L"incontro con Paolo Cendon ha fatto sì che incominciassi a pubblicare in materia di diritto. Sono andata più volte a trovarlo a Trieste, d"estate, e facevamo belle passeggiate la sera, dopo la cena, anche con sua moglie Anita, parlando dell"esperienza. Diceva di non aver fatto l"avvocato perché nello studio dov"era andato dopo l"università, il titolare andava in agitazione quando arrivava un cliente importante. "Volevo essere libero e non dipendere dalla causa del cliente tale o tal altro" e così ha scelto il percorso universitario. Un percorso straordinario che ha comportato, e comporta ancora, tantissime pubblicazioni con le case editrici giuridiche più importanti e un sito, personaedanno.it, che si alimenta continuamente di giovani che cercano e che scrivono. A Paolo Cendon dobbiamo l"istituto dell"amministrazione di sostegno, che ha praticamente mandato in soffitta l"interdizione, e l"introduzione del danno esistenziale, pietre miliari nella storia della responsabilità civile in Italia, che resta il paese più moderno in questa materia, anche grazie a lui. Esce da Marsilio il suo ultimo romanzo, "L"orco in canonica", libro che ho letto tutto d"un fiato, provando dispiacere ogni qual volta dovevo interrompere la lettura. Affronta un tema importante e universale, il massimo grado dell"ingiustizia su questo pianeta e la vita della persona debole, o diversamente forte, per emblema: una bambina. Non importa se la storia sia "vera", cioè realmente accaduta, la storia è vera perché accaduta a tantissime bambine, in vari modi, con tante varianti, ma è ciascuna volta la stessa storia e l"identificazione che suscita è forte. Paolo Cendon scrive da ricercatore, con il disincanto dello scienziato. Non nasconde alcun particolare, non salva il lettore da alcun dolore. La lingua è curatissima, ciascuna parola non è lì per caso ma per il caso, e asciutta: pochi aggettivi, pochi avverbi, le frasi brevi che incidono. In molti punti si affida alla poesia, quando la prosa rischia di annacquare il senso o quando le parole mancano al senso. La scrittura dell"oralità, quando ci si tiene moltissimo che il racconto venga non solo ascoltato ma anche accolto. Occorre l"apertura intellettuale per accogliere il racconto di Anna e per accogliere Anna senza farne immediatamente e semplicemente una vittima, e con il che chiudere la questione. Paolo Cendon ha la forza di ascoltare, di lasciar parlare, ed è questa la forma suprema di solidarietà. Non tutti riusciranno ad ascoltare Anna, che diventata adulta dovrà affrontare anche il giudizio degli altri sulla sua esperienza, sul suo racconto. In questa storia non c"è la vittima e non c"è il carnefice, l"altra faccia della vittima. Sullo sfondo la provincia, le abitudini, la mentalità, il pregiudizio. Raccontati con distacco, come un acquarello. Bravissimo, Paolo Cendon, giurista d"eccellenza, con un impegno civico e sociale grandissimo. Con questo libro è arrivato a toccare corde che nessuno ha osato sfiorare, con la competenza anche tecnica del giurista e con l"ascolto di chi, con esperienza grandissima, ha la capacità e l"abilità di restituire in testo un caso di qualità. "L"orco in canonica" è un"opera non solo letteraria, con il pretesto del romanzo Paolo Cendon ci regala la fotografia di un"epoca e una lezione straordinaria di diritto, del diritto dell"Altro, della ragione dell"Altro, che non entrano mai nell"agone dei miei diritti, dei tuoi diritti, dei suoi diritti. La ragione dell"Altro, il diritto dell"Altro, la poesia, come diceva Giovan Battista Vico. Questioncelle di poco conto, per le quali alcuni poeti e artisti vivono e combattono.