previsione si riferisca alle domande di accertamento non consente di inferirne che sono trascrivibili tutte le domande di accertamento, ivi comprese quelle di accertamento dell’avvenuto trasferimento del diritto immobiliare, basato su atto negoziale. La norma del n. 1, infatti, ha una funzione particolare, evidenziata dal capoverso successivo ove è esplicitata la funzione del tipo di trascrizione: la sentenza pronunciata contro il convenuto indicato nella trascrizione della domanda ha effetto anche contro coloro che hanno acquistato diritti dal medesimo in base ad atto trascritto dopo la trascrizione della domanda. In altre parole, le azioni di accertamento trascrivibili (principalmente, la “confessoria”, la “negatoria servitutis”) sono azioni di tipo “reale” e non personale. In queste ultime, l’attore che chiede l’accertamento si limita a volere tale effetto e non anche l’ulteriore di opporre questo risultato ad ulteriori aventi causa dal convenuto; non chiede cioè una restituzione a terzi, non chiede una riduzione in pristino, né una inibitoria limitandosi a volere un effetto inter partes. Nella causa di cui all’ordinanza annotata, chi aveva trascritto - avendo la disponibilità del bene - non chiedeva la restituzione di alcunché, né l’inibitoria di una qualunque turbativa. In azioni ove si domandi solo l'accertamento giudiziale della validità del negozio e del conseguente diritto di proprietà si è in presenza di azione personale e non già reale (così in Cass. civ., Sez. II, Ord. del 02/09/2004, n. 17665). 

La trascrizione di cui all’art. 2653 n. 1 c.c., dunque, persegue un risultato peculiare (come evidenziato dalla dottrina, v. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p. 290) definito di “perpetuatio jurisdictionis”, ovvero l’opponibilità della sentenza favorevole nei confronti di aventi causa dal convenuto. Senza la trascrizione questo effetto non sarebbe conseguibile e l’attore, vincitore della lite, sarebbe tenuto ad attendere un ulteriore giudizio. E’ significativa, infatti, la disposizione dell’art. 948 c.c. che, per la rivendica, prevede che il convenuto (che ha perduto la disponibilità del bene) sia tenuto a recuperare la cosa da terzi, a proprie spese; mentre, se la domanda fosse trascritta, la sentenza favorevole sarebbe direttamente opponibile ai terzi acquirenti dal convenuto.
La conferma della natura reale delle azioni le cui domande sono trascrivibili ai sensi dell’art. 2653 c.c. n. 1 è stata fornita dalla interessante sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 13523 del 10-11/12-6 del 2006, pronuncia con la quale la Suprema Corte, componendo un conflitto annoso, ha ritenuto trascrivibile le domande intese a far valere violazioni ai limiti legali della proprietà. Le Sezioni Unite, dopo avere precisato che una tale domanda va fatta rientrare, in ragione della sua causa petendi, nelle “negatorie” perché con esse si intende affermare la libertà del proprio diritto reale da limitazioni, puntualizzarono che la trascrizione è tuttavia, consentita solo se l’azione proposta è di tipo reale e non personale: per la funzione della trascrizione, infatti, l’attore deve chiedere non solo l’accertamento della pienezza del proprio diritto ma altresì la riduzione in pristino nei confronti di chi questo diritto intenda limitare.




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