-  Anceschi Alessio  -  13/11/2015

PROCEDIMENTO SPECIALE PER IL RECUPERO DEL CREDITO PROFESSIONALE: UN PASSO INDIETRO ... ANZI DUE, PER I DIRITTI DEGLI AVVOCATI - Trib. MODENA 23.10.2015 - Alessio ANCESCHI

Si infrange un'altro caposaldo della professione forense.

Fino a ieri il libero professionista legale aveva a disposizione vari sistemi per recuperare il proprio credito. Al fine di tutelare il diritto al compenso per il proprio lavoro, il povero avvocato che aveva la sventura di non essere pagato dal proprio cliente, lungi dalla possibilità di ricevere sussidi dall'INPS o di godere delle garanzie del Giudice del lavoro, aveva la possibilità di ricorrere direttamente al Giudice di merito con un procedimento rapido e poco costoso che gli consentiva di ottenere velocamente la liquidazione del proprio compenso, quantomeno in ordine all'attività professionale svolta in sede giudiziale civile.

Il lungimirante legislatore di un tempo, aveva infatti predisposto il procedimento speciale previsto dall'art. 28, l. 794/1942 introdotto nella disciplina sui compensi "per le prestazioni giudiziali in materia civile". Cessato il mandato, l'avvocato poteva quindi ricorrere al Giudice del merito, innanzi al quale era stata prestata la sua attività professionale per ottenere la liquidazione del proprio compenso. Il procedimento era per sua natura "sommario" essendo inerente alla mera liquidazione del compenso professionale secondo la tariffa legale (all'epoca inserita nella stessa legge 794/1942 oggi nel D.M. 55/2014). La "causa" ed il "presupposto logico" di tale istituto era ovviamente correlato allo svolgimento di una causa di merito in sede civile tanto che tale procedimento non era applicabile nè per il recupero del credito professionale conseguente ad una attività svolta in sede penale, nè ad un'attività svolta esclusivamente in sede stragiudiziale e neppure per un'attività svolta in sede giudiziaria amministrativa, ancorché per le stesse si applichi la stessa tariffa prevista per l'attività civile.

Il procedimento consentiva al cliente di presenziare personalmente innanzi all'udienza in Camera di consiglio e di opporsi adducendo le ragioni più svariate. Connesso alle limitazioni logiche relative alla speciale procedura è il fatto che la controversia avesse unicamente attinenza al quantum debeatur e fosse invece inapplicabile quando fosse controverso l'an debeatur, ovvero nel caso in cui, opponendosi, il cliente eccepisse l'esistenza di una responsabilità professionale dell'avvocato, l'intervenuta prescrizione del credito (sul punto vi era tuttavia divergenza di opinioni), l'esistenza di un'intervenuta transazione od appunto la circostanza dell'inesistenza di un rapporto di mandato. E' infatti capitato che qualche collega avesse richiesto il pagamento del proprio compenso ad una persona diversa da colui che gli aveva conferito il mandato, come ad esempio il rappresentante piuttosto che il rappresentato, un erede che non avesse accettato l'eredità o riassunto la causa ... oppure un terzo garante.

Lo speciale procedimento esiste ancora, benché il suo procedimento sia stato modificato dal d.lgs. 150/2011 sulla riduzione dei riti, il quale ha reso applicabile a tale procedimento il rito sommario previsto dall'art. 702 bis c.p.c. con la sola eccezione dell'impossibilità di convertire il rito sommario nel procedimento ordinario (art. 3, d.lgs. 150/2011). Interessata della vicenda inerente alla presunta indebita limitazione dell'impossibilità di convertire il rito sommario nel rito ordinario, la Corte costituzionale con sentenza Cort. cost. 26.3.2014 n. 65 ha salvaguardato la riforma evidenziando tuttavia che tale limitazione non impedisce l'applicazione (ed aggiungo: la "corretta interpretazione") del procedimento speciale che ha, IN RE IPSA, natura sommaria.

Occorre tuttavia parlare al passato di questo istituto giuridico, non perchè lo stesso sia stato abrogato da un legislatore spesso e volentieri disattento ma perché, talvolta, una pessima interpretazione delle norme può consentire storpiature peggiori della peggiore e malriuscita legge.

Il caso di specie appare effettivamente paradossale e merita riflessione.

Nel caso di specie, l'avvocato attiva il procedimento speciale di cui all'art. 28, l. 794/1942 nei confronti del proprio cliente/parte assistita che egli ha effettivamente difeso in un procedimento giudiziario civile, già definito, innanzi al Tribunale di Modena.

Il cliente si costituisce in giudizio eccependo di "non essere cliente" e che il cliente è in realtà lo zio, del tutto estraneo al procedimento di merito. Il procedimento viene quindi dichiarato inammissibile per ampliamento del "thema decidendum".

Occorre precisare che, nel caso di specie, neppure è stato necessario al cliente contestare la sottoscrizione della procura speciale apposta all'atto introduttivo (la causa di merito riguardava due opposizioni a decreto ingiuntivo), cosa che, a parere dello scrivente, avrebbe comunque dovuto fare previo esperimento della querela di falso, essendo il conferimento della procura speciale ad litem un vero e proprio atto pubblico (uno dei pochi casi in cui l'avvocato riveste la qualità di P.U.) sottoposto quindi al rigore degli artt. 2700, 2702 e 2703 c.c.

Assolutamente no. Nel caso di specie è bastata la mera asserzione di non essere cliente perché il vero cliente sarebbe un'altro, un terzo estraneo al procedimento di merito, lo zio, il cugino, babbo natale, purché (ovviamente) nullatenente !! tanto è bastato perché vi fosse ampliamento del thema decidendum.

Inutile all'avvocato evidenziare che il conferimento della procura ad litem contiene già in sè e comunque "presuppone" il conferimento del mandato ("Io sottoscritto Tizio delego l'avv. Caio a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento conferendo al medesimo procura speciale al fine di ....), evidenziare e documentare che il cliente/parte assistita ha anche partecipato personalmente al giudizio, ha inviato un'espressa revoca del mandato (ancorché a causa già terminata), ha sottoscritto la restituzione degli atti ed altra documentazione, ovvero tutti aspetti (facilmente documentati) che evidenziano chiaramente ed incontestabilmente che la parte assistita sia il mandatario, come deve peraltro presumersi in mancanza di prova contraria (modificazione dei soggetti dell'obbligazione, falsità della procura etcc....).

Inutile evidenziare che sì, il cliente può "anche" essere un terzo (normalmente un "garante", un terzo che abbia eventualmente conferito uno specifico mandato) ma che la parte rappresentata che ha sottoscritto il mandato con procura ad litem è sempre e comunque il cliente dell'avvocato.

Vanamente si è anche evidenziato che la giurisprudenza che esclude la procedibilità del rito speciale quando sia controverso l'an debeatur riguarda altri casi (che presuppongano un minimo di fondamento logico) e non certo ipotesi di mere asserite eccezioni, non documentate e prive di fondamento e che la giurisprudenza esistente sulla differenza tra "mandato" e "procura", quando non già risalente ad epoche in cui vi era differenza tra avvocati e procuratori, riguarda casi del tutto diversi da quello in esame ed anzi diametralmente opposti a quello in esame (casi in cui si pretendeva il compenso da persone diverse dalla parte assistita, come effettivamente possibile) e non certamente a casi in cui il credito professionale sia stato azionato esattamente nei confronti della parte assistita giudizialmente, considerando che il presupposto logico della sommarietà del procedimento speciale de quo è proprio l'esistenza di un procedimento giudiziario civile di merito.

A parere dello scrivente, la considerazione dei fondamenti del diritto non necessita di una trattazione diversa da quella sommaria. Evidentemente o i fondamenti del diritto non sono così chiari in chi dovrebbe applicarli oppure la loro mera applicazione presuppone sempre e comunque una trattazione completa piuttosto che solamente "sommaria".

In conclusione, è sufficiente al cliente negare l'evidenza, asserendo di "non essere cliente" perché il procedimento speciale previsto dall'art. 28, l. 794/1942 sia dichiarato improcedibile. In pratica, la procedibilità del ricorso speciale per il recupero del credito professionale dell'avvocato è di fatto rimesso alla discrezionalità (non tanto del Giudice) quanto del cliente/controparte.

Bisognerebbe provare ad andare in un ristorante, ordinare, consumare e poi, al momento di pagare, dire al cameriere: "Non pago perché il vostro cliente non sono io ma lui ... e poi indicare la prima persona che passa per strada". Mi piacerebbe che questa esperienza fosse sperimentata da chi ha deciso queste vertenze. 




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